Questo mondo non mi renderà cattivo, recensione: capire il nemico guardandogli dentro
Leggi la recensione di Questo mondo non mi renderà cattivo per scoprire com’è la nuova serie animata Netflix di Zerocalcare.
Arrivato alla soglia dei fatidici “anta”, Michele Rech si trova a tirare un bilancio non facile della vita. Più che della sua, di quella della parte e di chi gli sta intorno, scoprendo che a essersi persi per strada non sono soltanto “gli altri”, ma anche gli amici che l’hanno aiutato a rimanere fedele a sé stesso.
Zerocalcare è tornato e ancora una volta si dimostra tra i pochissimi capaci di guardare al presente in faccia e nel profondo, senza facili scorciatoie e senza mai chiudere gli occhi di fronte al disagio personale e sociale. Il disagio è il protagonista assoluto di Questo mondo non mi renderà cattivo, che racconta proprio come l’affermazione forte del titolo spesso sia seguita da un punto di domanda, pronunciata più come una speranza o una volontà che con forte convinzione.
Le immagini e le metafore di chi “sta dalla parte del giusto” nell’ottica umanitaria e politica di Zerocalcare raccontano di tutta la difficoltà di non essere cattivi. Da una parte ci sono i dinosauri che si spendono per gli altri: fighi sì, ma ormai quasi estinti. Dall’altra ci sono i fari: punti di riferimento per la nostra esistenza morale, che però rimangono impantanati sempre nello stesso punto mentre gli altri vanno avanti, in direzioni inaspettate.
In mezzo c’è Zerocalcare, deciso a non perdersi per strada ma costretto a fare i conti con la percezione che gli altri hanno di lui, tra aspettative, responsabilità e la possibilità di rimanere in silenzio e optare per il quieto vivere.
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- Di cosa parla Questo mondo non mi renderà cattivo
- Cosa funziona e cosa no in Questo mondo non mi renderà cattivo
Di cosa parla Questo mondo non mi renderà cattivo
La nuova serie animata Netflix firmata da Zerocalcare e divisa in 6 episodi da 25 minuti circa l’uno è strettamente ancorata al presente e ha come fatto scatenante la presenza di un centro d’accoglienza che ospita 35 migranti nel quartiere di Torre Sta’ Ceppa. Il gruppetto di rifugiati viene costantemente rimbalzato da un municipio romano all’altro, finché proteste e intimidazioni ottengono un trasferimento da un’altra parte.
La storia è viene narrata come un lungo flashback da Zero, l’amica Sarah e il Secco, interrogati dalla polizia e dalla DIGOS dopo alcuni scontri violenti e il fermo in questura. Zerocalcare dunque racconta come si sia arrivati allo scontro alle guardie, prendendola ovviamente alla lunga e ironizzando nel mentre.
C’è anche l’Armadillo, ma la sua voce interiore (come sempre doppiata da Valerio Mastandrea) e i flashback e l’ironiadedicati ai momenti nostalgia della cultura nerd anni ‘80 e ‘90 sono ridotti al minimo. Questo mondo non mi renderà cattivo si concentra infatti sul presente e tenta di fotografare l’inquietudine e la tensione sociale della periferia romana, dove tutti “anche chi è rimasto in silenzio per anni, ora ha qualcosa da dire”. Sì, ma cosa? Livore, dolore, rabbia.
Con risultati spiazzanti, che portano il protagonista ad aprire gli occhi su una realtà politica e sociale che ha fatto sentire alcuni invisibili, fantasmi, falliti. Tanto da fargli credere alle sirene di chi riconduce tutti i problemi del presente a quei 35 migranti nel centro di accoglienza. Uno scatolone di cartacce da spostare qua e là per Roma, mentre la vita vera continua a mordere e fare male a tutti.
Cosa funziona e cosa no in Questo mondo non mi renderà cattivo
Più maturo di Strappare lungo i bordi, Questo mondo non mi renderà cattivo conferma non solo il talento del suo creatore in qualità di sceneggiatore e creativo, ma anche la sua crescita d’artista, con uno sguardo più tagliente, un approccio più adulto e rivolto alla società. La serie infatti ha ovviamente una tangente politica precisissima e sempre dichiarata, ma fa uno sforzo in apparenza scontato, ma che in pochissimi mettono in pratica. Cerca di vedere dentro alle “voci sbagliate”, guarda cosa ci sia dietro a chi fa da sponda ai fascisti nel quartiere. Zerocalcare guarda oltre al rancore e non fa muro: si sforza di capire al di là di un facile semplicismo (questo è buono, quello no) cosa animi certe rivendicazioni.
Non sempre le risposte date sono incisive, ma Reich ha davvero il merito di guardare in faccia a una realtà cambiata,ammettendo che qualcosa si è rotto e un certo di solidarietà pare perduta per sempre. Senza catastrofismi, ma senza alzare il collo come certe giraffe politiche che si solo evolute per “poter gustare dai rami i rari frutti di Capalbio”, si guarda intorno con gli occhi ben aperti e cerca anche dentro sé stesso risposte non facili da trovare.
Mettersi in discussione senza però affidarsi a un facile relativismo nichilista non è semplice. Reich lo fa in maniera onesta e schietta, talvolta incisiva: sono domande su cui anche i grandi artisti, i vecchi grandi del cinema impegnato, continuano ad affannarsi a trovare una risposta. Come Ken Loach nel suo ultimo film The Old Oak, Zerocalcare vede il bluff dei migranti e tenta di superarlo per capire cosa ci sia davvero dietro, cosa risucchi la speranza ed esacerbi gli animi.
In questo processo mette in gioco tutto, anche la possibilità che il suo forte accento romano possa essere, in effetti, non chiarissimo ai più, riflettendo sul vivace dibattito che la sua prima serie aveva generato. Non deve essere semplice per lui fare i conti con il fatto che “anche i nazisti leggono i fumetti” o con il dover continuamente spiegare il suo dietro le quinte di artista e attivista, da quando decide di censurare una parola offensiva a quando si strugge perché invitato a un programma televisivo s’interroga se parlare delle violenze nel suo quartiere o tacere.
Così come nella serie non lo è rendersi conto come è un certo vuoto umano e sociale a far passare alcuni dall’altra parte, dove trovano l’ordine, la routine ma anche l’attenzione umana che il resto del mondo non gli ha dato. Essere usati politicamente per sentirsi visti e non fantasmi per alcuni è abbastanza: quanta solitudine bisogna aver ingoiato per accettarlo? Zerocalcare lo vede e se lo chiede.
Vedere la mancanze della propria di parte, la stanchezza, l’opportunismo e talvolta lo scarso contatto con la realtà. Un frangente che risulta particolarmente doloroso e realistico. Così come realizzare che “vivo solo per lavorare, il resto del tempo decomponendomi”. Che senso ha avercela fatta se intorno hai solo macerie?
Non ci sono risposte facili in Questo mondo non mi renderà cattivo, difficile da valutare davvero soprattutto perché Netflix non ha fornito i due episodi finali a quanti come la sottoscritta lo recensiranno in anteprima. Tuttavia mostra chiaramente qualcosa di cui c’è un gran bisogno: guardarsi dentro, certo, ma anche guardarsi fuori, intorno nel mondoe chiedersi perché ci renda cattivi e se è ancora possibile fare qualcosa in merito.