La caduta della casa degli Usher: la recensione del viaggio di Mike Flanagan nell’opera di Poe
Scopriamo insieme i rimandi a Poe, la cura per i dettagli, la tensione un episodio dopo l’altro e la vendetta nella recensione de La caduta della casa degli Usher.
Siamo ritti sull’orlo di un precipizio. […] Il primo impulso è quello di fuggire dal pericolo. Inspiegabilmente, restiamo.
Le parole del sacerdote al triplo funerale che apre La caduta della casa degli Usher, come sempre quando si tratta del lavoro di Mike Flanagan, sono profetiche.
I numerosi rapporti con Edgar Allan Poe - di cui abbiamo in parte già parlato qui - della nuova serie Netflix in 8 episodi non emergono solo durante la visione: sono chiarissimi fin dal primo istante.
Ogni episodio ha il titolo di un racconto o un’opera, e si serve dei riferimenti di Poe e delle trame più celebri del grande scrittore - fidatevi: le riconoscerete tutte - per portare avanti la discesa nella follia di un’intera famiglia.
In puro stile Poe, non a caso, si parte dal presente (in realtà per noi futuro: 20 novembre 2023) per ricostruire la storia e gli antefatti. Un segreto dopo l’altro. Un racconto a ritroso che inizia nel 1953, con l’immancabile narratore. D’eccezione, stavolta: Roderick Usher (Bruce Greenwood, già diretto da Flanagan ne Il gioco di Gerald). Insieme a una strepitosa Carla Gugino.
La vita è assurda: è pura follia
Un fuoco acceso, una vecchia casa pericolante, una “casa” intesa anche come casata che negli anni ha costruito la propria fortuna sulle spalle del mondo intero.
Tutte le tematiche dell’opera letteraria di Poe pervadono gli 8 episodi. Morte, sepoltura, terrore, difficoltà dei rapporti con la madre e il padre, segreti di famiglia, eventi apparentemente inspiegabili… Per i quali non si nomina quasi mai direttamente il soprannaturale - in cui Poe, notoriamente, non credeva. Non a caso, Roderick Usher usa una malattia (realmente esistente) per spiegare le proprie, spaventose allucinazioni).
Perché la vita è assurda, come dice Roderick. Pura follia. E non c’è bisogno di innestare elementi soprannaturali sullo scheletro di una schiera di personaggi in carne e ossa che rappresentano tutto ciò che di sbagliato, folle e crudele è insito nella natura umana.
Edgar Allan Poe credeva, invece, nella strategia della tensione narrativa. Pagina dopo pagina. Mike Flanagan l’ha presa e l’ha inserita ne La caduta della casa degli Usher. Episodio dopo episodio.
Mark Hamill, l’originale Luke Skywalker (qui coi guanti neri, una finezza), ha rifiutato tanti ruoli ma senza indugio veste i panni dell’avvocato difensore degli Usher con un altro nome derivato dal mondo di Poe, Arthur Gordon Pym. Così come l’accusa, Auguste Dupin (dall’omonimo investigatore dei romanzi di Poe), col volto di Carl Lumbly (Alias). Anche Griswald è legato a Poe, come tutto il resto.
La dinastia degli Usher è fatta da 6 figli nati da 5 madri diverse. Sei figli, tutti ossessionati dal far colpo sul padre e ricevere la sua approvazione, in perenne competizione fra loro. Li vediamo tutti insieme nel primo episodio, durante una cena di famiglia… E a tavola naturalmente sono in 13.
Perché è fatta di tante piccole cose, la follia della vita; superstizioni, richiami alle leggende popolari, cose in cui nessuno crede razionalmente, eppure… Del resto nessuno è superstizioso. Essere superstiziosi porta malissimo.
Tutto il male del mondo
L’occultamento di cadavere. Le minacce. I ricatti. Gli insabbiamenti. La corruzione. La sperimentazione sugli animali. L’inquinamento delle falde acquifere e dell’aria. I medicinali nocivi, addirittura letali. Le sperimentazioni segrete. Lo smaltimento illegale dei rifiuti. La droga, il sesso promiscuo senza protezioni, i farmaci di contrabbando. La dissolutezza (anche non anonima). Le perversioni. L’avidità. E, naturalmente, il peggior male di tutti: vendersi l’anima per denaro. Mettendo qualsiasi valore e riferimento morale dietro alla ricchezza nella scala dei valori. Insieme alla volontà di combattere la morte. L’aspirazione all’immortalità, alla sovversione delle regole della natura.
Entro la fine dei primi due episodi, abbiamo modo di pensare degli Usher tutto il male del mondo. Perché gli Usher praticano tutto il male del mondo. Lo sono. Incarnano tutto ciò che è immorale, illegale, sconveniente, ingiusto.
Non importa che aspetto abbiano: conta solo il loro nome. Sono della stessa pasta. Per questo sono stati scelti attori di età, origini e aspetto fisico molto diversi, proprio per sottolineare che il sangue è sempre lo stesso, anche quando si nasconde. Anche quando non lo vedi. Anche quando striscia sotto la superficie. O dietro le pareti.
Gli Usher vogliono violare le regole della natura, ma la natura si ribella. Siamo piccoli, insignificanti, di fronte a essa. La natura si vendica di tutti i torti subiti. Con le piogge acide. Con gli animali da laboratorio torturati. Con i segreti e le colpe. Con il conto che ci presenta, puntualmente.
Se la vita ti dà limoni…
Il discorso di Roderick Usher sui limoni rappresenta l’essenza stessa del mondo contemporaneo. La caduta della casa degli Usher di Flanagan è un’allegoria dell’involuzione dell’umanità e della società di oggi. Siamo progrediti fino a raggiungere la massima intelligenza e poi abbiamo iniziato a coltivare tutto il male che abbiamo sempre avuto dentro. Ammazziamo, stupriamo, torturiamo, sequestriamo, rubiamo. Fingiamo di essere ciò che non siamo a seconda dei contesti e nelle necessità. Sempre e solo in base al nostro tornaconto.
Il valore della vita umana è diventato uguale a zero perché noi l’abbiamo fatto diventare tale. Ci siamo anestetizzati, abbiamo abolito l’empatia - tranne quando va esibita per guadagnare consensi.
Gli Usher hanno raggiunto la vetta della società facendo esattamente la stessa cosa. C’è uno spartiacque nella loro storia: una bugia. S’inizia sempre così, mentendo quando non dovremmo poterlo fare. Spesso una bugia dà il via agli eventi che condizionano le nostre vite. Sia che siamo noi a dirla, sia che la subiamo.
Ma ci vuole qualcosa a suggellare quegli eventi. Una bugia può essere solamente una bugia. Oppure può diventare un patto. Un’irreparabile compromissione. Una scelta definitiva. Perché c’è sempre una scelta.
Questo ci dice La caduta della casa degli Usher: scegliamo cosa fare della nostra umanità, più che della nostra vita. Quella dipende da tante cose, ma la nostra umanità, il nostro codice morale, il modo in cui ci rapportiamo agli altri, al mondo e a tutto ciò che ne fa parte. Questa è solo una scelta nostra. Nostra e di nessun altro.