Warhammer 40.000: Space Marine 2, la recensione tutta d’un pezzo
Periodicamente capita di imbattersi su un qualche social in qualcuno che ha appena visto per la prima volta Starship Troopers e non lo ha capito. Nonostante la pellicola del 1997 diretta da Paul Verhoeven applichi un evidente ed appariscente (quanto a meno a me) strato di cinica satira sulla novella di Robert A. Heinlein da cui trae ispirazione, non tutti a quanto pare sembrano coglierla durante la visione. Mi sono chiesto per quasi trent’anni come sia possibile e qualche giorno fa, circa un’oretta dopo aver avviato Warhammer 40.000: Space Marine 2 l’ho capito, mentre mestamente cercavo in rete qualche articolo che mi spiegasse quanto sul serio dovessi prendere storia e personaggi del gioco.
Quando c’era lo Space Marine le navicelle arrivavano in orario
Chi scrive è un nerd che calpesta questo mondo da più di quattro decenni: pur non avendolo mai approfondito, conosco l’iconografia di Warhammer 40.000; d’altra parte frequentando fiere ed eventi è praticamente impossibile non finire in mezzo a miniature assortite di enormi e crudelissimi marine spaziali. Ignoravo però quasi del tutto la mitologia del franchise, così, come si fa in queste occasioni, “ho fatto i compiti” documentandomi prima dell’immersione. Eppure, nonostante tutto, ha passato una buona oretta in dubbio su quanto dovessi prendere sul serio ciò a cui stavo assistendo. Ci sono momenti così sopra le righe, in cui è così evidente che la scrittura si sta facendo beffe dei personaggi, che Warhammer pare essere senza dubbio una deliberata e canzonatoria critica di tutte quelle visioni della società basata su militarismo, lealtà indiscutibile alla patria, adesione cieca a un’ideologia, ma anche alle religioni e al loro rapporto col potere. È difficile, ad esempio, prendere sul serio la scena di un simil-prete impegnato in una benedizione intorno a un gigantesco mecha robot assassino per completare la sua attivazione o la continua contaminazione tra terminologia religiosa e bellica che costituisce la lingua ufficiale dell’Imperium.
D’altro canto, un po’ come avveniva per Starship Troopers, per amplificare l’effetto della satira è necessario che nell’universo del racconto ciò che l’autore deride venga invece considerato dannatamente serio. Non mancano dunque anche sequenze e dialoghi i cui il gioco si prende sul serio, ricordando al giocatore che impersona un soldato potenziato geneticamente al cieco servizio di una dittatura fascista e teocratica, che ha piegato al suo giogo l’intera umanità trascinandola in una spirale di guerra eterna. Probabilmente mi manca qualche tassello di conoscenza dell’universo di Warhammer 40.000 e immagino che a qualcuno possa non fare né caldo né freddo, ma questo stridore tra il ruolo di “buoni” del racconto e i valori che dovremmo propagare per la galassia mi ha lasciato a tratti perplesso. Queste sequenze però spesso conducono a (o sono inserite all’interno di) momenti action piuttosto adrenaliniche ed esaltanti, elemento che da un lato amplifica la dissonanza, ma dall’altro funziona in armonia con le meccaniche di gioco, il che ci porta ad affrontare un altro aspetto di Warhammer 40.000: Space Marine 2 decisamente meno controverso.
Dannati insetti spaziali
Come il precedente capitolo, Warhammer 40.000: Space Marine 2 è un action in terza persona che ci mette nei panni del Ultramarine Demetrian Titus, il quale nel frattempo si è fatto un secolo di detenzione e un altro centinaio di anni nella Deathwatch prima di fugare (quasi) tutti i sospetti su una possibile corruzione dal parte del Caos. Tra le fila degli Space Marine non ce la si cava mai con così poco, perciò al buon (?) Titus è toccata anche una retrocessione nei ranghi e un biglietto (probabilmente di sola andata) verso i luoghi in cui le orde di Tyranid stanno mettendo a dura prova i bastioni eretti dall’Imperium a difesa dell’umanità (visto com’è facile cadere nella sua retorica, dannato Imperium!). Non tutti però sembrano essere realmente convinti di potersi fidare di Titus e il sentimento serpeggiante nella sua unità, un misto di ammirazione per ciò che ha passato e di insofferenza per la sua posizione, rappresenta un filone narrativo parallelo a quello principale, mentre ovviamente il Caos ordisce ancora i suoi intrighi sullo sfondo. La trama affonda le radici nella mitologia e nell'iconografia di Warhammer e farà la gioia degli appassionati grazie a un'infinità di riferimenti, che tuttavia non complicano la comprensione a chi ha meno confidenza con l'ambientazione. Di fondo siamo dei supersoldati dello spazio incaricati di sterminare una popolazione aliena che assomiglia a insetti troppo cresciuti.
Se questa descrizione vi ha appena riportato alla mente Gears of War, la similitudine è centrata. L’azione di Warhammer 40.000: Space Marine è senza dubbio debitrice verso la saga immaginata da Epic Games, senza tuttavia ridursi al mero citazionismo. Il senso di pesantezza del personaggio è ulteriormente amplificato restituendo alla perfezione la sensazione di manovrare un uomo ridicolmente enorme, infilato in un’armatura ancora più sproporzionata, per non parlare delle coperture delle spalle grandi oltre ogni logica. La sensazione di pesantezza però non schiaccia la manovrabilità, anzi la arricchisce con un'aura di minacciosità che è preludio dell'efficacia in battaglia di Titus. Le fasi di combattimento, preponderanti nell’economia del gioco, possono essere affrontate facendo ricorso alle armi da fuoco o a quelle per il combattimento corpo a corpo. Le prime offrono una discreta varietà di fuoco, dalla pistola al plasma efficace sugli scudi nemici ai fucili di precisione che possono essere accompagnati da diversi accessori. Sempre in questa categoria rientrano le armi speciali che il gioco si prodiga di farci trovare nelle giuste occasioni, come le torrente smontabili o l’adorabile lanciafiamme con cui abbrustolire centinaia di striscianti Tyranid alla volta.
Nonostante l'armamentario notevole e che restituisce ottime sensazioni quando si preme il dito sul grilletto, la modalità con cui più frequentemente vi troverete a farvi largo tra i viscidi alieni prevede l’uso delle mani nude e di un’arma da taglio. La scelta è tra quattro tipologia, con la classica spada-motosega che si pone nel mezzo tra un’agile pugnale (comunque lungo un metro) e un pesante martellone. La brutalità del combat system è mitigata da un sistema di combo e parate che apporta senza dubbio profondità, ma che si rivela realmente indispensabile da padroneggiare solo a livelli di difficoltà più elevati. A Normale buona parte degli scontri possono essere risolti con ignorante forza bruta, ricorrendo alle mosse più sofisticate solamente nelle situazioni più affollate o contro i nemici più forti. La parata in particolare presenta qualche problema: dei segnali luminosi indicano l’arrivo di un attacco parabile (o impossibile da parare e dunque da scansare), ma questi non sempre si attivano, soprattutto nelle situazioni più concitate, rimandando l'esecuzione ai riflessi del giocatore che non sempre riescono a districarsi tra la decina di corpi in movimento intorno al personaggio.
Nonostante la precedente osservazione, Warhammer 40.000: Space Marine 2 si districa bene tra le diverse fasi, distribuendo una grande abbondanza di scontri ignoranti intervallati da situazioni più complesse in cui bisogna ricordarsi i rudimenti del sistema di combattimento per uscirne integri. In fondo, siamo in controllo di un marcantonio così grosso da far tremare il suolo al suo passaggio, ci sta che sia messo in difficoltà solo da alieni di alto livello o da situazioni in cui l'inferiorità numerica è davvero soverchiante. La riprova di come un simile approccio sia voluto e ricercato è dato dall’assenza di coperture dietro cui agganciarsi, ormai praticamente immancabili per ogni action in terza persona. Tranquilli: non mancano comunque le colonne che possono offrire gradito riparo in attesa che le tre barre dell’armatura si ricarichino.
In teoria, in questi casi dovremmo poter contare sul supporto dei compagni di unità Chairon e Gadriel, ma in realtà la limitata intelligenza artificiale di cui dispongono consente loro di rivelarsi utili solo negli scontri più blandi; quando la sfida si fa tosta e, soprattutto, sono richiesti obiettivi diversi dal semplice massacro, non è il caso di fare molto affidamento sui compagni controllati dalla CPU. Ho trovato curiosa invece la loro tendenza a lasciami nemici storditi da mandare al creatore con una finisher, recuperando così energia, anche se più di una volta stupito dal regalo inatteso sono finito vittima dei colpi nemici prima che l’animazione potesse concludersi. Vatti a fidare di Chairon e Gadriel, già spariti dall’altra parte del campo di battaglia a dispensare morte. Le cose migliorano sensibilmente invece affidando il controllo dei commilitoni ad altri giocatori umani (e miglioreranno ulteriormente, supponiamo, all’apertura ufficiale dei server). In aggiunta il gioco prevede però anche delle ulteriori Missioni Operative giocabili in coop (con altri due giocatori umani) o in solitaria affiancati dalla CPU che esplorano battaglie laterali ed altri scontri citati nella campagna principale di cui, tuttavia, in quel frangente osserviamo solo i riflessi sugli eventi. Può sembrare un piccolo dettaglio, ma è pensato per arricchire l’esperienza del giocatore e si somma ai tanti altri dettagli di questo tipo che sono nel complesso se ne ricava testimonianza piuttosto evidente della passione infusa nel gioco dei suoi autori.
E di dettagli di questo tipo è piena anche l’ultima componente che manca alla nostra disanima, ovvero quella tecnica. Su console (abbiamo provato il gioco su una Xbox Series X) Warhammer 40.000: Space Marine 2 propone due modalità, Qualità e Velocità, ma ho riscontrato differenze marcate solo nelle fasi di quiete, mentre in combattimento è difficile notare le minuzie e al mio sguardo non ho rilevato problemi di fluidità anche prediligendo la Qualità. Si vede sempre tutta invece la cura nella riproduzioni di ambientazioni, costumi e volti: in alcuni casi mi è davvero dispiaciuto non essere un appassionato hardcore di Warhammer perchè sospetto che per gli apparteneneti alla categoria il godimento per quanto fatto da Saber con Warhammer 40.000: Space Marine 2 scorra abbondante per l’intera esperienza di gioco. Da osservatore più distaccato, qualche remora però mi sento di avanzarla: in primis ci sono sezioni in cui per avanzare è previsto che Titus si lanci nel vuoto e per chi come il sottoscritto soffre le altezze l’esperienza può non essere granchè piacevole. Il secondo invece è un limite di design: benché Titus sia grosso come un bilocale, la sua avanzata viene inesorabilmente fermata da cespugli di rovi che costituiscono muri invisibili, mentre a pochi passi di distanza è in grado di sollevare un enorme masso per procedere lungo il cammino prestabilito. Nulla che rovini l'esperienza, chiaro, ma è un’anomalia che salta all’occhio in un titolo così attento a ogni minuzia.