Mercoledì, recensione: la piccola Addams diventa investigatrice per Netflix
Si è fatto un gran parlare dell’esordio seriale di Tim Burton in casa Netflix, alla guida della regia di Mercoledì. La serie riporterà gli Addams sul piccolo schermo, diretti dal nome statunitense che più si associa al gotico e alle atmosfere macabre. I veri nomi a cui guardare per capire cosa ci sia dietro a quest’operazione sono due: quelli degli showrunner, sceneggiatori e produttori esecutivi Alfred Gough e Miles Millar. Non riempiono la bocca come la presenza di un Tim Burton considerato ancor oggi un grande maestro (ma la cui stella è già appannata da un po’), ma sono loro a dettare a linea in questo ennesimo ritorno degli Addams in TV.
La prima stagione di Mercoledì infatti è una perfetta sintesi della loro scrittura e di quelli che sono stati probabilmente i diktat di Netflix. Millar e Gough avevano già trasformato un personaggio a fumetti in un perfetto simbolo adolescenziale, che desse conforto e rappresentazione ai più giovani in TV, avendo lavorato allo sviluppo di un successo come Smallville. La serie d’inizio millennio vedeva un giovanissimo Clark Kant alle prese scuola, amici e compiti, molto prima di diventare ufficialmente Superman. Se Smallville venisse prodotto nel 2022 non per un’emittente via cavo ma per un gigante dello streaming somiglierebbe a Mercoledì (e viceversa).
Meglio dunque arrivare preparati. Se ad attrarvi del progetto è la promessa di un ritorno della stramberia ricercata degli Addams, se sperate nella garbata ironia talvolta un po’ macabra dei precedenti adattamenti, in poche parole se cercate soprattutto la famiglia più gotica della TV, allora non vi aspetta che una delusione.
Solo Mercoledì, non più Addams
Non è un caso che questa serie infatti s’intitoli Mercoledì e basta, un po’ come certi concorrenti di reality per trovare la nuova stella del pop che per prima cosa perdono il cognome. Certo i genitori Morticia e Gomez ci sono, ma ricoprono un ruolo del tutto marginale nella storia della loro figlioletta. La protagonista ribelle viene spedita alla Nevermore Academy dopo l’ennesimo “incidente” in un liceo di normali studenti. L’accademia che frequentarono i suoi genitori è l’ultima spiaggia per lei e sembra essere il luogo ideale per farla sentire a casa, ricolma com’è di licantropi, sirene e outcast, differenti dalle persone normali. Differenti nel senso di speciali? Quasi sempre sì.
Anche qui però Mercoledì (Jenna Ortega) è la stramba degli strambi, solitaria e insofferente, decisa a seguire la sua strada ed essere indipendente, anche a costo di risultare insopportabile. In piena crisi adolescenziale con la madre,ammantata di una sicurezza di sé esasperante, Mercoledì si ritrova a scontrarsi sia con la direttrice dell’Academia Larissa Weems (un’azzeccata Gwendoline Christie), sia con i misteri del passato scomodo dei suoi genitori. Quando poi una scia di sangue comincerà a spandersi per la cittadina e l’accademia, si trasformerà suo malgrado (ma sotto sotto con un certo gusto) in una detective, per scoprire la verità.
È probabile che ai fan duri e puri degli Addams vecchio stile (sia serie TV, sia film sia fumetto), Mercoledì spezzerà il cuore. L’aspetto e i vezzi sono quelli del personaggio, ma trasformati in una sorta di versione adolescenziale ed emo, terribilmente impulsiva e introspettiva in maniera iper-drammatica, come solo i ragazzini di quell’età sanno essere. Isolare Mercoledì dalla sua famiglia, darle una sorta di potere magico (delle visioni premonitrici) e inserirla in un’accademia piena di creature fantastiche e di tecnologie contemporanee significa privare il personaggio sia della sua connotazione atemporale sia del distacco dalle “cose terrene” che lo rendono tale. La serie guarda a tanti titoli di casa Netflix e non, alla ricerca d’ispirazione: non stupirebbe per esempio vedere all’improvviso apparire al suo fianco Sabrina nella sua incarnazione made in Netflix in una sorta di crossover, tanto i due titoli sono contigui per target e scopi.
Mercoledì è pensato per un pubblico di adolescenti
Sfortunatamente la direzione di Tim Burton non apporta granché al solito pacchetto Netflix fatto di budget moderati che talvolta mostrano tutti i loro limiti. Non aspettatevi un Mindhunter con David Fincher, la sua direzione e la sua regia che elevano e personalizzano lo standard Netflix a livelli mai visti. Premete play su mouse o su telecomando aspettandovi una versione sbarazzina, adolescenziale, etnicamente variegata del mito degli Addams, rivolta principalmente a un pubblico di adolescenti che potranno rivedersi in Mercoledì e nei suoi patemi, mentre i più grandi si divertiranno con i personaggi aggiornati di Mano. Senza dimenticare quelli dei poveri adulti alle prese con l’egocentrismo di una Mercoledì ben incarnata da Jenna Ortega e “dai suoi grandi occhi espressivi” (parole di Burton), ma che nel continuare e spiegarsi, mostrarsi e attualizzarsi perde tutto il freddo distacco e quell’alone di mistero che rende il personaggio tanto affascinante.
Fa sorridere, con una vena di tristezza, il limite posto al macabro umorismo necrofilo e assassino della sua famiglia. Ok una ragazzina gotica e un po’ macabra, ma non che si spinga tanto in là da apprezzare, fuori di ironia, criminali e serial killer. Insomma, il ritorno degli Addams è fatto di tumultuose emozioni adolescenziali, misteri e delitti da risolvere, molta ironia ma innocua, del tutto priva della forza di rottura delle precedenti incarnazioni.