Virtua Fighter 5
di
Francesco Bettinelli
Tra tutti i titoli di lancio della nuova console Sony, in un mare di sparatutto e racing games, c'è anche spazio per scambiarsi delle poderose mazzate. La next generation, per ora avara di beat'em up, da il benvenuto al secondo esponente di questa categoria dopo l'arrivo di Dead or Alive 4 nel periodo immediatamente successivo al lancio di Xbox 360. A partorirlo è Sega, che lo propone come vera e propria punta di diamante della sua line-up PS3, ed ancora una volta si tratta di un nuovo esponente della saga di Virtua Fighter, serie da anni considerata come la più tecnica e strategica del suo genere, e forse per questo non al primo posto nella classifica di apprezzamento delle masse tra i brand principali di questa tipologia ludica. Presentato in occasione dell'E3 del 2006 tra le esclusive della futura console Sony, VT5 ha mosso primi passi con l'uscita nelle sale giochi giapponesi del cabinato dedicato a luglio dello stesso anno. Infine, in una successiva occasione la casa creatrice di Sonic ne annunciò lo sviluppo anche per Xbox 360, sulla quale uscirà però solo in estate.
Best beat'em up ever: tra luci ed ombre
Dopo tale breve digressione cronologica sul titolo è bene rientrare nella via maestra ed analizzarne le fattezze che, è bene chiarirlo fin dal principio, evidenziano parecchie luci ma anche alcune ombre non trascurabili. Per questo quinto capitolo Sega ha deciso di riproporre un sistema di combattimento tecnico, diretto successore di quello già assaporato col predecessore, ampliandolo ed arricchendolo per renderlo ancor più preciso, ricco e vario. Il primo tra gli interventi, oltre a quello meramente tecnico, ha riguardato il parco mosse dei combattenti, ulteriormente ampliato e sviluppato, addirittura maggiormente equilibrato rispetto alla versione arcade. L'ormai consolidato sistema di combattimento a tre tasti, pugno-calcio-parata, assume dei connotati molto più eleganti e meno appariscenti di quello analogo sviluppato nei picchiaduro della serie Dead or Alive. La questione stilistica passa però in secondo piano se confrontata con quella tecnica, dove VF5 offre il meglio di se non avendo alcun rivale nel settore. Diversamente da quanto accade nei picchiaduro Tecmo, il gioco scorre senza particolari bug dovuti da casualità o errori nelle collisioni ed è soggetto a delle regole molto più ferree sia nella gestione delle counter, che in quella delle contromosse. Queste ultime poi dovranno essere utilizzate in maniera meno "ignorante". Non basta semplicemente azzardare una contromossa cercando di prevedere il colpo dell'avversario o rompere facilmente una combo nemica, ma l'utilizzo di queste tecniche richiede una precisione svizzera, non solo nella tempistica di esecuzione ma anche nell'individuazione del giusto frame di animazione altrui. Digerite queste prime basilari nozioni, i provetti combattenti dovranno avventurarsi in tutta una serie di meccaniche che rendono il suddetto titolo il più complesso di sempre. Schiacciare i tasti alla rinfusa porterà nella quasi totalità delle situazioni a magre figure evitabili solo con impegno, dedizione e tanto, tantissimo allenamento, con sedute lunghe e prolungate nel dojo. Così come il gioco non si adatta alle dita del giocatore occasionale, è altrettanto vero che è capace di premiarne gli sforzi e la costanza elargendogli soddisfazione a piene mani.
Next generation?
Come secondo picchiaduro dell'era HD il paragone tecnico tra Virtua Fighter 5 e il suo rivale Dead or Alive 4, unico per il momento, è quantomeno d'obbligo. Al contrario di Tecmo, che ha speso un'enorme parte dello sviluppo per creare dei fondali di impatto devastante, AM2 ha concentrato le sue energie per la cura dei personaggi. Questi sono realizzati con dovizia di particolari sia per quanto riguarda il puro aspetto estetico che per quel che concerne le animazioni. Sottolineare la cura con cui il team ha attuato ogni singolo dettaglio è doveroso e lo si può apprezzare assistendo alle fattezze fisiche dei lottatori, curati con puntiglio sino a metterne in evidenza cicatrici, pori della pelle e peluria. Le animazioni poi, che in DOA sono sempre state caratterizzate da spettacolarità a discapito del realismo e della verosimiglianza, qui paiono sempre più naturali, fluide e senza la minima incertezza. È un vero peccato che ad una tale realizzazione dei modelli sia stato affiancato un uso degli effetti luminosi non sempre azzeccato, evidenziato dai riflessi troppo marcati sulla pelle dei personaggi ed addirittura sui vestiti. Infine, parlando dei fondali bisogna sottolineare la consueta riproposizione di ring "all'antica", alcuni dei quali racchiusi da alte gabbie, altri costituiti da semplici quadrati cadendo al di fuori dei quali si perderà istantaneamente il round. La realizzazione tecnica degli ambienti di gioco non fa certo gridare al miracolo, specie assistendo allo spettacolo messo in scena da Tecmo su Xbox 360. Il sonoro rientra nella media, con musiche discrete, non trascendentali ma neanche eccessivamente invadenti per finire con voci ed effetti di discreta fattura.
Che c'è di nuovo?
Rispetto alle passate edizioni, oltre al doveroso aggiornamento grafico in salsa next-gen, il gioco ha ricevuto delle ottime dosi di novità su tutti i fronti. Sono stati aggiunti all'allegra brigata capitanata da Akira Yuki due nuovi lottatori. Il primo, El Blaze, è un lottatore messicano di Wrestling (Lucha Libre) dallo stile particolarmente spettacolare e dalla naturale avversione per l'altro lottatore presente da lunga data nella serie, Wolf Hawkfield. Peso medio-leggero agile e scattante, il wrestler possiede uno stile di combattimento spettacolare che alterna salti, calci volanti e proiezioni da flyer a mosse più articolate e prese a terra. L'altra new entry, Eileen, è una ragazzina cinese che si è appassionata alle arti marziali emulando la sua eroina Pai Chan. Oltre ad inserire questi due personaggi per arrivare ad un numero totale di sedici lottatori, diciassette se contiamo anche il boss finale Dural, il team di sviluppo ha migliorato quelli già presenti contribuendo ad ampliarne il parco mosse ed a differenziarne lo stile. Per finire sono state introdotte alcune nuove modalità, anche se da questo punto di vista sono troppi i rimpianti.
Bello, ma l'online dov'è?
Decantate le lodi della più raffinata espressione del combattimento elettronico mai realizzata bisogna però additare i programmatori e rimproverarli per una mancanza grave, un fattore che potrebbe allontanare una buona parte di potenziale pubblico attirato dall'ottima realizzazione del titolo: l'assenza di una modalità multiplayer online. Tre o quattro anni fa nessuno ci avrebbe fatto caso, ma oggi siamo in piena next generation, una nuova generazione non soltanto votata all'alta definizione, bensì e soprattutto al confronto online. Così la sopraccitata massima espressione del combattimento videoludico si trasforma in un gioco da salotto, che trae linfa esclusivamente dai progressi personali contro l'IA e dai multiplayer contro amici fisicamente presenti nella medesima stanza. I perché di questa pesante defezione sono fondamentalmente due: uno semplicemente ipotizzato, paventato soprattutto da una buona fetta di utenza per la quale gli sviluppatori non hanno voluto sprecare energie per la realizzazione di un comparto online, e uno di comodo, tanto pratico quanto pretestuoso, sollevato nientemeno che da AM2, lo storico sviluppatore della saga. Il team ha ricordato come le limitazioni delle attuali reti internet avrebbero potuto sfavorire i giocatori tecnici, capaci di attaccare e difendere sul singolo frame. Verità o pretesto, con una materia prima di così alto livello, tarpata però nell'online, AM2 ha deciso di lavorare per offrire ai giocatori extra e goodies per invogliarli a proseguire nel tempo un'esperienza ludica improntata sul single player. Per fare ciò, oltre al classico arcade mode hanno inserito anche la modalità Quest, dalla struttura alquanto intrigante. In un'interfaccia a forma di mappa il personaggio scelto dovrà muoversi da un'icona all'altra per prendere parte a serie di sfide arcade suddivise per difficoltà. Terminati gli incontri il personaggio può salire di livello raggiungendo dei "gradi" via via più elevati e guadagnando del denaro da spendere nell'apposito shop. Quest'ultimo consente di cambiare il look al nostro lottatore, e di personalizzarlo a nostro piacimento, dal taglio e colore dei capelli, sino all'abbigliamento e agli accessori.
Best beat'em up ever: tra luci ed ombre
Dopo tale breve digressione cronologica sul titolo è bene rientrare nella via maestra ed analizzarne le fattezze che, è bene chiarirlo fin dal principio, evidenziano parecchie luci ma anche alcune ombre non trascurabili. Per questo quinto capitolo Sega ha deciso di riproporre un sistema di combattimento tecnico, diretto successore di quello già assaporato col predecessore, ampliandolo ed arricchendolo per renderlo ancor più preciso, ricco e vario. Il primo tra gli interventi, oltre a quello meramente tecnico, ha riguardato il parco mosse dei combattenti, ulteriormente ampliato e sviluppato, addirittura maggiormente equilibrato rispetto alla versione arcade. L'ormai consolidato sistema di combattimento a tre tasti, pugno-calcio-parata, assume dei connotati molto più eleganti e meno appariscenti di quello analogo sviluppato nei picchiaduro della serie Dead or Alive. La questione stilistica passa però in secondo piano se confrontata con quella tecnica, dove VF5 offre il meglio di se non avendo alcun rivale nel settore. Diversamente da quanto accade nei picchiaduro Tecmo, il gioco scorre senza particolari bug dovuti da casualità o errori nelle collisioni ed è soggetto a delle regole molto più ferree sia nella gestione delle counter, che in quella delle contromosse. Queste ultime poi dovranno essere utilizzate in maniera meno "ignorante". Non basta semplicemente azzardare una contromossa cercando di prevedere il colpo dell'avversario o rompere facilmente una combo nemica, ma l'utilizzo di queste tecniche richiede una precisione svizzera, non solo nella tempistica di esecuzione ma anche nell'individuazione del giusto frame di animazione altrui. Digerite queste prime basilari nozioni, i provetti combattenti dovranno avventurarsi in tutta una serie di meccaniche che rendono il suddetto titolo il più complesso di sempre. Schiacciare i tasti alla rinfusa porterà nella quasi totalità delle situazioni a magre figure evitabili solo con impegno, dedizione e tanto, tantissimo allenamento, con sedute lunghe e prolungate nel dojo. Così come il gioco non si adatta alle dita del giocatore occasionale, è altrettanto vero che è capace di premiarne gli sforzi e la costanza elargendogli soddisfazione a piene mani.
Next generation?
Come secondo picchiaduro dell'era HD il paragone tecnico tra Virtua Fighter 5 e il suo rivale Dead or Alive 4, unico per il momento, è quantomeno d'obbligo. Al contrario di Tecmo, che ha speso un'enorme parte dello sviluppo per creare dei fondali di impatto devastante, AM2 ha concentrato le sue energie per la cura dei personaggi. Questi sono realizzati con dovizia di particolari sia per quanto riguarda il puro aspetto estetico che per quel che concerne le animazioni. Sottolineare la cura con cui il team ha attuato ogni singolo dettaglio è doveroso e lo si può apprezzare assistendo alle fattezze fisiche dei lottatori, curati con puntiglio sino a metterne in evidenza cicatrici, pori della pelle e peluria. Le animazioni poi, che in DOA sono sempre state caratterizzate da spettacolarità a discapito del realismo e della verosimiglianza, qui paiono sempre più naturali, fluide e senza la minima incertezza. È un vero peccato che ad una tale realizzazione dei modelli sia stato affiancato un uso degli effetti luminosi non sempre azzeccato, evidenziato dai riflessi troppo marcati sulla pelle dei personaggi ed addirittura sui vestiti. Infine, parlando dei fondali bisogna sottolineare la consueta riproposizione di ring "all'antica", alcuni dei quali racchiusi da alte gabbie, altri costituiti da semplici quadrati cadendo al di fuori dei quali si perderà istantaneamente il round. La realizzazione tecnica degli ambienti di gioco non fa certo gridare al miracolo, specie assistendo allo spettacolo messo in scena da Tecmo su Xbox 360. Il sonoro rientra nella media, con musiche discrete, non trascendentali ma neanche eccessivamente invadenti per finire con voci ed effetti di discreta fattura.
Che c'è di nuovo?
Rispetto alle passate edizioni, oltre al doveroso aggiornamento grafico in salsa next-gen, il gioco ha ricevuto delle ottime dosi di novità su tutti i fronti. Sono stati aggiunti all'allegra brigata capitanata da Akira Yuki due nuovi lottatori. Il primo, El Blaze, è un lottatore messicano di Wrestling (Lucha Libre) dallo stile particolarmente spettacolare e dalla naturale avversione per l'altro lottatore presente da lunga data nella serie, Wolf Hawkfield. Peso medio-leggero agile e scattante, il wrestler possiede uno stile di combattimento spettacolare che alterna salti, calci volanti e proiezioni da flyer a mosse più articolate e prese a terra. L'altra new entry, Eileen, è una ragazzina cinese che si è appassionata alle arti marziali emulando la sua eroina Pai Chan. Oltre ad inserire questi due personaggi per arrivare ad un numero totale di sedici lottatori, diciassette se contiamo anche il boss finale Dural, il team di sviluppo ha migliorato quelli già presenti contribuendo ad ampliarne il parco mosse ed a differenziarne lo stile. Per finire sono state introdotte alcune nuove modalità, anche se da questo punto di vista sono troppi i rimpianti.
Bello, ma l'online dov'è?
Decantate le lodi della più raffinata espressione del combattimento elettronico mai realizzata bisogna però additare i programmatori e rimproverarli per una mancanza grave, un fattore che potrebbe allontanare una buona parte di potenziale pubblico attirato dall'ottima realizzazione del titolo: l'assenza di una modalità multiplayer online. Tre o quattro anni fa nessuno ci avrebbe fatto caso, ma oggi siamo in piena next generation, una nuova generazione non soltanto votata all'alta definizione, bensì e soprattutto al confronto online. Così la sopraccitata massima espressione del combattimento videoludico si trasforma in un gioco da salotto, che trae linfa esclusivamente dai progressi personali contro l'IA e dai multiplayer contro amici fisicamente presenti nella medesima stanza. I perché di questa pesante defezione sono fondamentalmente due: uno semplicemente ipotizzato, paventato soprattutto da una buona fetta di utenza per la quale gli sviluppatori non hanno voluto sprecare energie per la realizzazione di un comparto online, e uno di comodo, tanto pratico quanto pretestuoso, sollevato nientemeno che da AM2, lo storico sviluppatore della saga. Il team ha ricordato come le limitazioni delle attuali reti internet avrebbero potuto sfavorire i giocatori tecnici, capaci di attaccare e difendere sul singolo frame. Verità o pretesto, con una materia prima di così alto livello, tarpata però nell'online, AM2 ha deciso di lavorare per offrire ai giocatori extra e goodies per invogliarli a proseguire nel tempo un'esperienza ludica improntata sul single player. Per fare ciò, oltre al classico arcade mode hanno inserito anche la modalità Quest, dalla struttura alquanto intrigante. In un'interfaccia a forma di mappa il personaggio scelto dovrà muoversi da un'icona all'altra per prendere parte a serie di sfide arcade suddivise per difficoltà. Terminati gli incontri il personaggio può salire di livello raggiungendo dei "gradi" via via più elevati e guadagnando del denaro da spendere nell'apposito shop. Quest'ultimo consente di cambiare il look al nostro lottatore, e di personalizzarlo a nostro piacimento, dal taglio e colore dei capelli, sino all'abbigliamento e agli accessori.
Virtua Fighter 5
8
Voto
Redazione
Virtua Fighter 5
Virtua Fighter 5 è un prodotto complesso e a causa delle fragorose contrapposizioni tra alti e bassi non è stato semplice esprimere un giudizio. Quello che abbiamo tra le mani è senz'ombra di dubbio il miglior picchiaduro sul mercato o, come lo abbiamo più volte definito, l'esperienza di combattimento virtuale più profonda e tecnica mai realizzata. Purtroppo però questo genere di titoli dà il meglio di se con il confronto tra avversari umani, e una modalità online avrebbe giovato e garantito un fattore rigiocabilità pressoché infinito. Le dichiarazioni di AM2 a riguardo, più che una scusante sembrano un'aggravante che mette in evidenza la mancanza di voglia o tempo da dedicare per lavorare su una qualsivoglia modalità online. In definitiva, VF5 è un ottimo titolo che purtroppo affida la sua longevità al semplice desiderio di miglioramento dei giocatori, un picchiaduro da salotto che se è vero che è entrato graficamente nella nuova generazione, è altrettanto vero che è rimasto ancorato alla vecchia per quel che concerne il multiplayer.