Cobra Kai la recensione del finale!

Si conclude Cobra Kai, la serie TV cult seguito di Karate Kid: tiriamo le somme di un percorso lungo 7 anni

Cobra Kai la recensione del finale

Cobra Kai: si conclude la storia del nostro dojo preferito!

Quando venne lanciata su YouTube Premium nel 2018, Cobra Kai rischiò di rivelarsi un flop ed effettivamente, complice la poca fortuna della piattaforma ospitante, passò sotto traccia, con buona pace dei due suoi ideatori, Hayden Schlossberg e Jon Hurwitz. Con il 2020, però, arrivò il passaggio a Netflix, colosso dell'intrattenimento in streaming che, in periodo di piena pandemia, aveva bisogno di ampliare il proprio catalogo. Con gran parte della popolazione mondiale rinchiusa in casa, la richiesta di serie TV era al suo massimo e Netflix scelse di puntare, tra gli altri, anche su Cobra Kai. Sin dalla prima messa in onda il successo fu chiaro e immediato: era bastato rendere la serie più fruibile al grande pubblico per avere critica e spettatori unanimemente entusiasti. Il seguito diretto della trilogia di Karate Kid si è meritato rinnovi su rinnovi, tanto da arrivare a una sesta stagione divisa in tre tranche che è da pochissimo disponibile e che abbiamo visto per voi. Eccoci, finalmente, con la recensione rigorosamente “no spoiler” (mi limiterò alla informazioni basiche della trama) del finale di Cobra Kai!

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La trama della stagione 6 di Cobra Kai

Avevamo lasciato i nostri eroi di ritorno da Barcellona, con il torneo mondiale di karate Sekai Taikai annullato a causa della morte di Kwon, atleta del nuovo Cobra Kai di Kreese, ferito accidentalmente dal coltello del suo stesso sensei. Atleti e maestri degli ultimi tre dojo rimasti in lizza per la vittoria finale, Iron Dragon, Cobra Kai e Miyagi-Do, tornano alle rispettive vite, accompagnati dalla delusione per la mancata possibilità di vincere e il dolore per quanto accaduto (chi più, chi meno…) a Kwon, che sarà anche stato simpatico come un riccio nascosto nel proprio kimono, ma sicuramente non meritava una fine tanto tragica. Vi basti sapere che grazie agli sforzi dell’infido Sensei Silver, l'organizzazione del torneo accetterà di riprendere il Sekai Tekai, a patto che tutti i dojo siano d'accordo. Sarà lo stesso Silver a convincere un combattutissimo e moralmente provato sensei LaRusso ad accettare, rassicurato anche dal fatto che potrà scegliere arbitri e luogo del torneo: si torna alla San Fernando Valley, proprio su quel tatami dove più di trent'anni fa tutto era cominciato, grazie al calcio della gru che spezzò i sogni di Johnny Lawrence e diede il via alla fortunata vita di Daniel

Sicuramente in tutti questi anni, Cobra Kai è riuscita a mantenere alto l'interesse dei fan, ma non è un mistero che ci siano stati dei momenti di stanca in cui era abbastanza chiaro che gli sceneggiatori stavano facendo fatica a trovare nuovi spunti per portare avanti la loro creatura. Io stesso, fan della prima ora, mi sono chiesto più volte se sarebbero riusciti a dare un degno finale all'opera e se avrebbero capito che portarla avanti forzatamente stava facendo aumentare i momenti poco ispirati rispetto a quelli memorabili. Per quanto ritenga che in passato il “brodo” sia stato un po' troppo allungato, vedi la quarta stagione, non posso che ritenermi soddisfatto dopo la visione di questi sei episodi conclusivi che riescono nel difficile compito di chiudere la nostra storia e sistemare praticamente tutte le sotto trame nate negli anni. L'anima di Cobra Kai rimane sempre la stessa: un prodotto fortemente indirizzato a chi ama gli anni ‘80 e ‘90 TV, con toni da commedia che si mescolano a azione e dramma, passando attraverso la lente della nostalgia che funziona sempre. La narrazione è altalenante e dopo un primo episodio giustamente interlocutorio, il secondo rallenta ulteriormente i toni, lasciando lo spettatore interdetto, tra situazioni di poco interesse e ritmi narrativi sin troppo compassati. Proprio quando si teme il peggio, però, il cobra torna a mostrare i denti e a partire dal terzo episodio in poi inizia una escalation di azione e emozioni che ci portano dritti sino ai titoli di coda. Come sempre è stato, quando si torna a far parlare la legge del pugno, Cobra Kai dà il meglio.

Cobra Kai la recensione del finale!

Tante storie, un unico finale

Ancora una volta parliamo di un karate reinterpretato dalla lente della produzione Netflix, ma il divertimento è assicurato. I puristi delle arti marziali avranno molto da ridire sulle esecuzioni dei protagonisti, che comunque con il passare del tempo sono migliorate, ma la produzione necessita della classica sospensione di credulità, e non solo in questo ambito. Ancora una volta assistiamo a momenti sia seri che faceti, dove non mancano alcune punte di kitsch davvero esagerate e se in passato alcune metodologie di allenamento vi sono sembrate sin troppo fantasiose, questa volta assisterete a una situazione, nello specifico, che si avvicina pericolosamente al classico “salto dello squalo”, ma che essendo nella parte finale della serie, prendiamo più come una nota di colore esageratamente irrealistica. Non ho alcun dubbio che quando vedrete la serie, arriverete a un momento in cui vi ricorderete queste mie parole e non potrete che darmi ragione, ma mi limito a non rovinarvi la sorpresa. Le prove attoriali si mantengono discrete, segno che in tutti questi anni gli attori, soprattutto quelli più giovani, hanno migliorato le loro qualità. Nota di merito ancora una volta per Martin Kove (John Kreese) che dall'alto dei suoi 78 anni continua ad avere una recitazione sopra la media dello show e soprattutto a mostrare una invidiabile forma fisica, facendo valere la sua esperienza di artista marziale nella vita reale. 

Come dicevamo, Cobra Kai aveva assoluta necessità di mettere la parola “fine” sulla sua storia e lo fa in maniera più che buona. Il termine della trama principale è la degna conclusione di quello che era iniziato e va a chiudere un cerchio che parte esattamente dalla fine del primo film. Sia le storie principali che quelle secondarie hanno la propria conclusione, ma non sempre siamo davanti al classico lieto fine. Qualche personaggio troverà quello che ha sempre cercato, altri dovranno scendere a patti con l'imprevedibilità della vita, altri ancora concluderanno il proprio percorso di crescita o di riabilitarsi, mentre qualcuno resterà fedele a se stesso sino alla fine. Se proprio vogliamo trovare il pelo nell'uovo, personalmente avrei gradito maggiore spazio per Axel, il fortissimo karateka del dojo Iron Dragon e Devon, che dopo aver ammesso di aver sabotato Kenny nella corsa al Sekai Taikai è letteralmente sparita dai radar diventando quasi una comparsa. Sicuramente lo spazio disponibile non ha permesso di sviluppare a dovere anche le figure meno note, ma pochi minuti di girato in più avrebbero quadrato maggiormente il cerchio. Intendiamoci, riuscire nell'intento di dare un senso e un epilogo a praticamente ognuno dei tanti personaggi di primo interesse è stata una impresa non da poco, ma si sa: i fan sono spesso incontentabili e alcune scelte paiono un po' frettolose.

Cobra Kai la recensione del finale!

Se dal punto di vista della regia e della fotografia siamo sempre sui buoni livelli a cui Cobra Kai ci ha abituato, inspiegabilmente c'è una manciata di errori evitabili legati ad alcuni cambi di scena che fanno pensare a una certa fretta in fase di montaggio e a una revisione grossolana, per quanto si parli di casi rari in cui la sequenza, per quanto finita, viene tagliata in anticipo e si passa di colpo a quella successiva. Esclusa la deludente già citata seconda puntata, i fatti si susseguono con un buon ritmo e non mancano scene epiche, vedi l'ingresso sul tatami di un particolare dojo, sequenza che adorerete assolutamente! Continua l'azzeccatissima scelta di pescare dal meglio degli anni ‘80 e ‘90 i brani per la colonna sonora e (anche grazie a questi) alcune scene riescono a raggiungere per epicità i momenti più indimenticabili della serie, come l'allenamento dei primi membri del Cobra Kai nello sfasciacarrozze della prima stagione dove troneggiava We're Not Gonna Take It dei Twisted Sister. 

Si conclude qui Cobra Kai che nel (tanto) bene e nel (poco) male riesce a salutarci restando fedele a se stesso, con un finale che non potrà che piacere a chi ha accompagnato in tutti questi anni le avventure di Johnny, Daniel, Miguel, Tory, Samantha, Falco e tantissimi altri personaggi indimenticabili. Arrivati a questo punto, non rimane che una domanda: perché non iniziare subito un rewatch di tutta la serie? D'altro canto il Cobra Kai non muore mai!

 

Cobra Kai

Rating: tutti

Nazione: USA

8.5

Voto

Redazione

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Cobra Kai

Il finale di Cobra Kai riesce nel difficile compito di chiudere a dovere una serie TV partita nel lontano 2018 e diventata di culto, per quanto non esente da critiche e con momenti che ne hanno minato la qualità generale. Con i suoi pregi e i suoi difetti, questa parte conclusiva riesce a farne quadrare il cerchio di tutte le trame e sottotrame aperte, restando coerente con sé stessa e le sue basi narrative, dando allo spettatore anche qualche colpo di scena che rendere ancora più ricco il piatto messo in tavola da Zabka, Macchio e soci. Questi sette anni hanno raccontato una storia affascinante e coinvolgente che è riuscita a risollevarsi dopo la parziale flessione della quarta stagione, con il risultato che i cuori degli appassionati non potranno dimenticare le avventure vissute in questo dojo. Cobra Kai abbassa il sipario e dimostra di aver capito quando era il momento di fermarsi, riuscendo andare un finale non perfetto, ma coerente e piacevolissimo per la gioia di tutti i suoi fan, al netto di qualche concessione di troppo ai toni da commedia giovanile. Detto questo, sulle note del vostro pezzo rock anni ‘80 preferito, ripetete con me: “Cobra Kai, never die!”.

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