The 8 Show: la serie coreana di Netflix non inventa niente di nuovo
Senza spoiler, scopriamo perché The 8 Show non è all'altezza delle sue premesse
Questa mania delle serie TV coreane ci sta un po’ sfuggendo di mano. Soprattutto perché la tendenza, è evidente, va in una sola direzione. Verso una violenza sempre più esplicita, sempre più estrema, sempre più fine a se stessa.
The 8 Show è interpretata da un gruppo di giovani attori, e si rivolge evidentemente a un pubblico giovane. Ma per chiunque abbia maggiore esperienza e capacità analitica, è chiaro come il sole: la serie di Netflix in 8 (decisamente troppi) episodi su Netflix non ha inventato proprio nulla. Anzi.
La trama di The 8 Show
Otto ragazzi, tutti più o meno giovani, vengono invitati a partecipare a una sorta di gioco, chiamato il Programma. Scegliendo una carta con un numero, accetteranno di entrare in un edificio in cui guadagneranno del denaro per ogni minuti trascorso. Se preferiscono rinunciare, possono prendere liberamente una somma piuttosto consistente (quasi 1500 euro) per il disturbo e tornare alla propria vita.
Ciascuno degli 8 partecipanti ha i suoi motivi per accettare la sfida.
Una volta all’interno dell’edificio, i concorrenti dovranno rispettare una serie di regole molto rigide, pena il dimezzamento del denaro guadagnato. Ma le cose, quando l’avidità prende il sopravvento, si fanno pericolose…
La recensione di The 8 Show: una messa in scena della società, ma molto più banale del previsto
Nulla di nuovo, dicevamo. Da The Experiment ad Arancia Meccanica, passando per I soliti sospetti e naturalmente Squid Game, di cui la serie è stata annunciata come “l’erede”, The 8 Show adatta a un contesto giovanile tematiche tecniche e meccanismi già visti. In diverse occasioni.
Interessante la scelta di far annunciare al più intelligente del gruppo, Piano 7 - perché qui non ci sono nomi, solo i numeri delle loro stanze - l’intuizione che, prima o poi, il passare del tempo porta sempre lì, alla violenza.
Prevedibile, immaginabile, scontato. Il problema è che proprio in questo modo, cioè un modo molto scontato, si passa alla formazione di due gruppi e alla divisione in carnefici e vittime.
La stratificazione narrativa è praticamente inesistente, tanto da farci intuire immediatamente chi (o cosa) rappresentano i vari protagonisti.
Gli otto protagonisti rappresentano infatti 8 diverse categorie spaventosamente attuali.
Piano 8 è l’influencer, privilegiata e capace solo di concentrarsi sulle apparenze perché non ha altri veri talenti. Oltre a essere così stupida, emotivamente parlando, da trovare la crudeltà divertente. Da sbellicarsi dalle risate…
Piano 7 è il genio della situazione, la persona più intelligente, quella che ha capito tutto e fa in modo di sfruttare la situazione a proprio vantaggio. Ma nemmeno un genio può prevedere a quale livello di cattiveria possono spingersi le persone.
Piano 6 è il bullo ignorante, arrogante, violento e facilmente manipolabile. Preferibilmente da una bella ragazza che, pur non essendo un genio, è comunque più intelligente di lui.
Piano 5 è la ragazza normale, compassionevole, la crocerossina che si prende cura degli altri ma ovviamente è tormentata dalla follia. Vede cose che non esistono, perdendo il contatto con la realtà. Soprattutto quando la realtà è troppo violenta perché la sua mente riesca ad accettarla: un classico caso di rifiuto della verità.
Piano 4 è l’individuo medio: non ha niente di speciale ma sa essere opportunista, segue la corrente ed è per definizione un gregario.
Piano 3, il ragazzo scelto per fare allo spettatore da punto di vista privilegiato, è la persona più normale ed equilibrata di tutto il gruppo. Si trova catapultato in una situazione fuori dall’ordinario, ma reagisce in modo ordinario, come farebbe la stragrande maggioranza di noi. Il classico sano di mente in un gruppo di pazzi.
Piano 2 è l’espressione della ragazza ribelle, determinata, moderna, che si difende da sola e bada a se stessa senza dipendere da nessuno. Questo l’ha resa indipendente, ma anche molto diffidente e poco portata a socializzare con facilità, visto che fiuta fregature - e non a torto - più in fretta degli altri.
E poi c’è Piano 1. Fisicamente svantaggiato, abituato a scusarsi continuamente per la sua disabilità, pronto a farsi calpestare pur di non avere problemi. Tanto da farci stare male mentre vediamo in che modo tutti gli altri se ne approfittano. Ma Piano 1 è anche altro. Un uomo che ha a cuore qualcun altro, che lotta per chi ama e che è pronto a tutto pur di riscattarsi da una vita di stenti e rifiuti. Non svelo altro per evitare spoiler, come in tutte le descrizioni.
Il messaggio di The 8 Show: le conclusioni scontate che intuiamo prima della metà della stagione
Le conclusioni raggiunte dalla serie, ovvero i messaggi rivolti al pubblico, sono facilmente individuabili tanto quanto i “tipi” rappresentati dai concorrenti.
Primo: siamo tutti profondamente portati alla distruzione e all’autodistruzione (lo sapevamo già) e perfino la persona più buona, pacifista, mansueta e quant’altro può essere portata, in determinate condizioni, a diventare violenta, vendicativa, crudele.
Secondo: le condizioni che determinano la capacità di trasformare le persone in mostri sanguinari sono quasi sempre legate al denaro. In un modo o nell’altro, torniamo sempre lì. All’ossessione contemporanea dei soldi facili, senza fatica, senza lavoro, senza sudore. Per fortuna, una parte dei personaggi sa benissimo che le cose non funzionano così ma nel Programma, proprio come nella vita reale, non sono loro a dettare le regole…
Terzo: è tutto finto, filtrato. Come la “realtà” imperante oggi, quella dei social network. Una persona qualsiasi racconta una cosa sui social e i giornali la rilanciano, senza verificare la notizia, senza uno straccio di deontologia che porti a fonti attendibili. E la stessa cosa vale per tutte le altre notizie. Si prendono per buone le affermazioni di organizzazioni terroristiche, dittatori, capi di regimi illiberali. Come se la storia della propaganda non ci avesse insegnato nulla.
Abbiamo capito, sì. È fin troppo facile comprendere cosa gli autori di The 8 Show, capeggiati da Han Jae-rim, hanno voluto dirci. In ogni singolo istante.
Il cibo e la piscina finta sono la rappresentazione della finzione che ci raccontiamo, credendo nelle cose materiali anziché in valori che sembrano scomparire ogni giorno di più, mentre la consapevolezza di chi quelle cose materiali non le ha mai avute e mai le avrà diventa la disperazione di non potersi permettere le uniche cose che contino davvero, e che dovrebbero essere gratuite per tutti. Le cure per i propri cari, la dignità di un lavoro adeguatamente pagato, il diritto al proprio posto nel mondo.
Il Programma si basa sul gradimento del pubblico, come del resto succede con tutto, oggi. I misteriosi osservatori paganti di questo reality show messo inconsapevolmente in scena dai partecipanti ci parla del voyeurismo della società. L’esibizione di tutto, senza alcun pudore, è la metafora della mania di mostrare tutto attraverso i social network e di fermarsi a riprendere un incidente anziché chiamare o prestare aiuto.
Osserviamo la gente agonizzare anziché soccorrerla.
Il formato stretto del mondo reale contrapposto alla realtà del Programma, un espediente tecnico apparentemente banale e piuttosto inutile, alla fine trova un suo senso.
L’ultima immagine ci mostra il riquadro che si allarga, fondendo la realtà con quanto successo all’interno di quell’edificio con 8 piani. Sullo stesso piano, se permettete il gioco di parole. In un finale prevedibile, “telefonato” (come si dice in gergo) dalla sequenza che riguardava la vita di Piano 7. Un finale più buonista che lieto, con quel dubbio che vuole lasciarci su cosa sia stato reale e cosa facesse parte di un’invenzione.
Con tanto di battutaccia su un’eventuale seconda stagione.
In una parola? Cheap. Dal punto di vista contenutistico, proprio. Tanto, tantissimo fumo. Negli occhi, più che altro. Ma di ciccia non se ne trova, in questa operazione furba che a giudicare dal posto in classifica di The 8 Show funziona con gran parte del pubblico.