L'incidente: la recensione della serie messicana di Netflix

Scopriamo insieme trama, cast e stile de L'incidente

di Chiara Poli

L’incidente, la serie messicana di Netflix in 10 episodi, fra tragedie famigliari, tradimenti, corruzione e criminalità, ha raggiunto la vetta della classifica italiana delle serie più viste.

Capire il motivo è interessante: fa riflettere su come, alla fine, anche il pubblico della TV n streaming sia paragonabile a quello della TV generalista, che impazzisce per le telenovelas turche.

Allo stesso modo, qui siamo di fronte a quella che è di fatto una telenovela. Per recitazione, trama, intrecci, sviluppi narrativi, descrizioni didascaliche dei sentimenti dei protagonisti - come si fa nelle telenovelas, appunto, affinché i concetti vengano ribaditi continuamente per essere afferrati dal pubblico anche in caso di distrazioni (telefono che suona, pietanze sul fuoco da girare e via dicendo). Perché sì, il target è precisamente quello delle casalinghe, o comunque di chi sta a casa e non ha voglia di intrattenersi con un prodotto impegnativo. Uscendo in questo periodo, quando molti sono ancora in ferie e magari a casa, Netflix ha allargato il campo a molti spettatori che hanno la giornata libera e cercano un intrattenimento “facile” durante giornate troppo calde per uscire.

La trama de L’incidente


La famiglia Lobo - il padre Emiliano (Sebastián Martínez), avvocato e imprenditore, la madre Daniela (Ana Claudia Talancón), poliziotta, e la figlia adolescente Lucia (Macarena García Romero) - organizza una grande festa per il compleanno del piccolo Rodrigo. Insieme alla coppia che lavora per loro, i Gomez - Moncho (Silverio Palacios) e Yolanda (Shani Lozano) - allestisce un grande banchetto nel giardino della loro splendida villa, con cibo e bevande di prima qualità e con tanto di gioco gonfiabile per intrattenere i piccoli invitati. Tutte le famiglie più ricche e in vista della città prendono parte a quella festa, che finirà in tragedia a causa di un incidente. Da quel momento, fra vendette e corruzione, criminalità e minacce, ricatti e scoop giornalistici, tutta la vicenda travolge le vite dei Lobo e dei partecipanti alla festa.

Una telenovela in piena regola


Livello della sceneggiatura: primo giorno alla scuola di sceneggiatura. Con tutti gli errori che gli inesperti commettono. Peccato che, a quanto pare, il tutto sia voluto.

La necessità di giustificare parlando di “dati reali” (trovati su Internet…) l’assurdità di un incidente in cui c’è un evidente responsabile su cui nessuno punta il dito per almeno due episodi, riassume perfettamente le competenza degli sceneggiatori dell’incidente.

La serie di Netflix è recitata male - riescono a gesticolare più degli italiani e degli spagnoli messi insieme - e doppiata peggio. O meglio: doppiata in maniera rigorosa per manetenere le forzature drammatiche originali, quindi in teoria coerentemente. Solo che nonostante la bravura dei nostri doppiatori, la fedeltà all’originale enfatizza l’effetto telenovela.

Le tempistiche sono gestite in modo assurdo: mentre ancora si cerca qualcuno, ci sono già dei funerali e le relative messe di suffragio tempo dopo. Le reazioni dei personaggi le cui famiglie sono state coinvolte nell’incidente sono inverosimili, così come parte della dinamica dell’incidente. Non posso entrare in dettagli per evitare spoiler, sappiate solo che rimarrete piuttosto increduli di fronte allo svolgimento della vicenda.

La successiva sequela di assurdità a cui siamo sottoposti sarebbe già stata difficile da tollerare in una miniserie da tre o quattro episodi, figuriamoci quanto possa essere stato difficile vederne 10.

Abituati alla qualità delle serie TV non solo americane, ma anche inglesi, spagnole, tedesche, questa incursione contemporanea nel mondo delle telenovelas risulta ancora più cheap.

L’approfondimento psicologico dei personaggi ha lo spessore di un foglio di carta.

La sequenza logica degli eventi è inesistente, come se avessero girato tutto insieme e poi montato le scene un po’ a caso, con l’idea di stupire - ma è tutto “telefonato”, come si dice appunto in sceneggiatura, scenette di presunti o aspiranti tradimenti coniugali incluse.

Per non parlare dei “colpi di scena”, le virgolette sono d’obbligo, che saltano fuori a più riprese mostrandoci momenti inediti della festa.

La solita solfa sul potere dei soldi e il sacrificio, in stile capro espiatorio, della povera gente non colpisce, perché è esattamente ciò che ci aspettiamo fin dal primo istante della narrazione (complice qualche fiaschetta di superalcolici di troppo).

Leggermente sotto la superficie - perché qui non c’è quasi niente sotto cui scavare - ci sono la denuncia sociale della disparità economica che determina il destino delle persone; la convinzione dei ricchi che il denaro possa comprare qualsiasi cosa e il cinismo di chi, per quella disparità economica, riesce solo a invidiare chi ha di più. E l’invidia, si sa, può rendere cattivi.

Questo il messaggio lanciato dalla serie che ci racconta in modo goffo e impacciato la straziante vicenda del più grande dolore che un essere umano possa sperimentare. E la superficialità del modo in cui questo tema delicato viene trattato fa sorridere.

Poi c’è l’altra questione, l’indagine di Daniela sul traffico di droga nelle scuole. Il coinvolgimento della famiglia Lobo, la stessa che ha dato la festa per il piccolo Rodrigo pensando bene di metterci un gonfiabile per fare scena, fa di Emiliano, Daniela e Lucia i protagonisti assoluti della vicenda. Almeno all’inizio.

Nel gruppo dei ricchi e potenti figura - non poteva mancare - anche un pericoloso criminale, determinato per ragioni personali a punire il responsabile dell’incidente.

Ogni famiglia, poco alla volta, vede crescere il proprio coinvolgimento nelle complicazioni della vicenda principale, in molti modi. Peccato che la verosimiglianza, anche in tutti questi casi, sia precaria.

Fra corruzione, violenza, minacce e delinquenza giovanile - come sempre nelle famiglie più insospettabili - L’incidente amplia i temi trattati con l’aggiunta di quel pizzico di fanatismo religioso (ancora una volta: non posso entrare nello specifico ma lo sentirete definire proprio così) di un Paese cattolico in cui la religione ha un ruolo fondamentale. Tanto che creare falsi idoli è fin troppo facile (come da noi, del resto).

Ogni dettaglio della messa in scena contiene errori o superficialità. Per esempio, nessuno in grado di maneggiare correttamente un’arma terrebbe il dito sul grilletto prima di dover sparare. Ed è solo uno dei moltissimi esempi.

Ogni crisi, di coscienza o di dolore, viene spiegata in maniera ridondante, come se gli spettatori non fossero in grado di capire cosa provano i personaggi nemmeno in situazioni esplicite. Addirittura parlano da soli, i protagonisti, per spiegarci cosa stia succedendo nelle loro vite.

Forse in Messico sono abituati a questo genere di rappresentazione dei sentimenti - ferma appunto, a Anche i ricchi piangono (la celebre telenovela messicana del ‘79 conosciuta in tutto il mondo). Ma a pensarci bene, Verónica Castro nei primissimi anni ‘80 era più credibile e profonda dell’intero cast de L’incidente.