Vikings: Wolves of Midgard
Il genere hack’n’slash è stato parecchio spolpato nel corso del tempo, ed ogni volta che ci troviamo un titolo simile tra le mani non facciamo altro che dire “è un po' come Diablo ma..” presenta un’ambientazione diversa, con diversi skill tree, personaggi e molto altro ancora. Capirete bene, dunque, che il mood di fronte all’ultimo lavoro del publisher Kalypso è praticamente lo stesso.
Vikings: Wolves of Midgard si ispira al brand fortunato che ha scritto la storia del genere, presentando ai giocatori la possibilità di vestire un barbaro appartenente alla tribù degli Ulfung, guerrieri chiamati a difendere la propria terra dai mostri e dal caos. Uno dei primi punti di forza si presenta proprio sotto forma del contesto, dato che la mitologia norrena è stata ben rappresentata al punto di generare un piacevole interesse nei confronti delle creature a cui, con nostro piacere, spaccheremo il cranio per completare le missioni di trama.
Venire coinvolti dall’ennesimo hack’n’slash è possibile? Certo, ma cerchiamo di capire come.
A come Atrocità, T come Terremoto e Tragedia!
La prima cosa da fare nel titolo sviluppato da Games Farm sarà quello di creare il nostro alter ego, scegliendo tra una serie di piccole caratterizzazioni che, piacevolmente, vi permetteranno di creare il vostro personalissimo guerriero del Nord. Non parliamo certo di un tool di creazione piuttosto nutrito, ma da un lato capiamo che l’aspetto in un gioco con visuale prettamente isometrica non si presta (come un action in terza persona) a mostrare spesso il fianco alla cosmetica.
Dopo aver regalato un minimo di personalità al vostro guerriero, il gioco vi permette di selezionare la classe mediante la scelta di una divinità protettrice con un particolare, nonché unico, skill tree dedicato. Qualora scegliate di imbrigliare la forza del fulmine nelle vostre membra, ad esempio, avrete accesso ad una serie di abilità per il combattimento ravvicinato con armi a due mani, mentre se vorrete far leva su abilità di tiro con l’arco non dovrete far altro che scegliere il potere dei giganti di ghiaccio. Sta di fatto che il dono scelto all’inizio non sarà vincolante, fattore che vi concederà un po' di libertà nell’approccio al combattimento, utile per accontentare qualsivoglia stile di gioco.
Il combattimento sul campo non è memorabile, si avverte quel filino di ripetitività per colpa di un sistema di quest poco trainante, che lascia molto spesso tempi morti al seguito di missioni molto lineari e basiche. Lo switch delle armi avviene in maniera naturale mediante la pressione di un tasto, ma una volta imparato il timing al seguito di capriole e quant’altro vi accorgerete di essere praticamente immortali. Anche le boss fight non regalano particolari emozioni, presentando al giocatore un prodotto molto simile a Victor Vran (qui il nostro articolo), ovvero godibile ma non straordinario.
L’interfaccia di gioco è minimale ed intuitiva, dato che presenta solamente un pannello abilità in basso a sinistra accompagnato da un indicatore di Furia, a tutti gli effetti un counter che, una volta raggiunto il suo apice, permette di entrare in berserk aumentando i danni e la resistenza alle ferite. Per le nostre battaglie ci siamo affidati al nostro fido controller, che si è rivelato un’arma ben adattata alla configurazione dei comandi presenti in gioco. Non essendoci effettive combo complesse, o altro ancora, destreggiarsi sul campo di battaglia è stato semplice ed appagante.
La differenziazione tra abilità passive ed attive scimmiotta naturalmente i titoli del genere, ma il non aver osato da parte degli sviluppatori è risultato piuttosto avvilente, soprattutto pensando all’ambientazione che comunque coinvolge grazie al suo contesto. Pensando nell’ottica del costo, inoltre, fa ulteriormente perdere le staffe, soprattutto prendendo come esempio Path of Exile che ha saputo sfruttare la formula gratuita mettendo in mano, ai giocatori, un titolo complesso e stratificato. Certo, uccidere troll e giganti di ghiaccio è visivamente piacevole, ma dopo poco ci si accorge che il mostro più pericoloso è quello della noia, pronto ad accattare quando meno te lo aspetti.
Probabilmente è per questo che gli sviluppatori hanno pensato di inserire una modalità cooperativa all’interno del gioco, che purtroppo però non ne salva le sorti per via del sistema troppo “meccanico” e semplice. Capita spesso di dover ripetere le quest per accumulare le risorse necessarie al level-up, ma a questo siamo stati abituati da Diablo & company.
I come Ira di Dio (in tutti i sensi)
Gestire il proprio inventario sarà molto semplice, a differenze delle controparti di settore, visto che non sembra esserci un vero e proprio limite alle tasche del nostro barbaro. Il drop è relativamente incalzante, soprattutto nelle boss fight, e gli oggetti presentano la solita diversa colorazione a seconda della rarità, chiaramente legata anche alla potenza dell’oggetto in sé. Non mancheranno dei vendor che permettono di acquistare, e vendere, ciò che troveremo in giro, insieme ad un piccolo sistema di crafting aiuta il giocatore a creare armi più o meno utili a seconda del solito fattore fortuna.
Esistono inoltre altre risorse extra, quali il Sangue, Ferro e Legna che servono ad effettuare, presso i templi dedicati, il level up del nostro personaggio. Se vi ricordate, avevamo parlato di una certa “libertà” in sede di potenziamento abilità, ma proseguire per un’unica strada sarà la via migliore se vorrete diventare veramente temibili.
Graficamente parlando il titolo si difende bene, regalandoci una buona rappresentazione del mondo nordico senza eccellere negli effetti visivi. Su schermo la versione Xbox One non tentenna nemmeno una volta, regalando al giocatore paesaggi innevati molto suggestivi, uniti ad una fluidità che acquista importanza soprattutto nelle fasi più concitate dello scontro.
Voto
Redazione