Xenosaga Episode II
di
Per "Der Wille Zur Macht" la denominazione di "film interattivo" non sarebbe inappropriata, tanti erano i filmati presenti nel corso dell'avventura di Kos-Mos e Shion Uzuki e tanto essi si dilungavano. Certamente una simile nomea ha valenza negativa perché sacrifica, nel medium videogioco, ore di gioco per ore di video. Sul piano del contenitore, Episode I non era comunque privo di alcuni aspetti positivi, figli, ad esempio, di una trama intricata e per certi versi intrigante (come solo chi ha sviluppato Xenogears poteva concepire), di una colonna sonora firmata Yasunori Mitsuda e di un character design frutto della mai troppo lodata mente di Tanaka-san. Il grande difetto risiedeva insomma nella mancata armonia fra scelte effettuate dai narratori ed azione concessa al giocatore: una cesura, quest'ultima, invero sempre latente nell'universo dei videogiochi, ma fin troppo accentuata, è innegabile, da parte dei Monolith Software.
Fatto sta che, mentre oggigiorno già si intravedono le immagini del terzo Xenosaga (con immancabile sottotitolo d'ispirazione nitzschiana: "Also Spracht Zarathustra"), il vecchio continente si accontenta di ospitare il secondo capitolo dopo aver "rinunciato" a suo tempo al primo.
Di "Der Wille Zur Macht", lo splendido cofanetto pal di "Jenseits von Gut und Bose" offre sì un sunto formato filmato dalla durata di più ore ma non un rimedio effettivo ad un'esperienza complessiva, quella finale, che potrebbe risultare per taluni utenti come "mutilata". A questo limite non indifferente si aggiunga la mancata traduzione italiana, lacuna per alcuni benigna (l'inglese proposto è ottimo e la cura delle localizzazioni nostrane non sempre all'altezza), ma per altri, specificatamente i giocatori monolingua, assolutamente fastidiosa.
Ora i pentagrammi di Episode II sono stati affidati non a Mitsuda ma a due "nuovi" nomi: Kajiura (già compositrice per .hack//Sign) e Hosoe. Sebbene non convincano affatto i pezzi in salsa tecno atti ad accompagnare il giocatore nelle sessioni per così dire "tranquille" (ossia quelle di perlustrazione delle aree di gioco e delle discussioni mondane), colpiscono senz'altro, merito degli archi, quelli posti nei momenti più salienti della narrazione (dunque nei filmati ad alto tasso scenico). Nulla da eccepire, d'altro canto, sul pregevole parlato inglese che pure ha sostituito vecchie voci con nuove.
Visivamente è invece impossibile non notare tanto il cambio insorto nel character design, adesso meno anime e più verosimile (in tal senso le metamorfosi di Shion e di KOS-MOS sono illuminanti), quanto la non troppa abbondanza di terreni da virtua-calcare. Questi peccano (paragonati ai capisaldi del genere e non solo) soprattutto per la disarmante linearità, poi per la loro esigua somma aritmetica (pur essendo spesso piacevoli alla vista, beninteso: durante il viaggio nel subconscio di MOMO o nelle visite ad Old-Miltia, ad esempio, non mancano panorami naturali -estivi ed invernali-, scorci tramontali ed altri battuti dalla pioggia).
Se parte di quanto appena descritto dipende anche dai singoli gusti, più apprezzabile "universalmente" dagli estimatori del gioco di ruolo giapponese risulterà forse l'evoluzione in chiave strategica del sistema di combattimenti.
Le belligeranze non sono mai troppo rapide (sfiorando anzi i venti minuti per quei boss che si fregiano di decine di migliaia di HP) ed offrono sovente un buon fattore sfida, dovuto all'importanza delle "zone" negli scontri condotti "a piedi" (si vedrà a breve il motivo di tale precisazione). L'attacco portato ai danni del nemico è infatti differente se compiuto ad alta, media o bassa altezza (rispettivamente zona A, zona B e zona C). I tasti utilizzabili per l'offesa sono di bel nuovo cerchio, quadrato e triangolo; è possibile combinarli, preservare per un turno energia al fine di ampliare le combo, subentrare nel turno altrui qualora concesso, effettuare attacchi combinati e sostituire a piacimento un personaggio del party con una delle "riserve". Non tutti i personaggi, peraltro, possono attaccare in tutte le zone, cosicché la loro alternanza è cosa buona, giusta e delle volte vitale.
Laddove i punti esperienza accumulati consentiranno un graduale level up, i Class Points e gli Skill Points sbloccheranno i primi le classi di magie, i secondi le tecniche ed i bonus interni alle classi stesse (conferendo di fatto un'ampia libertà per quanto concerne la differenziazione ludica del pary). Menzione a parte, infine, va e agli enigmi proposti (senza nessuna lode e senza troppa infamia) e ai combattimenti a bordo degli E.S. (i mech sostituenti gli Anti Gnosis Weapon System di Episode I) .
Ognuno degli E.S. può ospitare al suo interno due piloti ed essi vengono utilizzati in momenti prefissati dal codice e non già dal giocatore (a giudicare dai risultati deludenti degli AGWS è questa una scelta più che saggia).
Nonostante tutto, obbiettivo di Monolith Software, piaccia o meno, rimane sempre quello di raccontare; ed ecco che il substrato narrativo di "Jenseits von Gut und Bose" non si distacca da quello con cui i creativi (ora sotto egida Namco) si sono resi celebri (né manca, per quanto non abissale come in "Der Wille Zur Macht", quella disarmonia accennata ad apertura di recensione).
Il gioco presenta pertanto una miscellanea di citazioni misticheggianti (si ha la sensazione che alcune di esse vengano poste giusto per stupire chissà chi) ed una serie di ritratti che partono dalla tragedia fino ad arrivare alla pura follia (Albedo presente).
Il primo dvd si sofferma sul rapporto fra Rubedo (alias Jr.), Negredo (ossia Gaignum) ed Albedo quando ancora erano giovani cloni del dottor Yuriev e quando fecero conoscenza di Sakura (figlia di quel dr. Mizrahi accusato di aver scatenato sul cosmo il fardello dei Gnosis). Un viaggio nel subconscio di MOMO, la giovane realian creata proprio ad immagine di Sakura, farà luce su non pochi dubbi amletici sollevati dal prequel.
Nel secondo dvd, invece, la storia riprende la strada maestra imbastendo nuovi interrogativi, trattando delle vicende per così dire generali ed avanzando fra uno scontro e l'altro verso il (momentaneo) epilogo.
Alcuni fruitori sottolineeranno la bravura degli addetti ai lavori nel tratteggiare quel rapporto contorto che intercorre fra Realian ed esseri umani in questo melanconico futuro di fantasia (si pensi alle sorelle di Febronia); altri citeranno ed elogeranno su tutto gli intrecci fra i vari personaggi (si veda Jin Uzuki: fratello di Shion, nemico di Margulis, inatteso conoscente -da ben quattordici anni- di kaos e di Canaan e chi più ne ha più ne metta). Ma tal altri potrebbero parimenti affermare come ad un "eccesso di esposizione" sia sempre preferibile, e di gran lunga, un mondo fittizio più "vivo", più giocabile, più esteso e più esplorabile (non importa poi se afflitto da mali ed angosce di qual che sia entità; se universo, continente, isola, singolo pianeta o federazione stellare). Per il futuro, reale ed immediato (e cioè per Episode III), chi scrive spera pertanto che una maggiore dose di esplorazione, staccata s'intende dai vincoli della linearità, possa avvicinare Xenosaga verso quell'evoluzione ludica che il genere sta nobilmente abbracciando per mezzo di alcuni dei suoi più autentici paradigmi.
Fatto sta che, mentre oggigiorno già si intravedono le immagini del terzo Xenosaga (con immancabile sottotitolo d'ispirazione nitzschiana: "Also Spracht Zarathustra"), il vecchio continente si accontenta di ospitare il secondo capitolo dopo aver "rinunciato" a suo tempo al primo.
Di "Der Wille Zur Macht", lo splendido cofanetto pal di "Jenseits von Gut und Bose" offre sì un sunto formato filmato dalla durata di più ore ma non un rimedio effettivo ad un'esperienza complessiva, quella finale, che potrebbe risultare per taluni utenti come "mutilata". A questo limite non indifferente si aggiunga la mancata traduzione italiana, lacuna per alcuni benigna (l'inglese proposto è ottimo e la cura delle localizzazioni nostrane non sempre all'altezza), ma per altri, specificatamente i giocatori monolingua, assolutamente fastidiosa.
Ora i pentagrammi di Episode II sono stati affidati non a Mitsuda ma a due "nuovi" nomi: Kajiura (già compositrice per .hack//Sign) e Hosoe. Sebbene non convincano affatto i pezzi in salsa tecno atti ad accompagnare il giocatore nelle sessioni per così dire "tranquille" (ossia quelle di perlustrazione delle aree di gioco e delle discussioni mondane), colpiscono senz'altro, merito degli archi, quelli posti nei momenti più salienti della narrazione (dunque nei filmati ad alto tasso scenico). Nulla da eccepire, d'altro canto, sul pregevole parlato inglese che pure ha sostituito vecchie voci con nuove.
Visivamente è invece impossibile non notare tanto il cambio insorto nel character design, adesso meno anime e più verosimile (in tal senso le metamorfosi di Shion e di KOS-MOS sono illuminanti), quanto la non troppa abbondanza di terreni da virtua-calcare. Questi peccano (paragonati ai capisaldi del genere e non solo) soprattutto per la disarmante linearità, poi per la loro esigua somma aritmetica (pur essendo spesso piacevoli alla vista, beninteso: durante il viaggio nel subconscio di MOMO o nelle visite ad Old-Miltia, ad esempio, non mancano panorami naturali -estivi ed invernali-, scorci tramontali ed altri battuti dalla pioggia).
Se parte di quanto appena descritto dipende anche dai singoli gusti, più apprezzabile "universalmente" dagli estimatori del gioco di ruolo giapponese risulterà forse l'evoluzione in chiave strategica del sistema di combattimenti.
Le belligeranze non sono mai troppo rapide (sfiorando anzi i venti minuti per quei boss che si fregiano di decine di migliaia di HP) ed offrono sovente un buon fattore sfida, dovuto all'importanza delle "zone" negli scontri condotti "a piedi" (si vedrà a breve il motivo di tale precisazione). L'attacco portato ai danni del nemico è infatti differente se compiuto ad alta, media o bassa altezza (rispettivamente zona A, zona B e zona C). I tasti utilizzabili per l'offesa sono di bel nuovo cerchio, quadrato e triangolo; è possibile combinarli, preservare per un turno energia al fine di ampliare le combo, subentrare nel turno altrui qualora concesso, effettuare attacchi combinati e sostituire a piacimento un personaggio del party con una delle "riserve". Non tutti i personaggi, peraltro, possono attaccare in tutte le zone, cosicché la loro alternanza è cosa buona, giusta e delle volte vitale.
Laddove i punti esperienza accumulati consentiranno un graduale level up, i Class Points e gli Skill Points sbloccheranno i primi le classi di magie, i secondi le tecniche ed i bonus interni alle classi stesse (conferendo di fatto un'ampia libertà per quanto concerne la differenziazione ludica del pary). Menzione a parte, infine, va e agli enigmi proposti (senza nessuna lode e senza troppa infamia) e ai combattimenti a bordo degli E.S. (i mech sostituenti gli Anti Gnosis Weapon System di Episode I) .
Ognuno degli E.S. può ospitare al suo interno due piloti ed essi vengono utilizzati in momenti prefissati dal codice e non già dal giocatore (a giudicare dai risultati deludenti degli AGWS è questa una scelta più che saggia).
Nonostante tutto, obbiettivo di Monolith Software, piaccia o meno, rimane sempre quello di raccontare; ed ecco che il substrato narrativo di "Jenseits von Gut und Bose" non si distacca da quello con cui i creativi (ora sotto egida Namco) si sono resi celebri (né manca, per quanto non abissale come in "Der Wille Zur Macht", quella disarmonia accennata ad apertura di recensione).
Il gioco presenta pertanto una miscellanea di citazioni misticheggianti (si ha la sensazione che alcune di esse vengano poste giusto per stupire chissà chi) ed una serie di ritratti che partono dalla tragedia fino ad arrivare alla pura follia (Albedo presente).
Il primo dvd si sofferma sul rapporto fra Rubedo (alias Jr.), Negredo (ossia Gaignum) ed Albedo quando ancora erano giovani cloni del dottor Yuriev e quando fecero conoscenza di Sakura (figlia di quel dr. Mizrahi accusato di aver scatenato sul cosmo il fardello dei Gnosis). Un viaggio nel subconscio di MOMO, la giovane realian creata proprio ad immagine di Sakura, farà luce su non pochi dubbi amletici sollevati dal prequel.
Nel secondo dvd, invece, la storia riprende la strada maestra imbastendo nuovi interrogativi, trattando delle vicende per così dire generali ed avanzando fra uno scontro e l'altro verso il (momentaneo) epilogo.
Alcuni fruitori sottolineeranno la bravura degli addetti ai lavori nel tratteggiare quel rapporto contorto che intercorre fra Realian ed esseri umani in questo melanconico futuro di fantasia (si pensi alle sorelle di Febronia); altri citeranno ed elogeranno su tutto gli intrecci fra i vari personaggi (si veda Jin Uzuki: fratello di Shion, nemico di Margulis, inatteso conoscente -da ben quattordici anni- di kaos e di Canaan e chi più ne ha più ne metta). Ma tal altri potrebbero parimenti affermare come ad un "eccesso di esposizione" sia sempre preferibile, e di gran lunga, un mondo fittizio più "vivo", più giocabile, più esteso e più esplorabile (non importa poi se afflitto da mali ed angosce di qual che sia entità; se universo, continente, isola, singolo pianeta o federazione stellare). Per il futuro, reale ed immediato (e cioè per Episode III), chi scrive spera pertanto che una maggiore dose di esplorazione, staccata s'intende dai vincoli della linearità, possa avvicinare Xenosaga verso quell'evoluzione ludica che il genere sta nobilmente abbracciando per mezzo di alcuni dei suoi più autentici paradigmi.