Winning Eleven 8

di Giuseppe 'Sovrano' Schirru

All'indomani di WE7 International, capace di dividere la critica in due tronconi, sorse il dubbio circa il cammino che la serie avrebbe poi imboccato negli episodi a seguire. Abbracciare uno stile lievemente arcade per piegarsi ai voleri della massa, o proseguire lungo la strada gloriosa della simulazione? Fortunatamente, è il caso di dirlo, quest'ultima. Eppure le premesse avrebbero ingannato chiunque, con un numero di squadre che strizzava l'occhio alla serie della EA e le licenze complete per tre campionati, italiano, spagnolo e olandese. Ma se siamo qua a elogiare il nuovo pargolo di casa Konami, non è certo per il contorno che comunque, è il caso di dirlo, riesce finalmente ad accompagnare degnamente quel saporitissimo gameplay che in questa versione ha un gusto ancor più pregiato, per palati fini. E nemmeno per la presentazione in fmv col delizioso pallonetto di Totti contro l'Empoli nè tantomeno per la rivoluzione dei menù, che, abbandonata l'austerità del Metal Gear solid style, sfoggia un'interfaccia molto più colorata è un insieme di opzioni da scorrere in orizzontale. Ancora una volta conta più la sostanza della forma.

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Ma bando agli indugi. Il numero di squadre selezionabili è esponenzialmente aumentato: oltre alle già citate squadre italiane, spagnole e olandesi fornite di licenza troviamo - purtroppo senza licenza - tutte i club dei campionati francese, tedesco e inglese, tutte le restanti squadre che hanno partecipato ala precedente edizione della Champion's League e si apprezza il gradito ritorno delle sudamericane, rappresentate da Boca Juniors, River Plate e Cruzeiro. Ben 136 squadre di club per dare al giocatore una scelta mai così ampia in un gioco della serie di WE. Oltre a queste troviamo anche le nazionali invariate per numero rispetto a WE7 se non per l'introduzione della Lettonia, giustamente inserita per la partecipazione all'ultima edizione dei Campionati Europei.

Saltati a piè pari settaggi e formazioni (tutti i nomi dei giocatori sono scritti in caratteri nipponici) passiamo alle considerazioni sul campo. Già dalle prime battute si nota il deciso incremento di poligoni utilizzati per la realizzazione dei giocatori, a cui fà seguito un rinnovato set di animazioni, la presenza dell'arbitro in campo e la maggiore rifinitura di stadi e pubblico. Ma è principalmente il gameplay ad aver subito un cambiamento radicale. Non un mero restyling, ma una vera e propria rivoluzione. Questo grazie soprattutto ad un perfezionato sistema della gestione dei calciatori e alla rinnovata fisica del pallone. Il rinnovamento ha colpito tutti gli aspetti del gioco, dai passaggi ai tiri, dai cross ai dribbling, dai movimenti senza palla, al pressing, dai contrasti alle scivolate. Tutto risplende di una luce nuova e il titolo pare più rifinito e completo. Il ritmo di gioco è più lento e cadenzato rispetto a WE7 International, le azioni decisamente più ragionate, ma il fattore che davvero colpisce è l'incredibile varietà di situazioni offerte.

I contrasti evidenziano un sostanziale e radicale miglioramento rispetto alle tragiche brutture di Winning Eleven 7 International. Sono finalmente sparite le frequentissime compenetrazioni di poligoni per le quali il difensore riusciva a rubare il pallone stando alle spalle dell'offendente. Ora l'interazione tra i giocatori, resa in maniera sapiente, ha quasi azzerato le suddette compenetrazioni favorendo corpo a corpo più realistici con spinte e strattonamenti finalmente sanzionati dall'arbitro e con una maggiore libertà di esprimersi in dribbling e trovare gli spazi. Limitando l'area di contatto tra i giocatori, il campo di gioco appare più grande e offre maggiore libertà di movimento e manovra. Ma gli scettici a riguardo non si facciano fuorviare, dato che questa maggiore libertà non si traduce forzatamente in maggiore facilità di arrivare in porta, perché ancora una volta interviene quello che forse è il vero segreto di questo gioco, il vero e proprio cardine capace di garantire una decisa sferzata di energia rispetto al gameplay del settimo capitolo (International compreso), il quale pur rappresentando lo stato dell'arte poteva con l'esperienza essere padroneggiato e codificato nella sua totalità.

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