La recensione di The Regime, la miniserie HBO con Kate Winslet: quando la satira è feroce raggiunge il suo scopo

Lasciatevi stregare da Kate Winslet in una feroce satira così attuale da spaventare

di Chiara Poli

Impossibile non scervellarsi, tirando a indovinare quali Paesi e quali figure politiche abbiano ispirato Will Tracy per la creazione di The Regime. E credo che ciascuno troverà le proprie risposte, mentre la protagonista - una Kate Winslet che ci ricorda quanto sia sempre un’attrice da Oscar - insiste nel non fare mai il nome del proprio Paese, limitandosi a ripetere “Europa Centrale”.

Difficile non indovinare. Ma a prescindere dai personaggi reali alla base dell’intuizione, Will Tracy (Succession, The Menu) ha inserito in questa miniserie satirica tutto ciò che riguarda il potere.

Ecco quindi che il titolo italiano The Regime - Il palazzo del potere è quanto mai azzeccato per la miniserie in 6 episodi in esclusiva su Sky e NOW dal 4 marzo.

La trama di The Regime - Il palazzo del potere


La cancelliera Elena Vernham (Kate Winslet) vive entro i confini del suo enorme e sontuoso palazzo, che non lascia mai. Questo l’ha portata a diventare sempre più paranoica, agorafobica e ipocondriaca mentre la sua instabilità mentale cresce di pari passo con l’instabilità politica nel suo Paese, con il popolo sempre più senza lavoro e sempre più affamato.

Quando Elena decide di portare a palazzo un soldato - noto come “il macellaio” per aver scatenato un massacro di civili durante una missione - le cose non fanno che peggiorare: Herbert Zubak (Matthias Schoenaerts) diventa l’improbabile confidente e consigliere di Elena, acquisendo sempre più potere. Ma anche lui è evidentemente instabile.

Elena decide di espandere il dominio del proprio Paese, causando un disastro di politica interna ed estera, inimicandosi gli Stati Uniti e scatenando una guerra, convinta di avere ancora l’amore della sua gente…

La recensione di The Regime - Il palazzo del potere: una feroce satira fin troppo verosimile


Riunificazione, tradotto: invasione e conquista con le armi di un Paese che aveva scelto di diventare indipendente. Ogni riferimento all’attualità è chiaramente voluto. Ingerenze americane in ogni parte del mondo incluse, come ricorda una Kate Winslet in forma straordinaria nei panni della cancelliera le cui follie si ripercuotono prima su tutto il palazzo e poi su tutto il suo popolo.

Canta, Elena Vernham. Canta al ricevimento per il Giorno della Vittoria, l’anniversario della sua salita al potere. E canta più tardi, a Natale, pensando che mostrarsi in uno striminzito completo ispirato a Babbo Natale (avete presente le modelle del video di Bill Nighy in Love Actually?) mentre si esibisce in “Santa Baby” sia sufficiente a far dimenticare al suo popolo che non ha nulla da mettere in tavola per Natale. Come per tutti gli altri giorni.

Ed è interessante che Kate Winslet, voce d’angelo come dimostrato in Ragione e sentimento e in quel capolavoro immortale che la lanciò, Creature del cielo, decida di stonare palesemente per sottolineare la vanità di Elena e la sua convinzione di essere perfetta in qualunque ruolo.

Elena ha le vampate? L’intero palazzo venga avvolto dal gelo, costringendo il piccolo Oscar a dormire con cappotto e cappello. Perché in realtà Oscar non è proprio il figlio di Elena, è un figlio condiviso con la fedelissima Agnes (l’eccezionale Andrea Riseborough, candidata agli Oscar per To Leslie).

Elena è troppo egoista per amare davvero qualcuno, come un figlio. Figuriamoci un marito.

Infatti il povero consorte (Guillaume Gallienne) non fa che subire, proprio come tutti gli altri.

Incluso Herbert, che passa dalle stelle alle stalle non appena varca il confine stabilito, mettendo le mani addosso a Elena.

Ma anche per lui, le cose sono destinate a evolversi in modo inaspettato.

The Regime è un affresco satirico fondato su un umorismo cupo e feroce, una serie certamente non per tutti ma che tutti dovrebbero vedere per godere di interpretazioni memorabili e di una scrittura pungente, piena di riferimenti al mondo reale e così attuale da fare paura. Raggiungendo, quindi, il suo scopo.

Kate Winslet si muove come una regina nella trama ma anche sul set, attirando ogni sguardo e riempiendo ogni scena con la sua sola presenza. Immersa in una vasca di ghiaccio nel palazzo gelato, mentre tutti gli altri battono i denti dal freddo, ci restituisce l’immagine di una donna che ha non solo perso ogni contatto con la realtà - vedi il dialogo con il predecessore, il padre morto e conservato in una teca - ma che ha anche deciso di plasmare una nuova realtà a propria misura.

Il rapporto con Herbert sembra essere fonte di condizionamento, con il militare che spinge la cancelliera a nutrirsi in modo assurdo, ma prontamente Elena gli ricorda chi comanda davvero. E in quel momento, anche grazie all’incontro con il dissidente magistralmente interpretato da Hugh Grant, anche la follia autolesionista e delirante di Herbert viene sottomessa da quella lucida di Elena.

The Regime racconta la storia di un Paese la cui economia è fondata sulla barbabietola da zucchero, ma alla sua leader - prima eletta e acclamata e poi trasformata in una dittatrice instabile - la barbabietola da zucchero fa letteralmente ribrezzo.

Fra complotti, rivalse e uso indiscriminato del potere e della ricchezza, The Regime ci trascina in un viaggio sempre più spaventoso e sempre più delirante.

Non è una serie per tutti, no. Perché per qualcuno entrare nel mood di Elena, fattore indispensabile per godersi al meglio lo spettacolo, non sarà certamente facile. Ma è anche una serie che tutti dovrebbero vedere, principalmente per due motivi. Per il monito che lancia, sottolineando come lasciare agire indisturbati certi personaggi rischia di portare a catastrofi sociali e per le straordinarie interpretazioni che restituisce, dal primo all’ultimo attore coinvolto nel progetto, inclusa quella Martha Plimpton che la mia generazione ricorda da I Goonies e ha seguito nella geniale sitcom Aiutami, Hope! oggi nei panni di una Senatrice degli Stati Uniti mandata a confrontarsi con Elena solo in quanto donna. Perché, nel mondo folle costruito da una donna, sono comunque gli uomini a decretare che ogni donna sia folle in quanto tale. E in un disegno narrativo complesso come quello di The Regime, la conclusione ci dice inequivocabilmente che fine facciano quegli uomini. Perché non è una questione di genere, è solo (ed è sempre stata) una questione di potere.