Warhammer: Chaosbane
La maggior parte degli amanti dell’ambientazione fantasy di Warhammer aveva avvertito un leggero fremito nella forza quando, al tempo dei primi trailer pubblicati in rete, era appena emerso in rete il tentativo di fondere questo splendido universo narrativo a un videogioco di stampo hack’n’slash. Quel meccanismo di curiosità perverso, coadiuvato da un sempre crescente bisogno di diversificare l’offerta uscendo magari dai solito schemi, ha accompagnato la community durante il corso di tutte le pubblicazioni relative a Chaosbane, titolo che sembrava in potenzialmente poter rivaleggiare con le controparti di settore, soprattutto grazie al fatto che la scrittura della storia sarebbe stata curata da Black Library, la casa editrice a capo delle pubblicazioni romanzesche ambientati in questo universo.
Sebbene il nostro primo incontro non ci avesse particolarmente lasciato con l’amaro in bocca, i dubbi maturati in quella occasione sono diventati purtroppo certezze durante le nostre sessioni di prova con il codice definitivo, poiché hanno fatto emergere una serie di problemi sostanziali difficili da bypassare in sede di giudizio.
LA GUERRA NON CAMBIA MAI
La sconfitta dell’orda del caos di Asavar Kul per mano di Magnus ha in qualche modo ristabilito l’equilibrio delle forze del bene contro quelle del male, almeno fino a quando quest’ultimo viene colpito da un sacrilegio nella città di Nuln, ardito da una strega sconosciuta. Nei panni di uno dei quattro eroi disponibili nel roster dei pg selezionabili per affrontare l’avventura, cominceremo un lungo viaggio nelle terre di questo mondo ancora corrotto dal caos, affrontando numerose orde di nemici con l’intenzione di scoprire il mandante dell’attentato e, sopra ogni cosa, ristabilire l’ordine.
L’incipit della narrazione accattivante però, dopo qualche ora di gioco, perde mordente per colpa di una struttura claudicante dello svolgimento delle missioni, dato che il giocatore viene semplicemente coinvolto a prendere parte a delle vere e proprie spedizioni suddivise per zone, che al raggiungimento dell’obiettivo principale ci costringono a tornare all’hub centrale per consegnare l’incarico del momento. Non si avverte un senso di scorrimento a livello narrativo, o quantomeno, non ci si sente parte di uno scenario allargato con diversi livelli e zone, dato che ogni volta si è costretti a tornare a casa per rientrare nella stessa porta ed essere successivamente teletrasportati in una zona apparentemente diversa.
Sembra come di andare in bicicletta mentre si subiscono le angherie di un cugino molesto che ci mette i bastoni tra le ruote. Succede infatti che il concept avvincente, pronto a coinvolgerci persino in uno scontro faccia a faccia con alcune delle divinità caotiche presenti nel pantheon di Warhammer, si trasformi invece in un format ripetitivo privo di quello slancio necessario utile a mantenere alto il coinvolgimento dopo le premesse. La composizione delle mappe si rivela fallace dai primi istanti in cui si esplorano le fogne: la composizione degli ambienti risulta infatti ripetitiva, anche se ben arredata, e gli stessi mostri che li abitano si assomigliano per moveset, cambiando giusto l’aspetto esteriore per ricordarci meglio i demoni maggiori che servono.
Questo senso di ripetitività è davvero estenuante e in un hack’n’slash, vista la componente fondamentale legata al farming delle risorse, finisce per pesare ancora più del normale. La stessa ripetitività si ripercuote anche sul sistema di gioco, che si limita a fare il compito a casa giusto per prendere la sufficienza. Il loot system è proprio basico, come lo è anche la differenziazione degli oggetti sia a livello cosmetico che a livello di effetti.
ARCO, SPADA, SCUDO E STAFFA
I quattro personaggi presenti nel roster di Warhammer si affidano per concept ideologico alle classi base che più gli si addicono, lasciando quindi il ruolo di dps ranged alla elfa Elessa, le magie al mago Elontir e la parte melee a Konrad e Bragi, rispettivamente un soldato imperiale e uno sventratore nanico.
La nostra esplorazione del mondo di gioco mette subito in evidenza i punti di forza di ogni personaggio, fattori che emergono inoltre durante la scelta delle varie skill da equipaggiare al fine di non soccombere contro i nemici che occupano il mondo di gioco. Almeno sotto questo profilo gli sviluppatori hanno ben pensato di suddividere le abilità equipaggiabili con un sistema di punteggio, fattore che in prima battuta cerca di farci valorizzare un minimo la build che vogliamo equipaggiare. Per fare un paragone diretto, al posto di attivare gli slot abilità come in Diablo 3, scegliendo le rune per cambiare gli effetti delle medesime, Chaosbane cerca invece di differenziarsi utilizzando un tetto massimo numerico da rispettare per equipaggiare ogni abilità, così da non poterle utilizzare tutte al livello massimo nello stesso momento.
Grazie a questo fattore l’esplorazione non viene svolta totalmente a caso, ma deve in qualche modo seguire una logica sinergica con i compagni, o con l’aumento del livello di difficoltà, dato che appunto i mostri andando avanti cominciano a diventare lievemente più coriacei del dovuto. Bisogna comunque dire che l’abilità archetipo, di solito un roll per spostarsi sul campo di battaglia, permette veramente di fare faville e risolvere gran parte dei problemi, costringendoci solo a fare attenzione alle aree dove si subiscono danni magici importanti. Alla morte del pg il giocatore viene costretto a pagare una cospicua somma di denaro oppure utilizzare delle particolari gemme droppabili dai mostri, ma non ci ha mai particolarmente impensierito ritornare in vita sul punto della nostra morte, se non altro perché a livello normale il titolo appare molto più semplice di quanto sembri sulla carta.
La presenza di uno skill-tree simile a quello di PoE, ramificato a seconda delle necessità seguendo il pantheon di divinità per ogni personaggio, concede inoltre la possibilità di allocare dei punti con lo scopo di sbloccare delle abilità divine e/o ottenere piccoli vantaggi alle caratteristiche secondarie, come danno critico, resistenza e molto altro. Insomma, almeno sul fronte logistico gli sviluppatori sembrano essersi impegnati un pochino di più, peccato che poi questi sforzi vengano vanificati da tutto un comparto tecnico sottotono e piuttosto abbozzato.
Tra l’altro la componente grafica è quasi ridotta all’osso, nel senso che la cura genuina espressa nell’elaborazione dell’arredamento delle mappe, che seppur ripetitivo fa la sua porca figura, non regge il confronto con quello “cosmetico” speso per i personaggi, che si mostrano davvero minimali e anzi forse un po’ troppo semplici nella loro esposizione visiva.
Voto
Redazione