Pulse: il medical drama di Netflix sembra un clone stanco di Grey’s Anatomy
Fra stereotipi, personaggi e situazioni già visti ma ben confezionati

Su Netflix è disponibile la prima stagione, con 10 episodi, del nuovo medical drama Pulse.
Creata da Zoe Robyn (showrunner e produttrice esecutiva), prodotta da Carlton Cuse (Lost) e da Kate Dennis (New Amsterdam), che firma anche da produttrice esecutiva. Ambientata nel più trafficato centro traumatologico di primo livello di Miami, Pulse è di fatto un Grey’s Anatomy che non ce l’ha fatta.
L’influenza di produzioni fortunate come la serie di Shonda Rhimes (o il rivoluzionario E.R.) è difficile da ignorare, ma serve originalità. E qui manca.
La trama di Pulse

La serie è ambientata in un ospedale di Miami, in cui un gruppo di giovani medici e infermieri si trova a operare in condizioni estreme, sia sul piano professionale che su quello personale.
La storia si apre con un evento ad alto impatto: un uragano di proporzioni devastanti si abbatte sulla città, mettendo a dura prova l’intero sistema sanitario locale. Nei primi episodi conosciamo i protagonisti principali: il capo degli specializzandi Xander Phillips (Colin Woodell, L’assistente di volo) viene sospeso dopo la denuncia per molestie della collega Danny Simms (Willa Fitzgerald, La caduta della casa degli Usher), che prende il suo posto. Mentre gli altri medici - i dottori Sam Elijah (Jessie T. Usher, A-Train in The Boys), l’instancabile Sophie Chan (Chelsea Muirhead, Warrior), la sempre sorridente Camila Perez (Daniela Nieves, Vampire Academy), la sorella disabile di Danny, Harper Simms (interpretata dall’attrice veramente disabile Jessy Yates, Me) e l’arrogante chirurgo Tom Cole (Jack Bannon, Pennyworth) - cercano di gestire pazienti, tensioni e problemi personali. Inclusi quelli con i superiori, la dottoressa Natalie Cruz (Justina Machado, Six Feet Under) e il dottor Ruben Soriano (Nestor Carbonell, Lost).
Tutto già visto, troppo già visto

Pulse è un Grey’s Anatomy che non ce l’ha fatta. Ecco cosa pensi subito, dopo i primi due episodi: un “nuovo” medical drama che si brucia tutto subito, con quegli eventi superdrammatici e straordinari che nelle altre serie dello stesso genere vengono dosati con cura e usati, a volte, per rivitalizzare una stagione.
Un uragano, addirittura. Tutti i primi 5 episodi ambientati subito prima, durante e dopo l’uragano che colpisce Miami. Oltre a una denuncia per molestie sessuali che - si capisce istantaneamente, ma ci verrà confermato - è di fatto offensiva per le vere vittime di molestia.
Partiamo malissimo… Eppure Pulse ha qualcosa che ti spinge ad andare avanti nella visione, o almeno che spinge il pubblico che si aspetta esattamente ciò che trova: tanti protagonisti giovani e belli, gli immancabili intrighi personali fra medici e infermiere, competizione, segreti, relazioni private che compromettono l’ambiente professionale. Il tutto condito da una confezione di alta qualità realizzativa (il budget c’è, e si vede) che però non ci offre davvero nulla di nuovo.
Tutto già visto, già sentito, già “vissuto”, da spettatori. Con l’aggiunta di personaggi stereotipati in situazioni stereotipate. Funziona? Sì. Ma se - come dicono nell’episodio pilota - “avete visto Grey’s Anatomy da piccoli” saprete esattamente cosa vi aspetta. In ogni singolo episodio, per tutti i 10 episodi della prima stagione.
La confezione: un comfort food per i fan

Abbiamo già visto tutto, ma grazie al ritmo serrato chi gradisce questo genere di prodotto continuerà ad assistere a rivalità accese, segreti che ovviamente verranno a galla, e situazioni professionali compromesse dalle immancabili tresche sentimentali. Con una differenza: qui è tutto accelerato, condensato, come se la serie fosse costruita su una playlist dei momenti più drammatici dei suoi predecessori, senza pausa, senza respiro. Ed è per questo che al pubblico piacerà a sufficienza.
Regia fluida, fotografia impeccabile, scenografie curate. Ma, ripeto, è una bellezza di superficie, perché sotto non c’è niente che sorprenda, niente che davvero valga la pena. Gli stereotipi regnano sovrani: la dottoressa brillante ma fragile, il medico bello e carismatico con il passato complicato, la specializzanda che sembra superficiale ma nasconde insicurezze… Il solito, insomma.
Una sorta di comfort food per appassionati di medicai-romance: sai cosa stai per vedere, sai come andrà a finire, e in fondo va bene così. Un grande déjà-vu travestito da serie nuova. Non ha né il coraggio né la scrittura per osare qualcosa di diverso. Prende tutto ciò che ha funzionato in passato e lo mescola, mettendolo insieme. Il risultato è una serie che scorre via, ma che dimentichi cinque minuti dopo.
Un’occasione mancata? Forse. O forse nemmeno ci hanno provato davvero.
Rating: TBA
Nazione: USA
Voto
Redazione

Pulse
Pulse, il nuovo medical drama disponibile con i 10 episodi della prima stagione su Netflix, è ambientato in un ospedale di Miami. Si parte subito con una situazione fuori dall’ordinario, un uragano che travolge la città e impegna la trama per diversi episodi, per poi passare ai consueti drammi personali e professionali che coinvolgono il personale. Nonostante una confezione impeccabile e un cast giovane e attraente, con qualche nome famoso fra i capi di reparto la serie si rivela un mix di stereotipi e cliché già visti in tutti i medical drama precedenti, e in particolare in Grey’s Anatomy. Ma senza l’originalità né la scrittura necessarie per lasciare il segno. Ritmo serrato e trama ad alto tasso di dramma rendono Pulse una sorta di “comfort food” per i fan del genere, ma resta una visione dimenticabile, un’opera che si può definire più “derivativa” per tutto ciò che ha preso dal passato che innovativa.