Le streghe di Agatha All Along sono deliziosamente dark, queer ma sottopagate: prime impressioni sulla miniserie Marvel
Potranno le battute al vetriolo e le atmosfere spooky (e spoof) di Agatha All Along salvare Marvel dal dalla sua parabola discendente? Qualche impressione sulla miniserie Agatha All Along.
Quando il gioco si fa duro e ingrato, al solito, tocca alle donne scendere in campo e tentare di salvare la baracca. È quello che fa Agatha All Along, nuove miniserie dell’universo MCU chiamata a tentare di invertire la rotta dell’universo Marvel, che in poco più di 12 mesi è precipitato in caduta libera di consensi e interesse da parte del pubblico.
La strega Agatha Harkness dunque arriva come spin-off di quella che rimane la miniserie MCU più riuscita di sempre(WandaVision), dopo essersi sudata un posto da solista, in un momento in cui gli analisti di mercato e i sondaggisti di professione direbbero che il sentiment rispetto all’universo eroistico è alquanto negativo, con rarissime eccezioni.
Il tempismo quindi non è dei migliori, anche se ovviamente, calando su Disney+ sul finire di settembre con 9 episodi caricati su piattaforma a cadenza settimanale, Agatha All Along si avvantaggerà sicuramente della voglia di molti di vedere qualcosa dalle atmosfere sinistre e stregonesche in piena stagione di Halloween.
Le insidie però sono parecchie. Oltre al momento di vacche magre e scarsi consensi, Agatha All Along affronta un’altra sfida difficile: ha infatti per protagonista un personaggio che si è fatto amare come villain deliziosamente crudele.Solitamente quando gli antagonisti Marvel si conquistano uno spazio per sé, diventando protagonisti, vengono invariabilmente trasformati in anti-eroi mai veramente cattivi. Non sono cattivo, è che ho un passato traumatico alle spalle, in sintesi. Il bello di Agatha, la ragione per cui si è guadagnata una serie tutta per sé, sta proprio nel fatto che l’abbiamo conosciuta come diabolica, crudele e deliziata dall’esserlo, a spese di un personaggio potente e vendicativo come Wanda Maximoff.
Preceduta da una campagna promozionale che ha promesso una congrega di streghe, molti numeri musicali e la stessa natura citazionista in campo televisivo e cinematografico della serie madre, Agatha All Along saprà esserne all’altezza?
Agatha All Along osa più del solito, ma andrà fino in fondo?
Alla luce di quanto visto nei primi 4 episodi della serie, Agatha All Along ha davvero qualcosa in più, che è mancato alle ultime serie MCU. Lo si capisce sin dall’avvio, una sorta di episodio speciale che fa da pinte tra l’impostazione di WandaVision e quella della sua serie spin-off. Agatha (una Kathryn Hahn sempre convinta e divertita dalla parte) si ritrova a venire pagata con la sua stessa moneta e noi di godiamo un altro omaggio/caricatura di un genere seriale molto, molto amato.
In avvio vengono introdotti due personaggi chiave per la storia: Teen (Joe Locke), un ragazzino appassionato di stregoneria che non è consapevole di essere influenzato da un incantesimo e Rio Vidal (una Aubrey Plaza ancor più velenosa del solito), prima di una lunga lista di personaggi che hanno dei conti in sospeso con Agatha. Dopo gli eventi di WandaVision e Doctor Strange 2, la ritroviamo in una situazione d’inedita debolezza, ma decisa a riscalare le gerarchie del mondo magico Marvel, tornando agli antichi fasti.
Dovrà però sopravvivere ai suoi nemici e fare squadra con una serie d’improbabili alleate. Per ritornare al pieno della sua forma magica infatti dovrà percorrere la Strada delle streghe, una sorta di mondo magico che può essere affrontato solo da una congrega che riunisca diversi tipi di arti magiche. Il viaggio è pericoloso e irto di prove, ma chi arriva in fondo al sentiero potrà vedere realizzati i suoi desideri.
La struttura dunque è presto detta: la Strada delle streghe mette Agatha e le sue compari di fronte a strane dimore “a tema” in cui dovranno testare le loro abilità. È un’ottima scusa per cambiare il mood di ogni episodio, ricorrendo al citazionismo in ambito stregonesco, horror ma anche culturale: c’è la casa delle patinate casalinghe disperate e quella del rock psichedelico anni ‘70, per fare due esempi. Un po' attrazione di Disneyland, un po' escape room, un po' commedia.
Agatha All Along: cosa convince e cosa no
Ciò che convince è soprattutto il tono. La showrunner Jac Schaeffer è riuscita in qualche modo a spuntare da Disney la possibilità di avere una storia un po’ più adulta, un po’ più tagliente, con molto più che qualche allusione lungo la strada. Siamo comunque nel novero di una storia la cui morale costruttiva è “l’unione fa la forza”, sotto la bandiera della solidarietà femminile. Agatha comunque strappa il primo “bitches!” della storia del MCU, approfittando dell’assonanza con witches, streghe.
La sua relazione con Rio è forse la più intrigante presentata nella prima parte di stagione. Vuoi perché entrambe le attrici hanno un che di spigoloso e abrasivo e insieme fanno scintille. Mentre combattono e irradiano un sex appeal che fa molto più che alludere a un passato burrascoso (e hot) tra le due. Molto più rassicurante, ma comunque divertente, il duetto con la star di Heartstopper Joe Locke. Il suo teen è chiaramente il colpo di scena dall’identità segreta pronto ad esplodere.
Quello che invece funziona meno è dato da un budget che da una parte consente una certa ricercatezza produttiva- vedi i costumi ricchissimi di dettagli e carattere, vedi la volontà di puntare su un look vecchio stile con props fatti di materia reale e non virtuale - dall’altro lascia a piedi la serie nei momenti peggiori.
Per fare un esempio, senza anticipazioni sulla trama. Durante la visione del terzo episodio per esempio seguiamo Agatha e socie durante una prova complicata, ma la magia (appunto) si rompe quando constatiamo che stiamo fissando un gruppo di ottime attrici che dicono parole a caso fissando intensamente un lavandino per minuti e minuti. È anticlimatico e un po' triste, la rappresentazione televisiva del poter osare ma fino a un certo punto.
WandaVision, puntando alla sitcom e quindi giocandosela negli interni, mascherava meglio questi limiti. Bisognerà poi vedere se la presenza di Patti Lupone e i numerosi numeri musicali si dimostreranno ficcanti come in avvio, quando la serie presenta un inedito davvero orecchiabile.
Disclaimer - questa recensione è stata scritta dopo la visione di quattro nei nove episodi di cui è composta la serie.