The Office Australia: recensione della nuova declinazione di un classico

Scopriamo la nuova versione di The Office: il remake australiano

di Chiara Poli

The Office nella sua terza versione, quella australiana, è disponibile su Prime Video con gli 8 episodi della prima stagione.

Guardando l’episodio pilota, non è difficile riconoscere subito il corrispettivo dei personaggi della versione americana (ma anche qualcuno di quella originale inglese). Il manager dell’ufficio è una donna, Hannah Howard (Felicity Ward, Wakefiled) ma sembra la gemella di Michael Scott (il grande Steve Carell) della serie americana. Lizzie (Edith Poor, Il signore degli anelli: Gli anelli del potere) è l’evidente versione al femminile di Dwight, e ci sono perfino i Jim e Pam della situazione, Nick (Steen Raskopoulos, The Duchess) e Greta (Shari Sebbens, Thor: Ragnarok). E ancora: Martin (Josh Thomson, Young Rock) corrisponde a Toby e via dicendo. La trama è sostanzialmente identica a quella di The Office US, almeno all’inizio.

E questo sembra essere un problema. Dietro al remake americano della serie UK c’era sempre il suo creatore, Ricky Gervais. In questa versione australiana, a sviluppare la serie c’è Jackie van Beek, attrice, sceneggiatrice e regista neozelandese vista in What We Do in the Shadows (il film, non la serie che ne è derivata).

E dopo un inizio un po’ traballante, che rischia di sembrare noioso per la sensazione di déja-vu (anche nelle trame di tanti episodi, oltre che nei personaggi), The Office Australia prende vita. Perché ha azzeccato il segreto che fa funzionare questa serie: il capufficio perfetto. Ricky Gervais in Inghilterra, Steve Carell negli Stati Uniti e ora Felicity Ward a Sidney, talmente brava da spingerci a continuare la visione.

Se il manager dell’ufficio della situazione funziona, allora tutto il resto segue.

Hannah, è vero, è praticamente Michael Scott, ma funziona perché aggiunge un’inedita dimensione femminile al personaggio, che solo una bravissima attrice comica potrebbe reggere. E Felicity Ward ci riesce ala grande.

Una prima stagione che vola


Gli episodi di The Office, esattamente come nelle altre due versioni scorrono via senza difficoltà.

Al centro della trama di questa prima stagione, il tentativo di Hannah di evitare che l’ufficio chiuda mandando a lavorare in remoto tutti gli impiegati: loro preferirebbero, ma Hannah ha bisogno di uscire per andare in ufficio tutti i giorni e riempire la sua solitaria vita.

Fra una figuraccia e l’altra, Hannah ovviamente porterà a casa il risultato, e non certo per merito suo (nonostante gli sforzi). Dopo aver fra l’altro mentito ripetutamente ai suoi sottoposti.

Lizzie, il suo braccio destro, asseconda ogni sua stranezza rendendosi complice delle sue folli idee, dal giorno del lavoro in pigiama alla celebrazione - proibita dalla sede centrale - della Melbourne Cup (una gara ippica annuale e popolarissima) passando da una gita aziendale a dir poco bizzarra in quello che è probabilmente l’episodio più bizzarro della stagione, subito dopo il finale.

Ma tramite tutti questi espedienti, The Office Australia acquisisce una propria identità, legandosi alla cultura locale e alle tradizioni del Paese in cui è ambientata. Facendo, insomma, tutto ciò che serve per garantirsi il successo.

Grandi promesse per il futuro


Gli episodi sono veloci, divertenti e girati nel consueto stile The Office, con movimenti di macchina sporchi, camera a mano e con le dichiarazioni dei protagonisti rivolte in macchina, come se stessero parlando con noi. Raccontandoci di loro e della loro vita privata e lavorativa.

Cambiano gli interpreti, insomma, ma la formula resta invariata.

Stavolta l’azienda è la Flinley Craddick, che vende scatole e materiale per imballaggi. In magazzino c’è Stevie (Zoe Terakes, Wentworth) ancora una volta un personaggio mutuato dalla versione americana (per la precisione Darryl), ma sicuramente il personaggio più interessante dopo Hannah è quello di Lloyd, il responsabile IT dell’ufficio. Responsabile di se stesso, in effetti, visto che non ci sono altri informatici oltre a lui. A dargli vita è un volto noto: quello dell’attore, sceneggiatore e produttore Jonny Brugh, interprete di Deacon in What We Do in the Shadows, di Rapu in Thor: Love and Thunder e del recente Time Bandits su AppleTV+.

Il potenziale del personaggio emerge immediatamente, e promette grandi cose per un futuro che speriamo venga riservato anche a questa terza versione di un format che con le caratteristiche giuste continua a funzionare.