World War Zero
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Una volta Hemingway ha detto: il mondo è un bel posto e vale la pena lottare per esso. Condivido la seconda parte (Morgan Freeman, Seven).
Nell'improbabile scenario storico del continuo della prima guerra mondiale, inoltratasi per oltre un cinquantennio, la Rebellion pone le basi del suo ultimo pargolo che corrisponde al nome di World War Zero: Ironstorm. Se un pizzico di familiarità vi ha accompagnato nella lettura del titolo, è perché la versione PC risale al 2002 e questa che stiamo trattando non è altro che una conversione diretta di un titolo di cui, scusate la schiettezza, pochi hanno aspettato con trepidazione il porting su console.
Dinnanzi a noi si staglia un panorama quasi dantesco. Non tanto per atmosfere dai toni truci tipici del periodo in questione (lo scenario storico è stato modificato in un'ottica tutt'altro che ottimistica), quanto per il vento di morte che aleggia e noi, inerti, che vediamo i nostri compagni saltare in aria, in una tempesta di piombo che colpisce a caso (a caso...) qualsiasi povero malcapitato si trovi sprovvisto di ombrello. La pace nel mondo è, purtroppo, un lontano ricordo e noi, un uomo solo contro tutti, dovremo salvare per l'ennesima volta il pianeta. Per fortuna ci viene subito in aiuto l'allegra concessione dei programmatori, gentilissimi nel settare in automatico la mira, che sovente indirizzerà agli arti o alla testa dei nemici la nostra potente arma, che un millisecondo prima era puntata verso un muro lontano. Soddisfatti i casual gamer, insoddisfatti i pignoli che pur potendo cambiare il settaggio, noteranno come colpire un avversario alla gamba o al busto sia totalmente irrilevante, nonché alla nuca pur avendo scaricato addosso al povero malcapitato, anzi, fortunato malcapitato, dieci kg di piombo. Problemi non da poco.
Nel titolo Rebellion il giocatore prende congedo da tutte le pratiche apprezzate nei vari tactical shooter usciti negli ultimi mesi, per concentrarsi su una meccanica di gioco lineare: WWZ riprende la concezione dell'fps classico vecchia scuola dove al giocatore è demandato il compito di uccidere chiunque gli si pari davanti e di portare a termine determinati obiettivi, attinenti alla situazione e atti a fargli percorrere miglia e miglia di texture ripetitive e scarsamente curate. In questo contesto giocano un ruolo fondamentale ai fini del divertimento ludico notevoli fattori: l'IA dei nemici, il design e la conformazione dei livelli, le situazioni proposte e così via discorrendo. E qua, purtroppo, il gioco mostra il fianco a numerose lacune che ne inficiano il giudizio globale.
Difatti il classico, stereotipato, inflazionato, puro e semplice fps si ammanta di piccoli difettucci che dal rango di "prodotto che propone la solita pappardella e nulla più", lo ridimensionano a quello di "prodotto che propone le stesse cose di tanti altri titoli, ma peggio". Un appellativo che non gli fa certo onore. L'essenzialità del suo gameplay, quindi, che non si esaurisce dopo le prime missioni ma si protrae per tutta la durata del gioco, lascia ben visibili alcune imperfezioni che al giorno d'oggi risultano tutt'altro che discutibili. Tralasciando l'IA dei nemici deficitaria, che come "il tamarro è sempre in voga, perché non è di moda, mai", non si può transigere sulla ripetitività dell'azione di gioco, scandita da ritmi blandi che hanno una pessima azione soporifera sul fruitore del titolo. Le cause sono in parte dovute alle dinamiche del gameplay che, oramai viste e riviste (e proposte in forma migliore) non riescono a calamitare l'attenzione e a generare divertimento, quasi a dimostrazione che siamo giocatori troppo navigati e quello che ci viene servito è un pasto riscaldato fin troppe volte.
Rimane però difficile rimanere seri e concentrati dinnanzi alle contrazioni degli arti dei cadaveri, che cadendo a terra riescono a improvvisare qualsiasi movenza tranne alcuna che abbia a che vedere con qualcosa di realistico. Più che ragdoll, si potrebbe parlare di marionette a cui sono stati tagliati i fili, ma una visione più oculata porterebbe a notare come neanche a quest'ultime riuscirebbero tanti contorsionismi. Non è il peggio: graficamente WWZ non è certo una gioia per gli occhi, e il senso di angoscia e degrado che dovrebbe trasparire dal background ci viene offerto invece, in misura maggiore, da una realizzazione tecnica superficiale. Texture ripetitive, modelli poligonali poco convincenti e animazioni dei nemici altalenanti sono solo alcune delle superficialità che i programmatori si sono concessi, come l'idea di togliere le musiche di sottofondo che avrebbero ipoteticamente distratto il giocatore. In conclusione, la ripetitività dell'azione di gioco, l'IA dei nemici deficitaria nonché alcune situazioni proposte non troppo esaltanti, portano a considerare questo Ironstorm come un indegno rivale rispetto al marasma di fps che invade il mercato.
Nell'improbabile scenario storico del continuo della prima guerra mondiale, inoltratasi per oltre un cinquantennio, la Rebellion pone le basi del suo ultimo pargolo che corrisponde al nome di World War Zero: Ironstorm. Se un pizzico di familiarità vi ha accompagnato nella lettura del titolo, è perché la versione PC risale al 2002 e questa che stiamo trattando non è altro che una conversione diretta di un titolo di cui, scusate la schiettezza, pochi hanno aspettato con trepidazione il porting su console.
Dinnanzi a noi si staglia un panorama quasi dantesco. Non tanto per atmosfere dai toni truci tipici del periodo in questione (lo scenario storico è stato modificato in un'ottica tutt'altro che ottimistica), quanto per il vento di morte che aleggia e noi, inerti, che vediamo i nostri compagni saltare in aria, in una tempesta di piombo che colpisce a caso (a caso...) qualsiasi povero malcapitato si trovi sprovvisto di ombrello. La pace nel mondo è, purtroppo, un lontano ricordo e noi, un uomo solo contro tutti, dovremo salvare per l'ennesima volta il pianeta. Per fortuna ci viene subito in aiuto l'allegra concessione dei programmatori, gentilissimi nel settare in automatico la mira, che sovente indirizzerà agli arti o alla testa dei nemici la nostra potente arma, che un millisecondo prima era puntata verso un muro lontano. Soddisfatti i casual gamer, insoddisfatti i pignoli che pur potendo cambiare il settaggio, noteranno come colpire un avversario alla gamba o al busto sia totalmente irrilevante, nonché alla nuca pur avendo scaricato addosso al povero malcapitato, anzi, fortunato malcapitato, dieci kg di piombo. Problemi non da poco.
Nel titolo Rebellion il giocatore prende congedo da tutte le pratiche apprezzate nei vari tactical shooter usciti negli ultimi mesi, per concentrarsi su una meccanica di gioco lineare: WWZ riprende la concezione dell'fps classico vecchia scuola dove al giocatore è demandato il compito di uccidere chiunque gli si pari davanti e di portare a termine determinati obiettivi, attinenti alla situazione e atti a fargli percorrere miglia e miglia di texture ripetitive e scarsamente curate. In questo contesto giocano un ruolo fondamentale ai fini del divertimento ludico notevoli fattori: l'IA dei nemici, il design e la conformazione dei livelli, le situazioni proposte e così via discorrendo. E qua, purtroppo, il gioco mostra il fianco a numerose lacune che ne inficiano il giudizio globale.
Difatti il classico, stereotipato, inflazionato, puro e semplice fps si ammanta di piccoli difettucci che dal rango di "prodotto che propone la solita pappardella e nulla più", lo ridimensionano a quello di "prodotto che propone le stesse cose di tanti altri titoli, ma peggio". Un appellativo che non gli fa certo onore. L'essenzialità del suo gameplay, quindi, che non si esaurisce dopo le prime missioni ma si protrae per tutta la durata del gioco, lascia ben visibili alcune imperfezioni che al giorno d'oggi risultano tutt'altro che discutibili. Tralasciando l'IA dei nemici deficitaria, che come "il tamarro è sempre in voga, perché non è di moda, mai", non si può transigere sulla ripetitività dell'azione di gioco, scandita da ritmi blandi che hanno una pessima azione soporifera sul fruitore del titolo. Le cause sono in parte dovute alle dinamiche del gameplay che, oramai viste e riviste (e proposte in forma migliore) non riescono a calamitare l'attenzione e a generare divertimento, quasi a dimostrazione che siamo giocatori troppo navigati e quello che ci viene servito è un pasto riscaldato fin troppe volte.
Rimane però difficile rimanere seri e concentrati dinnanzi alle contrazioni degli arti dei cadaveri, che cadendo a terra riescono a improvvisare qualsiasi movenza tranne alcuna che abbia a che vedere con qualcosa di realistico. Più che ragdoll, si potrebbe parlare di marionette a cui sono stati tagliati i fili, ma una visione più oculata porterebbe a notare come neanche a quest'ultime riuscirebbero tanti contorsionismi. Non è il peggio: graficamente WWZ non è certo una gioia per gli occhi, e il senso di angoscia e degrado che dovrebbe trasparire dal background ci viene offerto invece, in misura maggiore, da una realizzazione tecnica superficiale. Texture ripetitive, modelli poligonali poco convincenti e animazioni dei nemici altalenanti sono solo alcune delle superficialità che i programmatori si sono concessi, come l'idea di togliere le musiche di sottofondo che avrebbero ipoteticamente distratto il giocatore. In conclusione, la ripetitività dell'azione di gioco, l'IA dei nemici deficitaria nonché alcune situazioni proposte non troppo esaltanti, portano a considerare questo Ironstorm come un indegno rivale rispetto al marasma di fps che invade il mercato.