American Primeval: recensione della miniserie western di Netflix fra realtà e finzione
Territori incontaminati e cuori corrotti in American Primeval
Su Netflix dal 9 gennaio è disponibile American Primeval, la miniserie western scritta da Mark L. Smith (Revenant - Redivivo) e diretta da Peter Berg (Lone Survivor, Friday Night Lights).
La trama di American Primeval
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Utah, 1857. Mentre il Governatore Brigham Young (reale figura storica) usa il proprio potere per accrescere quello della comunità mormone, inviando il suo braccio destro (non a caso conosciuto come “Wild Bill”) a sporcarsi le mani dove serve, una donna, Sara Rowell (Betty Giplin, The Hunt, Glow), viaggia insieme al figlio Devin (Preston Mota) e cerca aiuto per raggiungere il marito nella lontana Crooked Springs.
Giunta a Fort Bridger, la comunità costruita e gestita da Jim Bridger (Shea Whigham, Lawmen, Perry Mason), Sara incontra il solitario Isaac Reed (Taylor Kitsch, Friday Night Lights), che rifiuta di scortarla. Così Sara si aggrega alla comitiva del mormone Jacob Pratt (Dane DeHaan, The Stranger, The Amazing Spider-Man 2), in viaggio con la moglie Abish (Saura Lightfoot-Leon, The Agency) e altre persone. Ma il loro viaggio verrà sconvolto da un evento terribile…
American Primeval e la realtà: il contesto storico
Il territorio più pericoloso dell’epoca è proprio quello che deve attraversare Sara. Nel 1857, lo Utah era ancora un territorio degli Stati Uniti, non uno Stato indipendente. Era abitato principalmente da mormoni, che vi si erano stabiliti a partire dal 1847 guidati da Brigham Young. Le tensioni con il governo federale crescevano col passare del tempo finché il Presidente degli Stati Uniti James Buchanan decise di inviare le truppe federali nel territorio, dando inizio alla cosiddetta Guerra dello Utah.
La causa principale del conflitto era la pratica della poligamia da parte dei mormoni, vista come immorale dalla società americana dell’epoca. Il Partito Repubblicano aveva fatto della lotta contro la poligamia uno dei suoi punti programmatici nelle elezioni del 1856.
Il conflitto armato fra mormoni e truppe federali iniziò nel maggio del 1857, portando al massacro di Mountain Meadows, in cui furono uccisi oltre 120 coloni, nel settembre di quell’anno.
La situazione dello Utah nel 1857 era quindi caratterizzata da una grave crisi politico-religiosa che portò allo scontro armato con il governo federale, risolvendosi alla fine attraverso trattative diplomatiche.
E poi, naturalmente, c’era la quesitone dei nativi americani, i cosiddetti indiani, le cui varie tribù reclamavano, spesso con la violenza, la terra che veniva loro sottratta sempre più in fretta…
Una storia innestata su un territorio pericoloso
Come dicevamo, il teatro delle vicende era il territorio più pericoloso dell’epoca. Mentre ci racconta la storia di Sara, American Primeval ci immerge nella realtà storica dell’epoca, in un mondo violento e spietato in cui non ci si poteva fidare di nessuno. Cosa che la serie ci racconta anche tramite importanti scelte stilistiche: il western è un genere che ha di solito una fotografia calda, per via dei paesaggi in cui è ambientato. American Primeval sceglie invece di virare sul freddo anche quando la terra gialla e brulla è al centro della narrazione. La scelta di colori spenti, anche quando sono rossi o arancioni, ci restituisce l’idea di un mondo ostile, non accogliente, respingente. In particolare per le donne e gli stranieri.
Al centro della storia s’inserisce un vero massacro, a cui assisteremo impotenti e increduli e che sarà determinante nello sviluppo degli eventi. Mentre le principali tribù indiane della zona - Paiute, Navajo e Shoshone - assumono ruoli differenti, American Primeval ci ricorda quanto sangue sia stato versato per la conquista del territorio da parte dei coloni europei.
Sullo sfondo delle gesta di un Ku Klux Klan allo stato embrionale e di nativi che stringono accordi con l’uomo bianco sapendo di non poterlo sconfiggere, American Primeval ci racconta un pezzo di storia americana ma anche la storia appassionante di un gruppo di personaggi destinati a lasciare il segno.
Chi sa di avere le mani sporche di sangue si preoccupa solo che quel sangue non sia visibile, chiunque è disposto a vendere anche gli amici più cari per denaro e il tradimento è la vera moneta di scambio di una società crudele, violenta e costruita sul mors tua, vita mea.
Un grande western
Il genere western, grazie al successo di Yellowstone e dei suoi prequel 1883 e 1923, è tornato di moda. E ci ricorda come - contemporaneo o no, storicamente realistico o no - i suoi valori siano rimasti gli stessi.
American Primeval li mette al centro, contrapponendoli: da un lato la nascita di un nuovo mondo con territori incontaminati che simboleggiano libertà e possibilità. Dall’altro, l’assenza di rispetto della legge, regole costruite ad hoc a seconda del luogo e della situazione, uomini e donne coraggiosi contrapposti a criminali vili, infidi e spietati.
I nativi che si schierano al fianco dell’invasore massacrano i loro fratelli, ignari del fatto che saranno a loro volta massacrati dall’invasore, una volta ritenuti non più utili.
La legge del taglione regna sovrana in un mondo corrotto in cui solo chi ha studiato e viene da lontano, da posti decisamente più civili, rappresenta una voce fuori dal coro. Come il personaggio del Capitano Dellinger (Lucas Neff, The Handmaid’s Tale), le cui riflessioni ci fanno da voce narrante. Dellinger parla di un mondo privo di pietà e compassione, e basta questo a descrivere il contesto narrativo di American Primeval. Ma andando oltre le apparenze, come nel caso di Isaac - e anche in quello di Sara - si scopre la speranza di un mondo migliore. Ma ci vorrà del tempo. Perché, per ora, in quel mondo si muore soffrendo, nel dolore e nella solitudine.
La bellezza delle terre che lo circondano, di cui scrive il Capitano, è esaltata dai paesaggi prima brulli e poi innevati, prima caldi e poi gelati, che fanno della natura un vero e proprio personaggio, chiamato a determinare il destino degli altri.
Rating: TBA
Nazione: USA
Voto
Redazione
American Primeval
Il mondo di American Primeval è un mondo in cui tutti cercano di fregarti, derubarti, ucciderti. Un mondo in cui tutti vogliono quello che hai, qualsiasi cosa sia. Su Netflix la miniserie scritta da Mark L. Smith e magistralmente diretta da Peter Berg innesta la storia di Bridger, Sara, Isaac, le tribù dei nativi e tanti altri sullo sfondo di un contesto storico reale e di tragici fatti veramente accaduti. Lo Utah del 1957, con la tensione crescente fra mormoni e truppe federali, rappresenta un territorio pericoloso e ostile. In un mondo spietato e crudele, la cui bellezza contrasta con chi lo abita, American Primeval ci regala un grande western, classico ma con un sapore contemporaneo che usa lo storico, proverbiale “senno di poi” in maniera intelligente, per accrescere il nostro legame coi personaggi. Shea Whigham è perfetto, Taylor Kitsch è nel ruolo che gli cambierà la vita.