Hijack - Sette ore in alta quota: la serie Apple con Idris Elba non convince

La recensione di Hijack - Sette ore in alta quota: Idris Elba in una serie che non convince

di Chiara Poli

Hijack - Sette ore in alta quota: sette episodi per sette ore. Peccato che la parte veramente interessante arrivi alla fine della sesta...

Idris Elba, l'interprete di Luther, in TV non aveva mai sbagliato un colpo. Finora. 

La trama di Hijack - Sette ore in alta quota

Sam Nelson (Elba) sta tornando a casa, a Londra, a bordo del volo KA29 partito da Dubai. Poco dopo il decollo, un gruppo di terroristi prende il controllo dell'aereo. Sam si mette in mezzo, sfruttando le sue abilità di negoziatore di accordi, per cercare di ottenere il suo unico scopo: tornare a casa sano e salvo dalla sua famiglia.

Con la complicità del pilota, il comandante Robin Allen (Ben Miles, The Crown), Sam sembra mettere in atto un piano di ribellione per riprendere il controllo dell'aereo, ma a sorpresa lo vediamo aiutare i dirottatori per evitare che qualcuno si faccia male. Le intenzioni di Sam non sono chiare, così come gli intenti dei dirottatori, che hanno dei contatti importanti a terra intenzionati a chiedere la liberazione di alcuni detenuti. Ma sarà davvero questo, lo scopo del dirottamento?

La recensione: perché Hijack - Sette ore in alta quota non funziona

L'assenza di tensione

L'idea era potenzialmente esplosiva. I mezzi - fra effetti, cast e cura per il dettaglio in scenografia e costumi - ci sono tutti: a livello produttivo, Hijack non ha nulla da invidiare a un film ad alto budget. Eppure, il dispiego di mezzi viene sostanzialmente sprecato.

Il vero, grande problema di questa serie in 7 episodi è la mancanza di tensione. La suspense, che avrebbe dovuto essere il vero punto di forza della narrazione, regge solamente a tratti. Ci sono un'alternanza di violenza spaventosa - soprattutto nelle scene a terra che coinvolgono il personale dell'aeroporto a Dubai - e di tempi morti che lasciano lo spettatore confuso.

Questo crea un ritmo troppo altalenante, così squilibrato da rendere inefficaci anche la maggior parte dei colpi di scena. Quando si tratta di un dirottamento aereo, con un potenziale atto di terrorismo internazionale, la tensione dovrebbe essere la priorità degli sceneggiatori. Qui sembra che si siano esercitati a trovare sempre il modo migliore per smontare la tensione non appena inizia a montare...

I colpi di scena, dicevo, sono prevedibili - tranne quello che chiude il sesto episodio, dando vita a un finale di stagione che funziona davvero, fino a un finale alla John McClane (il personaggio di Bruce Willis nella saga di Die Hard) davvero forzato - e si perde presto interesse per ciò che accade a bordo a favore degli eventi a terra.

Questo perché i tempi narrativi, sull'aereo, vengono dilatati in modo spropositato: saranno anche sette ore di volo, ma di episodi ne bastavano tre. Ecco perché le digressioni a terra diventano più interessanti e il tempo che siamo costretti a passare a bordo insieme ai passeggeri diventa eccessivo.

I personaggi, a cominciare dal protagonista

Il personaggio di Sam è ambiguo: sembra stare dalla parte dei buoni, a capo di una ribellione - che dopo l'11 settembre è diventata un'opzione sempre più realistica - per poi fare il gioco dei dirottatori. Il suo scopo è chiaramente egoistico: tornare a casa vivo dai propri cari. E questo avrebbe anche potuto andare bene: avendo a disposizione un attore del talento di Idris Elba, tutto poteva funzionare a dovere.

Eppure non è così: l'ambiguità è eccessiva e ci si gioca del tutto la simpatia del pubblico. Non c'era bisogno di ammantare il personaggio di eroismo, ma un pizzico in più di propensione a fare la cosa giusta avrebbe giocato a favore del protagonista. Se non riesci a entrare in sintonia con chi ti fornisce il punto di vista sugli eventi, rischi di empatizzare ben poco anche con la situazione di pericolo vissuta dai passeggeri.

Il legame non ricambiato di Sam con la ex moglie, l'attaccamento poco dimostrato al figlio, tutto il discorso che rimanda alla "sua famiglia", contrasta con la visione degli altri membri di quella stessa famiglia. Sam finisce per fare la figura del classico egoista maniaco del lavoro che rincorre gli affetti solo dopo averli già persi.

Per non parlare dello scarso spazio riservato ad Archie Panjabi (la ex Kalinda di The Good Wife), altra attrice amatissima dal pubblico e relegata a un ruolo troppo marginale.

Inoltre, i personaggi a bordo sono quasi tutti fastidiosi. Dalla mamma maleducata, che fino alla fine rappresenta quella categoria di viaggiatori che si credono più importanti e con più diritti degli altri, rovinando il viaggio a tutti, fino ai pregiudizi sulla nazionalità dei passeggeri, spesso smontati ma in linea di massima cuciti addosso a personaggi eccessivamente stereotipati.

La mamma egoista che mette tutti nei guai è molto più realistica, insomma, di tutti gli altri che cercano di fare qualcosa per salvare la situazione. E questo significa che la sceneggiatura, firmata da George Kay e Jim Field Smith (Stag, Lupin), presenta delle gravi carenze.


Anche dal punto di vista della psicologia dei personaggi ci troviamo di fronte a squilibri di un certo peso: il personaggio migliore di tutta la serie è la donna al controllo voli, Alice (Eve Myles, Torchwood), che manterrà i contatti con Sam a bordo. Anche lei è una madre, evidentemente single, ma si approfitta in modo "spiritoso" di questo per giustificare i propri ritardi. Per questo empatizziamo con lei. Il suo personaggio è costruito in contrapposizione all'altro più riuscito della serie, a bordo, la madre antipatica. Due personaggi speculari che ci mostrano come l'atteggiamento nei confronti degli altri sia l'unica cosa che conta davvero.

Cosa che rende inadeguati i dirottatori, a cominciare dal loro capo a bordo. Molto più credibili i criminali a terra, coloro che controllano il gioco, e anche il loro vero scopo. Peccato che vada tutto sprecato con il resto...

Conclusioni

Sarebbe bastata un po' di attenzione in più nel distribuire la narrazione, dividendosi fra aereo e Londra, aereo e Dubai, passeggeri e relative famiglie a terra.

Il difetto maggiore di Hijack, come evidenziato, è lo spreco di mezzi e risorse, nonché di un attore che avrebbe potuto fare molto di più, ma che si trova le mani legate non dalla situazione vissuta dal suo personaggio, bensì dalla superficialità della sceneggiatura.

L'approfondimento psicologico in una storia che si presume giocare sulla tensione è tutto. Qui non è solo carente, è anche distribuito male, sui personaggi sbagliati. 

Un gran peccato. Ma anche una gran noia, la visione di una serie con molte potenzialità. Quasi tutte non realizzate.