Gli Anelli del Potere raccoglie il testimone della Trilogia e tenta un’impresa mai vista: la recensione in anteprima
Prime Video non risparmia mezzi e ambizioni per tentare di vincere la sfida quasi impossibile di raccogliere e mettere a frutto l’eredità della Trilogia di Peter Jackson. Le premesse sono impressionanti, ma è tanta la strada da fare.
Disclaimer - Questa recensione è redatta sulla base dei primi due episodi della prima stagione
Nothing is evil in the beginning, in principio non esiste la malvagità: lo sostiene una giovanissima Galadriel nell’episodio pilota di Gli anelli del Potere, serie circondata da tantissime aspettative e perplessità. È davvero possibile raccogliere l’enorme eredità della trilogia cinematografica de Il signore degli anelli a vent’anni dalla sua uscita, in un contesto mediatico completamente rivoluzionato, senza una fonte tolkeniana altrettanto forte e coerente e per giunta in formato seriale?
Il dubbio permane, ma dopo aver visto due episodi della serie si può ben dire che Amazon non abbia risparmiato energie e mezzi. Già i numeri tradivano l’importanza capitale dell’operazione, anche per un colosso dell’e-commerce e dello streaming come Prime Video. 250 milioni di dollari stanziati nel solo 2017 per acquisire i diritti della saga tolkeniana de Il signore degli anelli, 1 miliardo di dollari investito per creare un ciclo narrativo di cinque stagioni collegato narrativamente, anche se alla lontana, con la trilogia originale.
Quasi come un film: Gli Anelli del Potere è un’opera ambiziosissima
Un impegno che si traduce in una serie che sin dalle sue prime battute ambisce a essere un grande film diviso in episodi, ma con una forte continuità narrativa. In altre parole, Gli Anelli del Potere ha pochissimo dell’appuntamento cadenzato di una serie e viene gestito come un film. La sua lunga linea temporale e narrativa prosegue senza pause e sottostrutture episodiche, trasportandoci dentro e fuori la Terra di Mezzo nel pieno della Seconda era, migliaia e migliaia di anni prima dell’inizio delle avventure di Bilbo Baggins né Lo hobbit e di suo nipote Frodo né Il signore degli anelli.
Il dispiegamento di mezzi è tale che forse per goderselo davvero bisognerebbe vederlo su grande schermo, come ha fatto chi vi scrive. Il consiglio è quello di prendersi un momento dedicato e di vederlo sul miglior impianto e schermo a disposizione. Gli Anelli del Potere infatti, stilisticamente, ha davvero molto da offrire.
L’approccio è quello di lavorare in continuità estetica e scenografica con la trilogia di Jackson, immaginando un mondo primigenio e antico da cui poi discenda quello dei tre film. La serie riesce a essere visivamente coerente - è costretta a farlo, dovendo tornare su molti “luoghi del delitto” - senza però dare l’impressione di non avere una propria identità. Anche musicalmente le suggestioni sono quelle dell’imponente opera sinfonica di Howard Shore, con una colonna sonora di alto livello; un altro particolare che per qualità e gestione avvicina questa serie a un film.
Sul fronte visivo, i primi due episodi della prima stagione attraversano già una miriade di ambienti e paesaggi, riuscendo nella non semplice impresa di dare l’impressione che si trovino in un mondo sconfinato ma unico. Pur avendo come protagonista Galadriel, Gli Anelli del Potere presenta infatti un cast numeroso ed è a tutti gli effetti un racconto corale, con almeno cinque linee narrative che si alternano. Questo spiega perché due episodi sono appena sufficienti per oltrepassare il livello introduttivo di presentazione dei personaggi. La scrittura però è molto accorta e inietta continue avventure e misteri nella narrazione, persino qualche occhiolino a chi ben ricorda gli eventi della trilogia. Il risultato è un lento ma sostenuto crescendo corale verso quella che vuole essere una grande serie…e che ha tutte le carte in regola per riuscire nell’impresa.
Il ritorno di Galadriel ed Elrond
Prime Video è ben attenta ad evitare che la sua preziosa creatura venga percepita solo come un epigono tardivo della trilogia cinematografica di Jackson. Gli Anelli del Potere si muove dunque con grande discrezione, richiamandone le atmosfere ma dando già il via a un lento lavorio per creare una propria personalità, un’identità poco seriale ma molto ben definita.
Si temeva molto, alla vigilia, che il mutato clima sociale ed economico influisse sulla Terra di Mezzo, piegandola al tanto vituperato “politically correct” e snaturando l’impostazione dettata dai film. A onor del vero chi ha buona memoria ricorderà che a inizio 2000 Peter Jackson venne accusato dai puristi tolkeniani dello stesso peccato. Uno degli aspetti più riusciti della serie Prime Video è quello di riuscire ad azzeccare quel tono mitologico, da racconto epico senza tempo, che aveva fatto la fortuna dell’adattamento curato da Peter Jackson. Questo a costo di risultare ogni tanto ingessato e prevedibile in alcuni passaggi narrativi cruciali, specie per quanto riguarda la protagonista.
Galadriel e l’amico Elrond sono il legame più forte con il passato e al contempo la spia più evidente di cosa sia cambiato da allora ad oggi. Morfydd Clark interpreta una Galadriel spigolosa e impetuosa, una guerriera ancora lontana dal ruolo istituzionale che le abbiamo visto interpretare millenni più tardi. La sua Galadriel non esita a sguainare la spada e ad agire, ma stupisce soprattutto per la sua ambiguità. Non è una donna di potere che sa sottilmente elidere e alludere significati e desideri nelle sue misurate parole, bensì una giovane elfa in apparenza fredda e rigida, in realtà consumata dal desiderio di tenere federe a una promessa e sgominare per sempre il male dalla Terra di Mezzo. Tuttavia, già nei due episodi introduttivi, viene sapientemente suggerito come Galadriel sia così ostinata e ossessiva da poter essere quell’involontario “vento che mantiene viva la fiamma del Male quando sembra sgominato”. Su Galadriel c’è continiamente un’ombra che impedisce di fare un’eroina senza macchia e senza dubbi. Uno sviluppo affascinante, che aiutare a rendere interessante un personaggio eroico e cui scelte sono per forza di cose in molti casi già scritte.
Meno evidente la direzione che prenderà il personaggio del giovane Elrond, che a differenza di Galadriel ha abilità sociali e politiche decisamente più sviluppate, unite però a una giovinezza entusiasta e ambiziosa. Cynthia Addai-Robinson interpreta un personaggio con un passato già ricco che scopriamo a poco a poco e alcune fallacità caratteriali che già s’indovinano e promettono di complicare e arricchire il suo rapporto con Galadriel, con i Nani e con gli Uomini.
Meno entusiasmanti, almeno in queste fasi iniziali, le linee temporali riguardanti i Pelopiedi (i proto Hobbit) e gli Elfi silvani di guardia ai confini del mondo degli uomini. Personaggi nuovi e ancora tutti da decifrare hanno ancora poco da dire allo spettatore. Per questo in queste linee narrative vengono inseriti importanti collegamenti con il cattivo più atteso, Sauron, più altri misteri di importante rilevanza, in attesa di sviluppare al Meglio anche questa parte del racconto.