Squid Game 2: il sequel della serie di Netflix è un ponte verso il finale
I 7 nuovi episodi di Squid Game intrattengono in attesa del finale
Era prevedibile: Squid Game aveva un’idea di base così forte che portare avanti la storia con lo stesso successo era praticamente impossibile. Ed è stato esattamente così.
Il sequel della serie sudcoreana più vista di tutti i tempi, con l’enorme successo su Netflix e i record di ore di streaming in oltre 90 Paesi in tutto il mondo, era già pianificato.
Lo sappiamo fin dal finale della stagione 1, in cui il vincitore della prima stagione infrangeva gli ordini degli organizzatori del gioco.
Difficile, quindi, stupire il pubblico, nemmeno riportandoci dentro il complesso in cui si vince o si muore con nuovi giochi. Difficile, soprattutto, introdurre tematiche nuove. La presenza di un giocatore transessuale, di un’assassina nordcoreana e di un giovane rapper tossicodipendente (e fin troppo stereotipato) non bastano nemmeno lontanamente.
La trama di Squid Game 2
Seong Gi-hun (Lee Jung-jae), noto come Giocatore 456, ha sfidato gli organizzatori del gioco a cui è sopravvissuto. Non è salito sull’aereo che avrebbe dovuto portarlo lontano per fargli iniziare una nuova vita, come gli aveva ordinato l’uomo che conosciamo come Front Man (Lee Byung-hun) e che ora è il diretto avversario dell’ex vincitore. Dopo essere sopravvissuto a un inferno, il nostro giocatore 456 è determinato a fermare il gioco. Per farlo, prova a sabotarlo dall’interno, tornando in gara con altri 455 disperati…
Niente di nuovo: Squid Game non ha nulla di nuovo da dire
Il creatore della serie, Hwang Dong-hyuk, più volte intervistato sui contenuti della seconda stagione, aveva anticipato che ci sarebbe stato un ritorno nell’arena già nota al pubblico ma che, con nuovi giochi, nuovi personaggi e nuove location, ci sarebbero stati anche moltissime novità. Qualcosa che avrebbe dato la pubblico un’idea di freschezza.
Ebbene: non è così. L’effetto shock della prima stagione, noto sia a noi che a Seong Gi-hun, è irripetibile. Ecco quindi che si cerca di rinnovare il tutto con i giochi nuovi e con i nuovi personaggi.
I giochi nuovi non hanno nulla di sorprendente, visto che sappiamo già cosa succede a chi fallisce e che il meccanismo delle squadre e delle alleanze era già stato ampiamente sfruttato.
Per quanto riguarda i nuovi personaggi, anche qui avevamo già visto tutto, dai bulli ai prepotenti, dai fragili agli altruisti, dai folli agli incoscienti. Mancava giusto la “nordcoreana brutta e cattiva” - che brutta non è ma la percezione sugli abitanti della Corea del Nord è palesemente questa. Colei che conosciamo come Numero 11 ha una storia personale che si lega alla trama ma la stagione 2 non ci dà modo di esplorarla a dovere: si tratta di una stagione-ponte verso il terzo e ultimo ciclo, in arrivo nel 2025.
Le occasioni sprecate
Ci sono soprattutto due piste narrative interessanti che, purtroppo, sono state appena accennate e poi abbandonate. Fossero state sviluppate, le cose sarebbero state molto diverse.
La prima: tutto ciò che non abbiamo visto nella stagione 1, dalla firma del consenso alle proteste dei giocatori prima ancora dell’inizio, fino al modo in cui le nuove regole manipolano i concorrenti convincendoli a restare. Anziché dedicare così tanto tempo alla caccia al reclutatore (il cui finale è, di nuovo, inverosimile) e alla ricerca dell’isola, sarebbe stato più interessante sviluppare questa parte.
La seconda è la pista del traffico di organi. L’idea di recuperare organi da trapiantare - che sul mercato nero hanno un valore inestimabile - dai feriti gravi avrebbe fatto la differenza. Se fosse stato lo scopo vero del “gioco”, la motivazione di tutto, intendo. Avrebbe dato un senso “cinico” ma realistico al tutto, mentre la spiegazione “salviamo vite” è francamente ridicola e totalmente inverosimile.
In attesa del finale, nel 2025, restiamo con questa stagione di passaggio che ci traghetta in avanti senza però aggiungere nulla alla mitologia della serie.