Recensione Loki: Disney rischia ma per ora il risultato è stellare
Stavolta Marvel non risparmia l'ambizione, con una serie che esplora il dietro le quinte temporale del MCU e il mondo interiore di uno dei suoi personaggi più amati.
Nessun cattivo è del tutto cattivo e nessuna persona buona è totalmente buona: suona come un frase fatta (lo è), ma se a pronunciarla è il Dio dell'inganno Loki all'interno dello show a lui dedicato, può assumere sfumature rare nell'universo Marvel. Quelle dell'ambiguità morale, di un mondo complesso in cui nessuna risposta è mai davvero giusta e nessuna azione ha conseguenze del tutto controllabili. Alla luce dei primi due episodi forniti in anteprima alla stampa, non posso che consigliare a tutti la visione Loki: agli appassionati dell'universo Marvel e anche a coloro che amano il genere fantascientifico e i prodotti seriali che funzionano come rompicapi. Loki infatti si sviluppa a partire da uno dei topoi fantascientifici più popolari e potenzialmente sofisticati di sempre, esplorando sin da subito la complessità innata che il concetto di viaggio nel tempo porta con sé.
Da dio a gattino: la (psico)analisi di Loki
Come anticipato in Endgame, una versione di Loki pre-Thanos (ancora cattiva, ancora non toccata da lutti e ancora ostile verso il fratello Thor) riesce a fuggire con il Tesseract, salvo poi finire nelle mani della TVA. La Time Variant Authority si occupa di preservare la stabilità di una sacra linea temporale, rispetto a cui Loki è diventato una pericolosa Variante da cancellare.
Un impiegato della TVA Mobius M. Mobius (Clive Owen) convince però i misteriosi piani alti della TVA a risparmiare momentaneamente questo Loki, per dare la caccia a una Variante ancora più pericolosa e imprendibile. Mobius non è uno sciocco anzi: ha passato la vita a inseguire varianti dannose di Loki, ne conosce l'immaturità e le sofferenze sue e di una serie di mondi ormai scomparsi. Vuole dargli una nuova chance o manipolarlo emotivamente? Per la prima volta Loki si trova a doversi muovere in un contesto in cui, nonostante divinità e poteri, è poco più di un "piccolo gattino".
La fantascientifica burocrazia della TVA
Si respira aria di fantascienza d'antan alla Dick o Ballard, si fanno discorsi complessi e ambiziosi sin da subito, aspettandosi da Loki e dallo spettatore attenzione e intelligenza. Loki è affascinato e irritato dal presupposto stesso della TVA, che fa apparire le gesta degli Avengers come giochi nel recinto di sabbia della scuola materna: esiste davvero il libero arbitrio in una linea temporale in cui ognuno ha un compito e un percorso stabilito? Chi stabilisce cosa farà parte della linea temporale, perché? Quando i continui interventi per porre fine alle devianze (gli eventi Nexus) finiranno?
Gli inganni e i mezzi tradimenti di Loki diventano facezie, mentre a colpire duro (lui e lo spettatore) è la consapevolezza che il suo ruolo sia stato plasmato come quello dell'eterno perdente, del debole che usa la forza e crudeltà per inseguire piani insensati: una pedina posta sullo scacchiere per stimolare il meglio in chi la combatte. Che libertà rimane a un dio nato per stimolare la nascita degli Avengers?
Se la caccia alla Variante in fuga dà alla serie lo sprone necessario, l'aspetto che ho trovato più affascinante in Loki è la costruzione estetica e gerarchica della TVA: lontanissimi dall'esotismo, dal dinamismo e dall'azione tipica dei suoi universi, Marvel costruisce una realtà burocratica fatta di comandi analogici, pedanti cartoni animati educativi, scrivanie colme di dossier, impiegatucci nei loro cuboli e montagne, montagne e montagne di carta. La TVA è l'immagine vivente della burocrazia più polverosa, ma anche un luogo in cui fotocopie e report vengono tenuti al loro posto usando come fermacarte le Gemme dell'Infinito.
Loki è una mossa pericolosissima per Marvel
Potenzialmente Loki è una serie pericolosissima. Già nel primo episodio arriva a banalizzare oggetti e azioni che finora erano il culmine della magnitudo del MCU: Thanos appare minaccio quanto una formica nel complesso piano degli eventi orchestrato dalla TVA. Tuttavia è anche un titolo Marvel che pone lo spettatore allo stesso livello di Loki: intelligente sì, ma prono a saltare a facili conclusioni e circondato da ambiguità morali a cui è difficile dare la risposta.
Se Tom Hiddleston ormai va col pilota automatico (anche se ogni tanto risulta un po' troppo consapevole del ruolo) Clive Owen nel ruolo di Mobius M. Mobius è davvero stellare. Così come la produzione: le scenografie di questa serie creano istantamente uno scenario retrofuturistico d'effetto, un Mad Men che incontra la fantascienza, strizza l'occhio agli Watchmen di Moore e Snyder e prende l'uscita di Maniac (una serie con un simile sviluppo estetico e altrettanta ambizione).
La speranza è che Marvel non si getti sul facile complotto o sulla banalizzazione di queste premesse per una volta molto adulte, molto complesse, molto stratificate. La speranza è che a Loki e al suo show venga data la possibilità di rimanere un dietro le quinte dove osare farsi le Grandi Domande senza dover necessariamente rifugiarsi in rassicuranti risposte.
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Redazione