Supacell: recensione della serie sui superpoteri che arriva tardi al punto
Alla scoperta di pregi e difetti di Supacell, la nuova serie di Netflix
Rapman. All’anagrafe Andrew Onwubolu, classe 1989. Com’è facile intuire, è un rapper britannico, produttore musicale, sceneggiatore e regista. Ha debuttato nel 2013 ottenendo un immediato successo, cresciuto col passare del tempo, fino ad arrivare a cantare per la Roc Nation di Jay-Z.
Nel 2019 adatta Blue Story, la sua serie precedentemente distribuita su YouTube, firma American Son e poi Supacell, la serie di Netflix in 6 episodi che ha rapidamente scalato le classifiche dei programmi più visti in tutto il mondo.
Rapman ha creato, scritto, diretto e prodotto Supacell. La serie è sua in ogni mondo, sotto ogni punto di vista, e forse il suo limite sta proprio qui. Rapman ha un’esperienza piuttosto limitata nel campo di cinema e TV. Lasciarsi affiancare da qualcuno più esperto avrebbe certamente eliminato il principale difetto di Supacell, che resta pur sempre un buon prodotto, ma fatica molto a ingranare.
La trama di Supacell
Londra. Cinque uomini e donne di origine africana (importante ai fini della trama, ma non vi sveliamo perché) vivono le loro vite, fra la normalità di sbarcare il lunario e il crimine per scegliere la via più breve, quando scoprono - tutti per caso - di possedere dei poteri straordinari. Superpoteri, che permettono loro di scegliere come usarli. Il gangster Tazer (Josh Tedeku, Boarders) sceglie di servirsene per commettere azioni terribili, mentre l’infermiera Sabrina (Nadine Mills, The Strangers) protegge se stessa e la sorella Sharleen (Rayxia Ojo, L’amore e la vita - Call the Midwife), invischiata con un criminale molto pericoloso noto come Krazy (e interpretato da Ghetts, un altro rapper come il creatore Rapman).
Poi ci sono Andre (Eric Kofi Abrefa, La coppia quasi perfetta), con un passato in prigione che gli rende praticamente impossibile tenersi un lavoro onesto e il tentativo di riavvicinarsi al figlio adolescente, che non ha potuto vedere a lungo, e il piccolo spacciatore Rodney (Calvin Demba, Life) con una storia difficile alle spalle che cerca di arrangiarsi come può. Infine abbiamo il vero protagonista della serie, Michael Lasiki (Tosin Cole, Ryan Sinclair in Doctor Who), corriere che sogna di sposare la fidanzata Dionne (Adelayo Adedayo, Timewasters) e che sarà determinante nella comprensione di ciò che sta succedendo a lui e agli altri che hanno sviluppato superpoteri.
Interessante, ma ci mette davvero troppo per arrivare al punto
I superpoteri sono inflazionati. Inutile girarci intorno. Anche nelle produzioni UK (la memoria corre subito a Misfits, evidente fonte d’ispirazione per Rapman).
Proprio per l’abbondanza di storie, quasi sempre uguali, Supacell non sfrutta la grande occasione di mettere in scena originalità, azione e approfondimento psicologico fin dal primo istante, nascondendosi invece dietro almeno tre episodi di troppo dedicati a quella denuncia sociale tanto cara al rapper che la firma.
Ma la musica è un conto, la TV un altro. Per occuparsi della situazione socio-economica del Paese sarebbe stato meglio prendere una strada più chiara: creare un drama che la raccontasse, oppure concentrarsi maggiormente sui superpoteri e la loro innovativa origine nella serie.
Supacell funziona davvero a partire dal penultimo episodio: troppo tardi. Il più avvincente e intrigante è il sesto, il finale di stagione, e la sensazione non si può nascondere. Si ha l’impressione di aver sprecato 5 episodi per arrivare al dunque che, se fosse giunto prima, avrebbe certamente cambiato la nostra percezione.
Il pilot è interessante, ma ci sono davvero troppe lungaggini e troppo indugiare sulle dinamiche delle gang di strada, che rendono la serie un po’ noiosa - ma anche eccessivamente stereotipata - per tutta la prima parte.
Ci voleva più equilibrio, ma aspettiamo il seguito
Non scendiamo nel dettaglio per evitare spoiler, ma possiamo dirvi che sia l’origine dei poteri che la “gestione”, chiamiamola così, da parte dei cattivi di turno funzionano davvero. Purtroppo, ci vogliono svariate ore di troppo per sentirsi davvero coinvolti nelle storie di Michael - il personaggio migliore, e meglio interpretato - Tazer, Sabrina, Andre e Rodney.
Siamo consapevoli che in ogni storia con i superpoteri servono tappe obbligate nella narrazione, dalla scoperta casuale al tentativo di padroneggiarli, dalla decisione su come usarli alla curiosità di scoprire se ci sono altri che ne possiedono. Ma tutto questo si poteva serenamente fare in 2 o 3 episodi, lasciando spazio a quel sequel della storia che ora vorremmo vedere, ma che potrebbe anche non arrivare.
Inesperienza, indubbiamente. Voglia di usare il mezzo televisivo rivolendosi ai giovani per lanciare gli stessi messaggi delle canzoni rap, ma per quanto l’intento possa essere nobile il risultato è fallimentare.
Restano troppe domande senza risposta, con la sensazione che si buttino lì tutte le carte migliori per convincere gli spettatori a tornare per una seconda stagione anziché concentrarsi sul fare il meglio possibile per la storia e per i personaggi.
C’è poco altro da dire, perché ciò che salta subito agli occhi è l’incoerenza del progetto rispetto all’ambito narrativo. Staremo a vedere, se ne avrà la possibilità, in che modo Supacell si giocherà il seguito. Anche perché la presenza nel cast di Eddie Marsan (The Gentlemen, Ray Donovan, Ragazze elettriche - già alle prese con i superpoteri) invoglia a restare in attesa dell’evoluzione della trama.