La prova: recensione della serie svedese di Netflix su una storia vera
Fra realtà e finzione, un approccio delicato a una storia vera
Su Netflix è disponibile la miniserie svedese che racconta l'incredibile storia vera di un duplice omicidio commesso nel 2004 nella cittadina di Linköping e risolto dopo 16 anni.
Con i suoi 4 episodi, La prova è una serie avvincente ma anche amara, che racconta come tante vite siano state distrutte o irrimediabilmente segnate da un caso rimasto negli annali.
La trama de La prova
19 ottobre 2004. Nella cittadina di Linköping la vita scorre tranquilla, come sempre. Fino al momento in cui, di prima mattina, un assassino trova sul proprio cammino la vittima che cercava e la persona che cerca di fermarlo finisce nel suo mirino. Un duplice omicidio sconvolge la popolazione, l'opinione pubblica e il detective a capo delle indagini, l'ex atleta olimpico John (Peter Eggers) - la cui moglie Anna (Emelie Falk) sta per dare alla luce il loro primogenito - che non riuscirà a darsi pace per la mancata cattura del killer. Sarà solo grazie alla sua dedizione, alla sua determinazione e alla sua volontà di poter dare una risposta alle famiglie delle vittime che, a più di 16 anni dei fatti, il misterioso assassino verrà finalmente individuato.
La prova: una storia incentrata sui sentimenti
Martedì 19 ottobre 2004 ha avuto inizio un’indagine per omicidio che è diventata la seconda indagine criminale più grande della storia svedese.
Il disclaimer che ci introduce a ogni episodio de La prova lascerebbe pensare a una miniserie d’azione, un poliziesco adrenalinico, un’indagine piena di svolte. Non è così. Ciò che la serie ci racconta, e che chi non capisce il vero messaggio reputa noioso, è una profonda riflessione sulla società contemporanea.
Quella che inchioda un assassino dopo 16 anni dagli omicidi che ha commesso, è infatti una storia che lascia il segno in chi lo sa cogliere.
Assistiamo subito agli omicidi, al dolore delle famiglie, al modo in cui la vita del detective che guida le indagini e quelle dei suoi colleghi s’intrecciano al caso.
Ma non siamo chiamati ad assistere a un classico poliziesco, o a un giallo pieno di colpi di scena in cui tutti sono sospettati. Qui siamo di fronte a un true crime che fa una scelta coraggiosa e difficile: farci arrivare a una cattura che non va festeggiata. Perché dopo due omicidi terribili e tante vite il cui corso viene deviato, catturare un assassino senza movente non è una vittoria. Si tratta, semplicemente, di giustizia. E la giustizia, si sa, al giorno d’oggi non fa notizia.
La prova è una miniserie appassionante dal punto di vista emotivo, “lenta” - come tanti la definiranno - nella parte di lavoro di analisi che porterà alla cattura del killer, ma è soprattutto una serie che fa riflettere.
Per la prima volta in Europa, la genealogia del DNA porta alla risoluzione di un vecchio caso di omicidio. Ma anche dopo la risoluzione del caso, non ci sentiamo meglio. Le vittime non vengono “vendicate”. Non c’è una giustificazione per un gesto atroce, non c’è nessun senso, nessuna spiegazione che ci faccia sentire meglio. Perché La prova non parla di questlo. Anche dopo la risoluzione del caso, ci lascia volutamente l’amaro in bocca.
Ci lascia con la consapevolezza che viviamo in un mondo in cui la solitudine e il disagio passano inosservati, perfino davanti agli occhi delle persone più vicine. Un mondo in cui provare ad aiutare il prossimo può costare la vita, ma fare finta di nulla può essere altrettanto letale. Non notare, non parlare, non denunciare. Tutto può costare caro.
La regia, la fotografia, il tono rispettoso e dimesso con cui l’intera vicenda viene trattata (non a caso, tutti i nomi delle persone reali sono stati cambiati): tutto, ne La prova, racconta il vero scopo di questa produzione. Ovvero insegnarci a guardarci intorno con maggiore attenzione.
Si parla, a un certo punto, di vita sociale, di comunità, di famiglia e di relazioni che tengono vive le persone.
Il centro nevralgico di questa storia è tutto qui. Ed è un messaggio tanto forte quanto importante, eppure non viene gridato dagli autori. No. Ci viene raccontato con delicatezza, con garbo, affinché ci appassioniamo ai protagonisti della vicenda e ai loro sforzi di insegnarci qualcosa.
La storia vera
Il 19 ottobre 2004 un tragico evento sconvolge Linköping, in Svezia: un doppio omicidio viene commesso ad Asgatan, nella parte centrale della città. Un uomo armato di coltello attacca un bambino di 8 anni, Mohammed Ammouri e una donna di 56, Anne-Lise Svensson, che cerca di fermare l’assassino pagando con la vita. Una terza persona assiste ai fatti e con fatica aiuta a diffondere un identikit. L’assassino rimane ferito durante gli omicidi, perdendo sangue e lasciando quindi il suo DNA sulla scena. Eppure, non verrà catturato.
Tutti gli uomini della città di età compresa fra 15 e 30 anni vengono invitati a depositare il loro DNA, dando vita a una massiccia campagna di analisi e ricerca che non avrà esisto positivo.
Gli omicidi scuotono la comunità locale, finendo con l’avere un impatto significativo sulla sicurezza pubblica nella zona, ma anche nel resto del Paese.
In un periodo di relativa tranquillità per Linköping, una città universitaria nota per la sua cultura e il suo sviluppo economico, gli omicidi di ottobre spezzano la routine, cambiando le abitudini degli abitanti in modo irreversibile.
I media locali e nazionali si occupano delle indagini, che non portano a nessun progresso mentre i mesi passano. E poi, i mesi diventano anni… E la gente dimentica.
Fino a quando, per la prima volta nel continente europeo, la tecnica della genealogia del DNA permetterà di risalire all’assassino, il trentasettenne Daniel Nyqvist, arrestato Il 9 giugno 2020sulla base di riscontri nel database del DNA combinato con una ricerca familiare del DNA genealogico. La polizia è stata aiutata dallo scienziato professionista Peter Sjölund (il ricercatore Per nella minisiere) per aiutare a trovare l’albero genealogico del sospettato.
Daniel Nyqvist ha confessato lo stesso giorno in cui è stato arrestato e il 1° ottobre 2020, poco prima del sedicesimo anniversario dei tragici fatti, è stato dichiarato colpevole e condannato a cure psichiatriche a tempo indeterminato per i due omicidi. Nyqvist tramite il suo avvocato Johan Ritzer ha annunciato che non avrebbe fatto ricorso contro la sua sentenza.
L’assassino ha dichiarato di aver agito in base alle voci che sentiva nella sua testa, secondo le quali dopo aver ucciso avrebbe finalmente trovato la pace interiore.
Voto
Redazione
La prova: recensione della serie svedese di Netflix su una storia vera
La prova, miniserie di Netflix, è la storia di un poliziotto che non si è mai arreso. Che per 16 lunghi anni ha ricordato il dolore dei parenti delle vittime, sacrificando la propria vita privata per catturare l’assassino di un bambino e di una donna in una fino ad allora tranquilla cittadina svedese. Per la prima volta in Europa, la tecnica della genealogia del DNA è stata usata per risalire all’autore di due omicidi, in questa trasposizione di una storia vera che, per rispetto di tutte le persone coinvolte, ne ha cambiato i nomi.
Se vi aspettate azione e adrenalina, rinunciate: La prova è costruita sulle emozioni. L’intera storia è strutturata per lanciare un messaggio importante, ricordandoci di prestare maggiore attenzione alle persone che ci circondano, alle persone che abbiamo vicine, perché solitudine e disagio inosservati possono portare a conseguenze disastrose.