Squid Game: La sfida, quando un gioco diventa un esperimento sociale
Squid Game: La sfida è il gioco con il più alto montepremi di sempre per un reality show
Immaginate di essere uno dei milioni di fan di Squid Game, la serie coreana targata Netflix che nel 2021 è diventata la serie TV dei record, la più vista in diversi Paesi del mondo e la serie non in lingua inglese più vista in assoluto nella storia della piattaforma streaming. Ma anche la più discussa: i partecipanti a un gioco, chiamati a partecipare per risolvere i loro problemi di vario genere, accettano senza sapere che si tratta di un gioco letale.
A ogni prova, infatti, chi non supera la sfida viene eliminato. Fisicamente eliminato: ucciso.
Centinaia di milioni di spettatori si sono appassionati a Squid Game, scoprendo il turning point finale sulla vera identità di uno dei giocatori.
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Ebbene: alcuni fra i milioni di fan della serie hanno passato la selezione per partecipare a Squid Game: La sfida, la nuova miniserie - su Netflix dal 22 novembre - in cui i giocatori devono superare le stesse prove della serie TV. Negli stessi ambienti. Con gli stessi inquietanti personaggi che li controllano. Ma anche con qualche novità, per spiazzare tutti. Con l’importante - e ci mancherebbe anche - differenza: si muore “per finta”. Ogni giocatore che fallisce, prima di uscire di scena, cade a terra fingendosi morto quando la vernice che ha addosso esplode come se fosse stato colpito da un proiettile.
Giocatori di ogni età e di ogni provenienza si sfidano. Nello specifico: 456 giocatori. Ben oltre la metà finiranno fuori già alla prima prova. Per ogni giocatore eliminato altri 10.000 dollari vengono aggiunti al premio in denaro - che fin dal principio è una cifra astronomica: 4.560.000 dollari. Qualcuno se li porterà a casa. Chi ci riuscirà? Come finirà la sfida?
Squid Game: La sfida, operazione, cinismo: PRONTI, VIA
La verità? A metà della prima prova avevo voglia di lanciare il telecomando contro la TV. Mi sono sentita quasi offesa da questo gioco. Ma è esattamente ciò che la produzione voleva ottenere. Probabilmente succederà anche a voi. Non fermatevi. Andate oltre e scoprirete cosa conta davvero in questo reality game.
Il cinismo di questa operazione è evidente. Si chiede alla gente di vivere le stesse situazioni della serie, creando alleanze e individuando i potenziali vincitori per eliminarli e arrivare in fondo alle prove.
Ci sono madre e figlio, ragazzini e uomini di mezza età, donne in cerca della soluzione alle rate del mutuo, insegnanti e tecnici informatici, operai e professori, atleti professionisti e pensionati. In un periodo difficile, funestato dalle guerre che sconvolgono l’opinione pubblica, Squid Game: La sfida arriva a farci riflettere su ciò che saremmo disposti a fare per risolvere una volta per tutte i nostri problemi. I nostri e quelli di chi amiamo, ma non certo i problemi del mondo.
Il reality game di Netflix ci chiede cosa saremmo disposti a fare per “sopravvivere” fino alla fine del gioco. Ma ci provoca anche, e molto. Il fastidio che si prova di fronte alla prima sfida, con i giocatori eliminati che si fingono cadaveri che gli altri devono scavalcare, è perfettamente comprensibile. Viene voglia di fermarsi pensano a chi muore davvero, non per gioco, e non per vincere milioni di dollari.
Eppure, il cinismo di Squid Game: La sfida ha un grande significato. Stiamo guardando un documentario sulla natura umana, e lo capiamo presto. Perché non appena i concorrenti entrano nei dormitori - esatte repliche di quelli originali della serie - i meccanismi che si creano fra di loro sono esattamente gli stessi che avevamo visto nella finzione.
Nell’infinito dibattito che assegna a film e serie TV la “colpa” di stimolare la violenza, da professionista del settore ho sempre studiato il fenomeno con cura e ho sempre concluso che la realtà supera sempre la fantasia.
Questo reality lo prova, senza ombra di dubbio. Nessuno vuole farsi vedere in TV da tutto il mondo come una persona egoista, spietata o avida. Eppure, il gioco tira fuori esattamente questo dai partecipanti. Perfino durante la festa di compleanno di Rick - che spegne 69 candeline nel dormitorio, la preoccupazione è una sola: come rispondere al test richiesto, ovvero assegnare un vantaggio a qualcuno per il gioco successivo oppure eliminare qualcuno. Qualcuno che nemmeno conoscono, di cui non sanno la storia. Sì, Netflix ha messo in piedi un’operazione decisamente cinica, anche presentandoci alcuni dei protagonisti - madri di famiglia, impiegati, giovani pieni di sogni per il futuro - per poi eliminarli subito. In un battito di ciglia.
Poco meno di duecento sconosciuti hanno deciso di mandare via qualcuno così, sulla base della prima impressione. Pregiudizi, bodyshaming, abiti che certamente non fanno il monaco quando sono tutti vestiti nello stesso modo: ogni persona viene giudicata dagli altri, se non la conoscono, esclusivamente per il suo aspetto fisico. La sua età, il suo livello di allenamento, la sua intelligenza, la sua capacità di mantenere il sangue freddo.
Un mondo superficiale ed egoista: la recensione di Squid Game: La sfida
In una perfetta, cinica e inquietante replica del mondo reale e della sua superficialità, prima o poi nella vita siete entrati anche voi in una stanza in mezzo a gente che non conoscete e che sono lì per lo stesso motivo: ottenere qualcosa. Che sia un colloquio di lavoro o la partecipazione a un concorso, la sostanza non cambierà. I vostri potenziali concorrenti vi studieranno per capire se rappresentate una minaccia oppure no. A qualcuno starete simpatici. Altri vi detesteranno, a pelle. Così, solo per come siete. Non riuscirete mai a mettervi d’accordo in pochi minuti, come richiesto dal gioco, perché qualcuno deciderà di fare di testa sua. E per questo pagherete tutti.
La prova è sottile, ma chiarissima: se non impariamo a collaborare, siamo destinati a perire. Tutti. Per colpa di un singolo membro del gruppo che sceglie di fare di testa sua. Una palese metafora del mondo che stiamo distruggendo e per il quale chiediamo sempre agli altri di fare qualcosa.
Squid Game: La sfida è una rappresentazione fin troppo dolorosa della nostra società. Sì, è un gioco spettacolare che ripropone le medesime prove di Squid Game in una perfetta replica degli ambienti. Ma è anche un monito prezioso.
Ci costringe a pensare a cosa faremmo al posto dei concorrenti, a pensare a quale soluzione per mettersi d’accordo avremmo escogitato. A superare l’egoismo per dare a tutti, inclusi noi stessi, una chance. A sacrificarci per far sì che il gioco prosegua, a dispetto della scorrettezza altrui.
Ogni singola polemica a cui assistiamo ci ricorda la vita vera: la gente viene eliminata prima che qualcuno trovi il coraggio di sacrificarsi scegliendo la prova più difficile per il bene collettivo. Ma anche se lo facesse, verrebbe comunque criticato.
Bulli e compiti in classe
Episodio 2, seconda prova. Dopo il famigerato 1,2,3… Stella! Ecco la temutissima prova del biscotto (nome ufficiale: Caramello). Il bullismo, per l’assegnazione delle forme, la fa da padrone. Il bullo della situazione si prende la scena. La fragilità delle sue vittime lo infastidisce e lo galvanizza al tempo stesso.
Sembra davvero di guardare un documentario. E poi, quando il gioco inizia e tutti si mettono a ritagliare la forma assegnata, di colpo torniamo in classe. Silenzio, concentrazione, invidia per quelli che “consegnano” il compito corretto per primi e se ne vanno. Tutto riproduce un esame scritto come quello della maturità, o un semplice compito in classe che si teme di non superare.
Si dice che nella vita gli esami non finiscano mai ed è vero. Squid Game: La sfida ce lo mostra mentre il coinvolgimento degli spettatori nei confronti di alcuni concorrenti cresce con il passare dei minuti. Così come l’antipatia per i bulli e i prepotenti… A meno che non facciano parte della nostra squadra, nel qual caso steremmo tutti zitti, proprio come i giocatori.
I nostri sentimenti sono sostanzialmente pilotati dalle immagini e dalle azioni dei concorrenti. L’esperimento sociale di Squid Game: La sfida è riuscito. Doppiamente riuscito: i concorrenti si comportano esattamente come previsto, così come le reazioni dei telespettatori sono quelle attese.
Ci sono due modi di vivere la competizione: “il più forte sopravvive”, filosofia del giocatore 432 - sappiamo come si chiama ma qui esistono solo numeri, non nomi - o “si può vincere anche restando umili e corretti”, filosofia di tutti coloro che lo guardano con sospetto e un velo, neanche troppo sottile, di disprezzo. A cominciare dalla ragazzina con il numero 134, che se la deve vedere anche col senso di colpa.
In questa miniserie c’è davvero tutto. Incluso il karma, secondo qualcuno. Inclusi i giocatori che augurano buona fortuna a tutti gli altri quando stanno per essere eliminati e quelli che recriminano, dando la colpa del proprio fallimento agli altri.
Qualcuno stringe amicizia, altri riflettono sulla rivalità fra i sessi, per citare il caso più diffuso. La rivalità diventa sempre più accesa, minuto dopo minuto. E la convivenza fra persone che rispettano le regole e persone che non lo fanno e si prendono ciò che vogliono è l’ennesima, disturbante rappresentazione della realtà.
Squid Game: La sfida, muscoli e strategia
Per superare alcune prove ci vogliono i muscoli, per altre ci vuole sangue freddo, in altre ancora conta solo la strategia. E vedere che questa manca, al momento opportuno, ti fa rimettere tutto in discussione.
Se avessi risposto alla seconda telefonata avrei subito saputo cosa dire. Se avessi avuto l’ombrello da ritagliare nel caramello avrei saputo cosa fare. Se avessi partecipato a 1,2,3… Stella! avrei vinto.
Ciascuno conosce le proprie abilità e le compara con le sfide del gioco. Per poco meno di 5 ore, entriamo in un altro mondo. Un mondo colorato e pensato per i fan di Squid Game, ma non diverso dal nostro.
Un mondo in cui l’intelligenza di qualcuno che molti avevano sottovalutato, colpisce e affonda gli avversari.
Fra colpi di scena determinati da decisioni inattese o da trabocchetti degli autori, fra amicizie che nascono e alleanze che si rompono, Squid Game: La sfida ci lascia dopo 5 episodi, in attesa del gioco delle biglie. E dei prossimi episodi, in arrivo il 29 novembre (4 episodi) e il 6 dicembre (finale).
Voto
Redazione
Squid Game: La sfida, quando un gioco diventa un esperimento sociale
Squid Game: La sfida mette a confronto 456 giocatori in una replica di Squid Game, con parte degli stessi giochi a eliminazione e qualche novità. Naturalmente, qui si muore solo per finta (esattamente come in Squid Game, essendo una serie TV). Guardando l’inizio di questo reality game con concorrenti provenienti da ogni parte del mondo, inizialmente ci si indigna. Sembra un’offesa alla realtà, soprattutto nella situazione mondiale attuale. Ma la prima impressione - proprio come questa sfida - inganna.
Sembra di guardare documentario sulla natura umana. I meccanismi relazionali che vengono instaurati nella realtà sono esattamente gli stessi visti nella serie. Gli autori hanno creato un’efficiente trappola per i concorrenti, che si comportano esattamente come previsto e per i telespettattori, i cui sentimenti vengono sapientemente pilotati.
Col procedere dei minuti, impariamo a conoscere i concorrenti mentre la rivalità aumenta e apprezziamo l’intelligenza del gioco. In particolare nei cosiddetti “test” che portano i giocatori a esporsi con gli altri per l’eliminazione di alcuni rivali.
Un’inquietante rappresentazione della nostra società mette gli uni contro gli altri bulli e nerd, atleti e strateghi, aspiranti leader e insospettabili geni.
Il gioco avanza mentre qualcuno accetta di prendersi delle responsabilità scomode e altri incolpano i rivali per la propria eliminazione. Persone che rispettano rigorosamente le regole devono convivere con chi non le rispetta e si prende ciò che vuole mentre Squid Game: La sfida si rivela per ciò che è davvero, un esperimento sociale.
Ci mostra una situazione in cui tutti ci siamo trovati nella vita. Ovvero: trovarsi in una stanza piena di sconosciuti che sono lì per il nostro stesso scopo, per ottenere la stessa cosa che vogliamo noi. Un colloquio di lavoro, un concorso, un provino, un esame… O un montepremi milionario che ci costringe, prima o poi, a mostrare la nostra vera natura. A scegliere di collaborare o di andare avanti da soli, con tutti i relativi rischi.