Dirty Pop: Netflix racconta l'incredibile truffa che ha coinvolto 'NSync e Backstreet Boys

La storia che nessuno sospettava dietro a boy band amatissime

Dirty Pop Netflix racconta lincredibile truffa che ha coinvolto NSync e Backstreet Boys

Backstreet Boys e Nick Carter, ‘Nsync e Justin Timberlake, O’Town, Natural, US5 e naturalmente i precursori, i New Kids on the Block: il gruppo che gli fornì l’ispirazione, mostrando quanti soldi si potevano fare con una boy band di successo. Perché dietro i nomi di alcune boy band universalmente note c’era un solo uomo: Lou Perlman. Che ci parla con la sua viva voce in filmati reali in cui, ci avvisa la docuserie di Netflix, sono stati inseriti degli interventi digitali per aggiungere frasi che nei filmati originali non c’erano. Perché? Perché Lou Perlman è l’uomo dietro le più famose boy band americane degli anni ’90, che hanno rivoluzionato l’industria discografica, ma è anche un truffatore che ha rovinato moltissime vite.

Dirty Pop: Netflix racconta l'incredibile truffa che ha coinvolto 'NSync e Backstreet Boys

Non ci credete? Vi basta seguire gli episodi di Dirty Pop: la truffa delle boy band, l’ottimo documentario in tre parti in cui Netflix ci racconta la storia delle boy band, di Lou Perlman e dell’incredibile successo nato da un annuncio su un giornale. Bastava essere un bel ragazzo ed essere intonato. Al resto, ci pensava Lou.

Era lui a mettere insieme le band, era lui a organizzare i casting e a selezionare i componenti dei vari gruppi. Era sempre lui a decidere tutto: immagine, look, concerti, video, coreografie.

Nel primo episodio la storia della nascita dei Backstreet Boys, il racconto di quello che sembrava un sogno - e lo è stato per milioni di fan in tutto il mondo - nasconde in realtà molte ombre. Dirty Pop ce le svela. Tutte.

La vera storia delle boy band più amate degli anni ’90

Dirty Pop: Netflix racconta l'incredibile truffa che ha coinvolto 'NSync e Backstreet Boys

Avevamo sempre pensato che un gruppo di ragazzi di bell’aspetto e dalla bella voce avessero ottenuto il successo imparando a ballare, ad armonizzare insieme, lavorando duro e poi ottenendo il meritato successo.

La verità è che i membri di alcune fra le boy band di maggior successo venivano selezionati da Pearlman, messi insieme per creare un gruppo. Senza conoscersi. Ed ecco spiegate le numerose uscite dalle band, i litigi, gli addii, le carriere soliste e quelle - loro malgrado - finite nel dimenticatoio.

In fondo, erano adolescenti lanciati allo sbaraglio, che credevano in quel sogno e non sapevano da dove venivano i soldi di Pearlman.

Le boy band hanno cambiato la scena musicale mondiale, inventando qualcosa di nuovo e portandolo sui palcoscenici e nei videoclip. Pronto a fare esplodere un fenomeno di costume. Un fenomeno musicale e culturale.

Ecco perché la visione di Dirty Pop non è consigliata solo a chi ha vissuto quegli anni, o seguito quelle band. Dirty Pop racconta un pezzo di storia della musica e della cultura popolare, spiega il lavoro - non retribuito per i ragazzi e non certo onesto, da parte di Pearlman - dietro a un successo con un giro d’affari da milioni di dollari.

Intendiamoci: Lou Pearlman non era uno qualunque. Era il cugino di Art Garfunkel - sì, lui: quello in coppia con Paul Simon per fare storia col nome di Simon & Garfunkel a dimostrazione che i parenti non si scelgono - e aveva ottenuto un grande successo economico con una compagnia di dirigibili.

Lou è astuto. Ha fiuto per gli affari. E sa riconosce il talento, questo non è in discussione. Ma anche uno speculatore economico. Specula sui ragazzini che lancia nel panorama musicale.

Dirty Pop: Netflix racconta l'incredibile truffa che ha coinvolto 'NSync e Backstreet Boys

Non solo. Lou Pearlman crea una rete di contatti con esperti di Wall Street e capitani d’industria. E inizia a guadagnare con la sua compagnia, la Airship International. Con i soldi ricavati da quel business, Lou Pearlman fonda una compagnia aerea, la Trans Continental. O, almeno, così sembra. Noleggia poi aerei alle grandi star della musica, da Michael Jackson a Madonna. E così, il suo nome diventa familiare in quell’ambiente.

L’intuizione sulle boy band è vincente ma è solo un altro modo per far soldi. Pearlman inizia a organizzare in tutto e per tutto un nuovo business. Fra i molti gruppi che ha messo insieme, e di cui è stato manager, c’era anche quello delle Innosense, di cui ha fatto parte Britney Spears.

Tutta la parte della storia nota - la rivalità fra i Backstreet Boys e gli ’Nsync, la gara per la popolarità, il lanci di nuove band - corre parallelamente alla parte che è diventata nota a partire dalla causa persa contro i Backstreet Boys, pagati una miseria mentre Pearlman faceva i milioni grazie a loro.

I suoi guai iniziano in quel momento, e diventano sempre più grossi. Emergono il famigerato schema Ponzi, la collusione con organizzazioni criminali, una serie infinita di guai giudiziari ed economici, a causa dei quali delle persone ci hanno rimesso la vita.

Ogni genere di crimine, incluso il peggiore: il tradimento della fiducia

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L’impero di Lou Pearlman e la sua fitta rete di preziosi contatti iniziano a crollare. Lui lo nasconde come più, ma quando arriva l’FBI a sequestrare il materiale nei suoi uffici e in seguito nella sua casa non si torna più indietro.

Le prove su tutti i suoi crimini, le truffe agli investitori, la collaborazione con organizzazioni di stampo mafioso e molto altro, vengono raccolte dagli agenti federali. Ed è a quel punto che anche le voci - che giravano da tempo - sulle continue bugie raccontate da Pearlman a parenti, “amici” e naturalmente ai ragazzi delle boy band, iniziano a emergere ufficialmente.

Tradire la fiducia di chi ci è vicino, perché nessuno era a conoscenza della vera natura delle operazioni svolte da Pearlman, è un crimine che ha conseguenze a cui spesso non si pensa.

Qualcuno non regge alla delusione, alla scoperta di essere stato truffato e avere perso tutto per il semplice fatto di essersi fidati di qualcuno che si credeva una persona diversa.

Il senso di colpa, in questi casi, pesa sulle vittime di truffa per tutto il resto della vita. A volte, per qualcuno, diventa un peso addirittura insostenibile. Con le conseguenze che tutti noi possiamo immaginare, ma che evidentemente a Lou Pearlman non erano mai venute in mente. O, semplicemente, non gli interessavano.

I dettagli di ciò che ha fatto vengono raccontati da Dirty Pop. Inclusa la condanna e la fine di Pearlman. Per il resto, c’è quell’ombra di vergogna che non smetterà mai di oscurare il successo che ha prodotto.

7

Voto

Redazione

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Dirty Pop: Netflix racconta l'incredibile truffa che ha coinvolto 'NSync e Backstreet Boys

Dirty Pop: la truffa delle boy band è la nuova docuserie di Netflix che svela una scomoda verità sul fenomeno musicale degli anni ’90. Le boy band, appunto. Dirty Pop racconta la storia vera di come Lou Pearlman, un inizialmente insospettabile uomo d’affari, mise insieme alcuni fra i gruppo musicali maschili più celebri degli anni ’90, fra cui i Backstreet Boys e gli ‘Nsync, con un giovanissimo Justin Timberlake, al solo scopo di guadagnarci milioni. Sfruttava i ragazzi che selezionava pagandoli una miseria o non pagandoli affatto mentre lui, il loro manager, guadagnava milioni, truffava i suoi investitori, frodava le banche e molto altro. La serie ricostruisce con cura una parte dei crimini di Pearlman, concentrandosi su quelli documentati e giudicati in un processo. Ma sulla vita di quest’uomo, morto in carcere mentre scontava una condanna severissima, resteranno per sempre molte altre ombre.

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