Emily in Paris: un addio che sembra più un arrivederci
Il giorno tanto atteso dai fan di “Emily in Paris” è finalmente arrivato, è arrivata sulla piattaforma di Netflix la seconda parte dell’ultima stagione di questa serie. C’eravamo lasciati con la nostra bella americana alle prese con le solite diatribe del cuore, mentre le sue azioni diventavano sempre più “parigine” e di quindi più leggere. Però, si sa, le pecche del cuore non sono mai facili da gestire e con l’arrivo di una nuova avventura il destino sembra essere sempre più fumoso e incerto.
Ormai lo sappiamo, la nostra Emily è un genio del marketing digitale: ogni campagna da lei toccata diventa immediatamente iconica e virale. I suoi outfit contribuiscono la riuscita dei suoi piani e il suo bel faccino condisce il resto. Lo sappiamo, guardiamo questa serie come una sorta di guilty pleasure perché siamo tutti ben consci dell’irrealtà degli eventi che si susseguono. Eppure ci va più che bene così, l’amiamo per lo svolgimento della trama – come se effettivamente ci fosse uno dei co-protagonisti considerabile brutto – e perché vogliamo scoprire quale sarà l’effettiva scelta per il cuore della nostra protagonista.
Durante questa seconda parte, come largamente annunciato su tutti i canali promozionali di Netflix, viene abbandonata la Senna in favore del Tevere. Le avventure di Emily hanno il Colosseo a fargli da sfondo, così come una bella gita in Vespa per poter ricalcare lo stereotipo italiano che ormai ci portiamo dietro dai tempi di “Vacanze romane”. Ed è proprio un po’ questo il clima sulla quale ci si muove: una nuova azienda, la Bavazza (nome assonante); un nuovo “scapolottino”; e una nuova lingua.
Riuscire a parlare di queste nuove puntate senza fare spoiler non è semplicissimo. Tutto quello che accade, in un modo o nell’altro ha davvero un grande impatto sulla caratterizzazione dei personaggi. Resta pur vero che, durante tutto il corso delle quattro stagioni i personaggi sono cambiati e più o meno evoluti. Prima fra tutti la nostra stessa protagonista che è più pronta a godersi il momento riuscendo a eliminare, in parte, molte delle paranoie e delle elucubrazioni che fungevano da freno per la realizzazione totale dei suoi desideri. Diciamo che ha un po’ dismesso i panni della “Mary Sue” e indossato quelli più stretti ed egoistici della donna di mondo.
La nemica diretta continua ad essere Camille (Camille Razat) che, col suo stato interessante, continua a tenere vicino a se quel buon tempone di Gabriel (Lucas Bravo). Lui, dal canto suo, continua a mostrare di avere un personalità abbastanza insipida lasciando che il sapore sia totalmente dedicato ai piatti che prepara.
Il nemico del pubblico continuano ad essere i ciclici cliché su cui tutta l’intera serie pone le sue basi. Se la Francia è il paese del cibo, l’Italia è il paese del sesso; e questa è una semi-citazione proveniente direttamene da uno dei personaggi principali. Quindi, nel momento in cui scende in campo il bel Marcello (Eugenio Franceschini) – nome per niente casuale e non riconducibile a qualsivoglia pellicola sull’italianità – il tutto diventa una sorta di mera conquista cavalleresca.
Quindi, esattamente come Parigi è stata in grado di mostrare la miglior versione di se stessa, anche Roma non è da meno. Tradizione, famiglia, feste e sesso; ecco cosa ci aspetta nella visione dell’Italia in questi quattro episodi. Senza considerare le scenate di gelosia e la teatralità tipica della gestualità che gli americani, come al solito, ci attribuiscono. Chi lo sa se noi ci faremo una grossa risata o se ci indigneremo esattamente come avevano fatto i francesi successivamente alla pubblicazione della prima stagione.
Il personaggio migliore, questa postilla è d’obbligo, continua ad essere Sylvie (Philippine Leroy-Beaulieu). Non solo perché riesce sempre a risollevarsi con la classe che la contraddistingue, ma perché in queste puntate realizza il sogno di metà delle donne italiane. Lasciamo a voi la possibilità di capire a cosa facciamo riferimento.