Viewtiful Joe
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Per quanto Viewtiful Joe rappresenti una storia a sé nel mercato videoludico attuale, parlare di originalità sarebbe erroneo. Semmai, sarebbe legittimo parlare di riproposizione di un vecchio concept di gioco riadattato in chiave ludica moderna, quasi ad avvalorare la tesi che il genere dei beat'em up in 2d ha ancora molte cartucce da sparare, alla faccia di chi credeva che avesse già fatto i bagagli. Meditate gente. In questa rilettura del picchiaduro a scorrimento, la Capcom non ha mancato di metterci del suo, ristrutturando un genere, introducendo meccaniche di gioco ignote al modello di base ed eludendo la contaminazione dell'eventuale peso del tempo. Il risultato è un gioco a tratti spavaldo, spocchioso, quasi borioso nel proporre meccaniche di gioco obsolete in mezzo a una lezione stilistica che fotografa al meglio le capacità dei programmatori.
Viewtiful Joe tralasciando per un secondo l'esistenza della versione GC - è una sorpresa. E' un irruzione a mano armata nel panorama videoludico odierno, che fa strage di cloni e prodotti fotocopia. Che sia una sorpresa, ne sono testimoni le iniziali trenta mila copie prodotte e andate a ruba dopo la commercializzazione, a cui la Capcom spiazzata - ha risposto distribuendone altre, ma soprattutto ingrandendo il bacino d'utenza con questa versione PS2, console che davanti ai televisori vanta un numero sicuramente maggiore di spettatori rispetto al cubico rivale di casa Nintendo. Che sia un prodotto atipico, beh, questo ve lo assicuriamo noi: la resurrezione del beat'em up 2D equivale a grandi linee alla rinascita dei dinosauri in Jurassic Park.
Chiunque avesse avuto la sensazione che i picchiaduro a due dimensioni fossero caduti nel baratro del dimenticatoio, figli di una scuola videoludica che non c'è più, avrà parecchio da ricredersi. Il prodotto Capcom è la testimonianza di come "nulla è morto finchè non è sepolto". Quel che sorprende non è la semplice riproposizione di un concept antiquato (fuori moda se ci scusate la cattiveria), quanto la capacità degli sviluppatori di rinverdirlo e renderlo attuale; non sono certo le basilari meccaniche di gameplay quanto la profondità stessa del titolo che, impreziosito dalla solennità del ritmo di gioco, si manifesta in uno spettacolo a dir poco grandioso. Viewtiful Joe non è stato avvelenato da quelle trovate che oramai vanno tanto di moda, piuttosto è riuscito a implementarle attivamente, secondo un senso logico e con una reale motivazione. Un esempio concreto? Lo slow motion, non buttato nella mischia perché "fa scena", ma perché ha ragione di esistere, perché ogni potere del nostro piccolo eroe pone in essere risvolti sempre nuovi e originali, in un gameplay acuto, capace di miscelare combattimenti di sedicibittiana memoria a un collage di citazioni figlie di una moda attuale, plasmando quella sorta di perfezione ludica che si fa sempre più rara.
Il progetto dei Clover Studio comincia a prendere seriamente forma solo dopo i primi livelli. Pian piano Joe si arricchisce di nuovi poteri, e il v-watch non è certo un insulso oggetto per giustificare qualche banale nuova abilità. E' un gameplay che pian piano fiorisce, diventa sempre più articolato e intelligente, incanalando il giocatore in una serie di azioni dove oltre allo sferrare cazzotti e saper padroneggiare con maestria il personaggio, è richiesto un pizzico di colpo d'occhio per impiegare al meglio le possibilità offerte. Non siamo più davanti al picchiaduro puro e semplice, tanto banale quanto ignorante, dove pigiare i tasti alla rinfusa è la soluzione più redditizia. Certo, VJ si esaurisce nelle languide esperienze dei beat'em up in 2D, ma inquadrato in questo contesto è un esponente più che esemplare della categoria. Aggiunge elementi platform, ma non è certo questo a fare la differenza.
Dietro un'esuberanza di stile, peraltro fine a se stessa, si cela un prodotto curato sotto tutti gli aspetti, con risvolti inediti e superpoteri spettacolari: slow motion, mach-speed, il voomerang, l'air joe e tanti altri poteri tra loro combinabili, ma soprattutto indispensabili ai fini del proseguimento dell'avventura, vuoi per sconfiggere i vari nemici, vuoi per dominare l'ambiente circostante. E proprio la creazione del maestoso scenario è una prova di forza da parte dei programmatori, in grado di realizzare un prodotto graficamente fuori dall'ordinario. Dietro alla tecnica del cel shading si nasconde una lezione di stile che emerge in ogni angolo dello schermo, dalle animazioni dei personaggi alla realizzazione dei fondali passando per le scene di intermezzo. Le foto, ovviamente, parlano da sole. VJ è un concentrato di stile. Gronda stile nella verve comica che permea il prodotto, nella caratterizzazione dei personaggi e nella geniale idea di inserire Dante come pezzo da novanta. Perché gli extra, come il resto, non sono certo da poco: rispetto alla versione gamecube, invero dannatamente difficile in alcuni passaggi, è stato aggiunto un selettore della difficoltà più completo, in grado di rendere il gioco più equilibrato e adattarlo ad ogni tipo di utenza, garantendo un'andatura della partita più scorrevole e meno frustrante. Ma la vera novità riguarda la presenza del protagonista di Devil May Cry (non ridotto a una mera comparsata) come personaggio utilizzabile e in grado di migliorare oltremodo la rigiocabilità del titolo. Henshin a go-go, baby!
Viewtiful Joe tralasciando per un secondo l'esistenza della versione GC - è una sorpresa. E' un irruzione a mano armata nel panorama videoludico odierno, che fa strage di cloni e prodotti fotocopia. Che sia una sorpresa, ne sono testimoni le iniziali trenta mila copie prodotte e andate a ruba dopo la commercializzazione, a cui la Capcom spiazzata - ha risposto distribuendone altre, ma soprattutto ingrandendo il bacino d'utenza con questa versione PS2, console che davanti ai televisori vanta un numero sicuramente maggiore di spettatori rispetto al cubico rivale di casa Nintendo. Che sia un prodotto atipico, beh, questo ve lo assicuriamo noi: la resurrezione del beat'em up 2D equivale a grandi linee alla rinascita dei dinosauri in Jurassic Park.
Chiunque avesse avuto la sensazione che i picchiaduro a due dimensioni fossero caduti nel baratro del dimenticatoio, figli di una scuola videoludica che non c'è più, avrà parecchio da ricredersi. Il prodotto Capcom è la testimonianza di come "nulla è morto finchè non è sepolto". Quel che sorprende non è la semplice riproposizione di un concept antiquato (fuori moda se ci scusate la cattiveria), quanto la capacità degli sviluppatori di rinverdirlo e renderlo attuale; non sono certo le basilari meccaniche di gameplay quanto la profondità stessa del titolo che, impreziosito dalla solennità del ritmo di gioco, si manifesta in uno spettacolo a dir poco grandioso. Viewtiful Joe non è stato avvelenato da quelle trovate che oramai vanno tanto di moda, piuttosto è riuscito a implementarle attivamente, secondo un senso logico e con una reale motivazione. Un esempio concreto? Lo slow motion, non buttato nella mischia perché "fa scena", ma perché ha ragione di esistere, perché ogni potere del nostro piccolo eroe pone in essere risvolti sempre nuovi e originali, in un gameplay acuto, capace di miscelare combattimenti di sedicibittiana memoria a un collage di citazioni figlie di una moda attuale, plasmando quella sorta di perfezione ludica che si fa sempre più rara.
Il progetto dei Clover Studio comincia a prendere seriamente forma solo dopo i primi livelli. Pian piano Joe si arricchisce di nuovi poteri, e il v-watch non è certo un insulso oggetto per giustificare qualche banale nuova abilità. E' un gameplay che pian piano fiorisce, diventa sempre più articolato e intelligente, incanalando il giocatore in una serie di azioni dove oltre allo sferrare cazzotti e saper padroneggiare con maestria il personaggio, è richiesto un pizzico di colpo d'occhio per impiegare al meglio le possibilità offerte. Non siamo più davanti al picchiaduro puro e semplice, tanto banale quanto ignorante, dove pigiare i tasti alla rinfusa è la soluzione più redditizia. Certo, VJ si esaurisce nelle languide esperienze dei beat'em up in 2D, ma inquadrato in questo contesto è un esponente più che esemplare della categoria. Aggiunge elementi platform, ma non è certo questo a fare la differenza.
Dietro un'esuberanza di stile, peraltro fine a se stessa, si cela un prodotto curato sotto tutti gli aspetti, con risvolti inediti e superpoteri spettacolari: slow motion, mach-speed, il voomerang, l'air joe e tanti altri poteri tra loro combinabili, ma soprattutto indispensabili ai fini del proseguimento dell'avventura, vuoi per sconfiggere i vari nemici, vuoi per dominare l'ambiente circostante. E proprio la creazione del maestoso scenario è una prova di forza da parte dei programmatori, in grado di realizzare un prodotto graficamente fuori dall'ordinario. Dietro alla tecnica del cel shading si nasconde una lezione di stile che emerge in ogni angolo dello schermo, dalle animazioni dei personaggi alla realizzazione dei fondali passando per le scene di intermezzo. Le foto, ovviamente, parlano da sole. VJ è un concentrato di stile. Gronda stile nella verve comica che permea il prodotto, nella caratterizzazione dei personaggi e nella geniale idea di inserire Dante come pezzo da novanta. Perché gli extra, come il resto, non sono certo da poco: rispetto alla versione gamecube, invero dannatamente difficile in alcuni passaggi, è stato aggiunto un selettore della difficoltà più completo, in grado di rendere il gioco più equilibrato e adattarlo ad ogni tipo di utenza, garantendo un'andatura della partita più scorrevole e meno frustrante. Ma la vera novità riguarda la presenza del protagonista di Devil May Cry (non ridotto a una mera comparsata) come personaggio utilizzabile e in grado di migliorare oltremodo la rigiocabilità del titolo. Henshin a go-go, baby!