Virtua Tennis 3
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Il tennis è un sport nobile, elegante, strategico e atleticamente impegnativo.
Certo, comporta qualche inconveniente; ad esempio, tende a far sviluppare asimmetricamente le braccia e ad irrigidire almeno un gomito di chi lo pratica assiduamente e può far insorgere un principio di torcicollo nello spettatore che segua da ore il moto della pallina, ma i suoi lati positivi, come gli ipnotici urletti trafelati a cui si abbandonano le giocatrici, fanno passare tutto in secondo piano.
Messi da parte i doverosi luoghi comuni, è noto che alla Sega siano dei buongustai e vantino un notevole curriculum per quanto concerne la realizzazione di trasposizioni videoludiche tennistiche; con il rilascio della terza incarnazione della serie Virtua Tennis la formula non appare cambiata nella sostanza: l'immediatezza tipica dell'arcade puro e la voglia di non prendersi troppo sul serio ritornano invariate.
Il gameplay si fonda su un numero contenuto di azioni performabili e su un sistema di controllo che assicura una docile curva d'apprendimento; se per riuscire a giocare con una certa soddisfazione e discreti risultati sono sufficienti pochi minuti, padroneggiare l'azione in ogni sfumatura e competere con avversari esperti richiede il necessario approfondimento. La base è costituita dai tiri liftato, tagliato e a pallonetto, ciascuno assegnato alla pressione del tasto dedicato; inclinando il direzionale e temporizzando l'esecuzione in maniera opportuna si ottengono alcune imprescindibili varianti, dalla palla corta allo smash, passando per il provvidenziale recupero in corsa nel caso di situazioni spinose.
Per riuscire a scaricare notevole potenza sul colpo occorrerà interpretare il rimbalzo della pallina, anticipandone la traiettoria e mantenendo la pressione sul pulsante di tiro; il prezzo da pagare per la maggior probabilità di ottenere il punto è il rischio di sbagliare i propri calcoli e ritrovarsi, oltre che sbilanciati, ad esibirsi in una risposta fiacca e scarsamente precisa.
Una partita tra tennisti virtuali di buon livello mette in scena uno spettacolo magari limitato nel numero effettivo di soluzioni di gioco praticabili, ma avvincente e prolungato.
Se l'anima arcade convince, nella sua essenza diretta ma affatto banale, la stessa natura divertita e decisamente poco simulativa di Virtua Tennis non può che virare in maniera controproducente alla media distanza. L'eventualità di spedire una palla oltre i confini del campo si scopre rara o addirittura remota qualora si parli di spedire in rete; i pallonetti risultano controproducenti almeno nel novanta per cento dei casi, risolvendosi da copione in imprendibili smash dell'avversario; gli scambi tendono a protrarsi all'eccesso in una comica successione di improbabili quanto efficaci tuffi acrobatici; se guadagnare il gioco a rete può essere fin troppo facile, d'altra parte le volée non paiono incisive come si presume dovrebbero.
Se il potenziale massimo dell'esperienza è espresso dalle sfide con avversari umani, la modalità World Tour offre di che piacevolmente impegnarsi anche nel caso di un approccio in solitaria. Si parte dalla creazione del proprio tennista, editabile nei tratti somatici e nello stile di gioco, per poi accompagnarlo negli anni della sua carriera, impiegabili come meglio si crede tra allenamenti, tornei e momenti di meritato riposo. Durante la scalata verso la prima posizione del ranking mondiale, spostandosi tra le caselle di un vero e proprio mappamondo, si avrà modo di affinare la tecnica di gioco tramite l'accademia del tennis (una sorta di prezioso tutorial integrato), mettersi alla prova contro avversari famosi d'abilità lentamente crescente (anche se può far specie scontrarsi e vincere, anche da novellini, con un Federer a caso) e di prendersi qualche vacanza tonificante in modo da scongiurare gli infortuni (ed i loro penalizzanti tempi di recupero).
Impossibile non fare menzione dei frequenti minigiochi, che insaporiscono con un tocco surreale e sbarazzino la normale routine; capiterà di schivare gigantesche palle da tennis rotolanti mentre si raccattano bonus frutticoli, buttar giù birilli a suon di servizi devastanti o interpretare un'improbabile variante tennistica del curling.
Impossibile anche non rimanere delusi dalla mancata implementazione del gioco online, che avrebbe potuto rappresentare un serbatoio quasi inesauribile di ore di gioco intenso.
Come in tutti i giochi sportivi, l'animazione è l'aspetto visivo più delicato e quello che maggiormente incide sulla sospensione dell'incredulità; quanto più i gesti atletici appaiono naturali, coordinati e variegati, oltre che connessi tra loro senza soluzione di continuità, più incrementa la sensazione di stare sul campo. Virtua Tennis 3 non delude, presentando tennisti dalle movenze generalmente coreografiche e fluide, personalizzati nella modalità di servizio, nello stile con cui portano i colpi e in alcuni atteggiamenti peculiari; senza dubbio si poteva fare di più in termini di varietà e di rifiniture (ad esempio, la corsa può mancare di elasticità), ma tra tiri eseguiti con la racchetta tra le gambe e agili cambi di direzione sfascia-menischi il quadro rimane soddisfacente.
Sul versante grafico, la modellazione dei giocatori preferisce la caratterizzazione rispetto alla ricerca del fotorealismo, tentando di cogliere l'essenza più che puntare tutto sul dettaglio; l'avvenenza ed il portamento della Sharapova o la scattante fisicità di Nadal si rendono immediatamente riconoscibili. L'impatto estetico è valorizzato dalla vibrante cromaticità, con le sue tonalità sature e brillanti, e dal buon motore di illuminazione, che contribuisce a conferire profondità all'immagine; tra gli elementi meno riusciti occorre invece menzionare la resa del pubblico sugli spalti, solitamente fuori inquadratura ma oggetto di cure poco approfondite, e la pulizia video inficiata da un aliasing piuttosto persistente.
L'accompagnamento musicale si fa beffe del clima di estrema concentrazione tradizionalmente richiesto dai match tennistici, rifilando all'ascoltatore mediocri musichette nippo-rockeggianti invasive, martellanti e onnipresenti; in questo senso, la possibilità di ridurre a zero il volume e di lasciare spazio ai soli effetti e allo speaker si configura come un enorme pregio.
Certo, comporta qualche inconveniente; ad esempio, tende a far sviluppare asimmetricamente le braccia e ad irrigidire almeno un gomito di chi lo pratica assiduamente e può far insorgere un principio di torcicollo nello spettatore che segua da ore il moto della pallina, ma i suoi lati positivi, come gli ipnotici urletti trafelati a cui si abbandonano le giocatrici, fanno passare tutto in secondo piano.
Messi da parte i doverosi luoghi comuni, è noto che alla Sega siano dei buongustai e vantino un notevole curriculum per quanto concerne la realizzazione di trasposizioni videoludiche tennistiche; con il rilascio della terza incarnazione della serie Virtua Tennis la formula non appare cambiata nella sostanza: l'immediatezza tipica dell'arcade puro e la voglia di non prendersi troppo sul serio ritornano invariate.
Il gameplay si fonda su un numero contenuto di azioni performabili e su un sistema di controllo che assicura una docile curva d'apprendimento; se per riuscire a giocare con una certa soddisfazione e discreti risultati sono sufficienti pochi minuti, padroneggiare l'azione in ogni sfumatura e competere con avversari esperti richiede il necessario approfondimento. La base è costituita dai tiri liftato, tagliato e a pallonetto, ciascuno assegnato alla pressione del tasto dedicato; inclinando il direzionale e temporizzando l'esecuzione in maniera opportuna si ottengono alcune imprescindibili varianti, dalla palla corta allo smash, passando per il provvidenziale recupero in corsa nel caso di situazioni spinose.
Per riuscire a scaricare notevole potenza sul colpo occorrerà interpretare il rimbalzo della pallina, anticipandone la traiettoria e mantenendo la pressione sul pulsante di tiro; il prezzo da pagare per la maggior probabilità di ottenere il punto è il rischio di sbagliare i propri calcoli e ritrovarsi, oltre che sbilanciati, ad esibirsi in una risposta fiacca e scarsamente precisa.
Una partita tra tennisti virtuali di buon livello mette in scena uno spettacolo magari limitato nel numero effettivo di soluzioni di gioco praticabili, ma avvincente e prolungato.
Se l'anima arcade convince, nella sua essenza diretta ma affatto banale, la stessa natura divertita e decisamente poco simulativa di Virtua Tennis non può che virare in maniera controproducente alla media distanza. L'eventualità di spedire una palla oltre i confini del campo si scopre rara o addirittura remota qualora si parli di spedire in rete; i pallonetti risultano controproducenti almeno nel novanta per cento dei casi, risolvendosi da copione in imprendibili smash dell'avversario; gli scambi tendono a protrarsi all'eccesso in una comica successione di improbabili quanto efficaci tuffi acrobatici; se guadagnare il gioco a rete può essere fin troppo facile, d'altra parte le volée non paiono incisive come si presume dovrebbero.
Se il potenziale massimo dell'esperienza è espresso dalle sfide con avversari umani, la modalità World Tour offre di che piacevolmente impegnarsi anche nel caso di un approccio in solitaria. Si parte dalla creazione del proprio tennista, editabile nei tratti somatici e nello stile di gioco, per poi accompagnarlo negli anni della sua carriera, impiegabili come meglio si crede tra allenamenti, tornei e momenti di meritato riposo. Durante la scalata verso la prima posizione del ranking mondiale, spostandosi tra le caselle di un vero e proprio mappamondo, si avrà modo di affinare la tecnica di gioco tramite l'accademia del tennis (una sorta di prezioso tutorial integrato), mettersi alla prova contro avversari famosi d'abilità lentamente crescente (anche se può far specie scontrarsi e vincere, anche da novellini, con un Federer a caso) e di prendersi qualche vacanza tonificante in modo da scongiurare gli infortuni (ed i loro penalizzanti tempi di recupero).
Impossibile non fare menzione dei frequenti minigiochi, che insaporiscono con un tocco surreale e sbarazzino la normale routine; capiterà di schivare gigantesche palle da tennis rotolanti mentre si raccattano bonus frutticoli, buttar giù birilli a suon di servizi devastanti o interpretare un'improbabile variante tennistica del curling.
Impossibile anche non rimanere delusi dalla mancata implementazione del gioco online, che avrebbe potuto rappresentare un serbatoio quasi inesauribile di ore di gioco intenso.
Come in tutti i giochi sportivi, l'animazione è l'aspetto visivo più delicato e quello che maggiormente incide sulla sospensione dell'incredulità; quanto più i gesti atletici appaiono naturali, coordinati e variegati, oltre che connessi tra loro senza soluzione di continuità, più incrementa la sensazione di stare sul campo. Virtua Tennis 3 non delude, presentando tennisti dalle movenze generalmente coreografiche e fluide, personalizzati nella modalità di servizio, nello stile con cui portano i colpi e in alcuni atteggiamenti peculiari; senza dubbio si poteva fare di più in termini di varietà e di rifiniture (ad esempio, la corsa può mancare di elasticità), ma tra tiri eseguiti con la racchetta tra le gambe e agili cambi di direzione sfascia-menischi il quadro rimane soddisfacente.
Sul versante grafico, la modellazione dei giocatori preferisce la caratterizzazione rispetto alla ricerca del fotorealismo, tentando di cogliere l'essenza più che puntare tutto sul dettaglio; l'avvenenza ed il portamento della Sharapova o la scattante fisicità di Nadal si rendono immediatamente riconoscibili. L'impatto estetico è valorizzato dalla vibrante cromaticità, con le sue tonalità sature e brillanti, e dal buon motore di illuminazione, che contribuisce a conferire profondità all'immagine; tra gli elementi meno riusciti occorre invece menzionare la resa del pubblico sugli spalti, solitamente fuori inquadratura ma oggetto di cure poco approfondite, e la pulizia video inficiata da un aliasing piuttosto persistente.
L'accompagnamento musicale si fa beffe del clima di estrema concentrazione tradizionalmente richiesto dai match tennistici, rifilando all'ascoltatore mediocri musichette nippo-rockeggianti invasive, martellanti e onnipresenti; in questo senso, la possibilità di ridurre a zero il volume e di lasciare spazio ai soli effetti e allo speaker si configura come un enorme pregio.