Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo: la recensione della serie Disney+
Un'avventura riuscita in cui è impossibile non riconoscere le somiglianze con la saga di Harry Potter
Dal 31 gennaio su Disney+ è disponibile anche il finale di stagione di Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo, La serie, creata da Rick Riordan sulla base della sua saga letteraria ci regala una prima stagione in 8 episodi in cui il giovane Percy Jackson (Walker Scobell, La gang dei supereroi) scopre la sua vera identità. È un semidio, figlio di un’umana - Sally Jackson (Virginia Kull, Big Little Lies) e di uno degli dèi. Sì, gli dèi dell’Olimpo, quali della mitologia classica, già portati sullo schermo in diversi film tratti dai romanzi di Percy Jackson. Nel 2010 e nel 2013 era stato Logan Lerman (Hunters) a vestire i panni del protagonista, nella webseries del 2017era toccato a Riley Wake (More Than Only) in una storia riproposta da questa prima stagione in cui, nel 2023, è il turno di Walker Scobell.
Disney ha investito molto negli effetti speciali e nella realizzazione di questa prima stagione, ma soprattutto nel progetto in sé: sono infatti previste 5 stagioni della serie, una per ciascuno dei romanzi di Riordan da adattare. E la presenza dello scrittore come sceneggiatore e produttore esecutivo rende la serie la versione più aderente ai romanzi vista finora.
La trama di Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo
Il dodicenne Percy Jackson è da sempre considerato strano dai suoi compagni di scuola e dagli insegnanti: ha una fervida immaginazione, afferma di vedere cose che non esistono e poi, arrivato all’età di 12 anni, viene attaccato da un mostro durante una gita scolastica. La madre Sally quindi gli svela ciò che gli aveva sempre tenuto nascosto: ciò che vede è reale, si tratta di creature appartenenti al mondo degli dèi, a cui in parte appartiene anche Percy. Il ragazzino è infatti figlio di un’umana e di un dio, cosa che fa di lui un semidio a cui i mostri danno la caccia, fiutandolo.
Per proteggerlo, Sally porta Percy e il suo migliore amico Grover (Aryan Simhadri, Un’altra scatenata dozzina) al Campo dei Mezzosangue, dove i semidei vengono tenuti al sicuro e istruiti.
Insieme all’inseparabile Grover, che si rivela essere un satiro, Percy intraprenderà un’impresa eroica affiancato da Annabeth (Leah Jeffries, Beast) per andare fino agli inferi e recuperare da Ade la folgore che è stata rubata a Zeus con lo scopo di scatenare una guerra fra gli dei.
La recensione di Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo: Harry Potter a spasso fra gli dei
Inutile girarci intorno: mezzosangue, un trio di amici con due ragazzini e una ragazzina, un piccolo eroe testardo, coraggioso e incline al sacrificio, un po’ allergico alle regole e agli ordini. Un mondo magico, una sorta di scuola per semidei con pause estive per tornare a casa e una serie di imprese da portare a termine per sconfiggere il cattivo di turno… Proprio come in Harry Potter, sì. Con l’aggiunta di tutta la mitologia classica sugli dei, i riferimenti all’Odissea e a tutte le figure che abbiamo studiato a scuola nelle opere classiche.
Così come Harry Potter era appena un bambino quando ha ricevuto la lettera per Hogwarts, così forse Jackson appena 12 anni fanno la madre gli svela la sua vera natura, perché i mostri iniziano ad attaccarlo.
È così come Harry aveva due amici accanto durante le sue avventure sempre più rischiose, così succede a Percy. Perché qualcuno ha rubato la folgore e recuperarla tocca a 3 ragazzini che nemmeno sanno chi sia stato a rubarla. Quindi è la somiglianza con le avventure nate dalla penna di J.K. Rowling a colpire. Il Campo è la Hogwarts per i figli degli dei, metà umani e metà divini - un po’ babbani, insomma. Mezzosangue, come dicevamo. Sembrerebbe quindi tutto già noto, ma come sappiamo è il modo in cui si raccontano le storie a fare la differenza.
Lo studio del mito classico relativo alla sceneggiatura e alle storie ci dice che ogni storia è già stata raccontata. Proprio come quella di Percy Jackson, e di Harry Potter. Cambiano nomi, ambientazioni, personaggi, tematiche, ma il succo resta sempre lo stesso: un eroe riceve una chiamata per l’avventura, l’accetta, viene seguito da un mentore, incontra alleati e ostacoli, fino allo scontro definito con l’Ombra, il suo nemico. L’ho molto semplificata, con uno studio approfondito potrei mostrarvi come tutto torni ma non è questa la sede. Qui mi serviva solo sottolineare che sì, certo: è impossibile non notare i punti d’incontro fra i romanzi della saga di Percy Jackson (che ha visto la luce nel 2005) e quelli della saga di Harry Potter (datata 1997).
Non ci sono grosse sorprese, non c’è nemmeno un’idea così nuova e originale, come abbiamo visto, e non ritrovare Hermione in Annabeth è fuori discussione, eppure Percy Jackson funziona.
Tantissimo Harry Potter, un po’ di Marvel (evidentemente in Disney non sono più in grado di distinguere le cose) e la mitologia che tanto appassiona i ragazzini ed ecco la ricetta.
Dopo un inizio un po’ confusionario, forse per via delle molte nozioni da far apprendere sia al protagonista che agli spettatori, la serie ingrana.
I tre ragazzini protagonisti, Percy in particolare, sono davvero bravi. Convincenti. Credibili in tutto. E già questo significa aver portato a casa il risultato. Mettiamoci un notevole dispiego di mezzi tecnici e digitali e otteniamo un’avventura divertente, con momenti oscuri, all’insegna dell’amicizia, della fiducia, della paura di essere traditi, mentre i mostri si preparano a eliminare quelli che sono di fatto bambini. Bambini molto speciali, ma soprattutto per metà umani.
La morale della favola
Gli dei, invece, sono capricciosi, crudeli, egoisti. Ma sono comunque molto meglio degli esseri umani, che continuano a distruggere il loro mondo incuranti delle conseguenze. Si massacrano fra loro, si derubano, si tradiscono. E finiscono per essere dipinti come gli unici, veri mostri della situazione. Da manuale.
Fra parchi divertimenti pieni di trappole, alberghi in cui si perde la memoria, incontri con le figure mitologiche più famose e fughe dai mostri, il satiro Grover, la sapientona Annabeth e il nostro coraggioso Percy affrontano ogni ostacolo per portare a termine la loro impresa: raggiungere gli inferi per recuperare la folgore - e non solo - trattenuta da Ade. Scopo del gioco: impedire lo scoppio di una guerra fra gli dei, perché ogni volta che ne inizia una arrivano conseguenze devastanti anche sulla Terra.
In un viaggio che cita e adegua ai giorni nostri l’Odissea di Omero, i giovani eroi - o meglio piccoli eroi, visto che nei sogni Percy si sente chiamare piccolo eroe - mostrano spirito di sacrificio, abnegazione e lealtà contro ogni tentazione.
Il messaggio, non c’è nemmeno di girarci troppo intorno, è che solo una metà divina porta l’essere umano a essere illuminato e a combattere le battaglie giuste. Gli uomini, così come sono, sono troppo imperfetti per riuscirci. Per fortuna, mentre l’ignaro mondo violento ed egoista vive la sua vita, qualche semidio si adopera per far sì che le cose restino almeno come sono, anziché peggiorare…
Un cast all’altezza delle richieste e quell’immancabile mix di generi che accontenta un po’ tutti - con family drama, comedy, avventura, fantasy e via dicendo - danno vita a un prodotto che ci dà esattamente ciò che ci eravamo aspettati e che, a differenza dei film, aderisce ancora di più a quella versione di Harry Potter in mezzo agli dei che abbiamo ampiamente spiegato.
Ciononostante, Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo si fa guardare piacevolmente, senza colpi di scena troppo inaspettati ma anche senza cadute di stile fastidiose. La serie perfetta da guardare in famiglia, tutti insieme.