The Walking Dead: The Ones Who Live, la recensione dello spin-off su Rick e Michonne
La serie che risolve le questioni lasciate in sospeso
Da oggi, 30 dicembre, i 6 episodi di The Walking Dead: The Ones Who Live, lo spin-off di The Walking Dead dedicato a Rick (Andrew Lincoln) e Michonne (Danai Gurira), sono disponibili su Sky on demand e NOW.
Ormai più di due anni dopo la conclusione della serie principale, il destino di Rick Grimes - precedentemente previsto in un arco di 3 film - è stato ridefinito dall’arrivo della pandemia.
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E ci è stato raccontato in 6 episodi che hanno riportato in vita lo spirito originario di The Walking Dead: il non arrendersi mai, motto che è sempre stato valido sia per Rick che per Michonne.
Scott M. Gimple, colui che da anni tiene le fila del franchise per la gestione delle storie dei 5 spin-off dedicati ad altri scenari o personaggi più la serie antologica Tales of the Walking Dead (con eventi o personalità transitate nelle varie serie) si unisce ai protagonisti. La serie è infatti creata, scritta e prodotta da Scott M. Gimple insieme a Danai Gurira e Andrew Lincoln: sono stati i loro interpreti a scrivere il destino dei personaggi.
La trama di The Walking Dead: The Ones Who Live
Rick Grimes, creduto morto dai suoi amici e dalla sua famiglia, è in realtà sopravvissuto - salvato da Anne/Jadis (Pollyanna McIntosh) - e intrappolato in una misteriosa, enorme comunità. Dopo aver passato anni a cercare di fuggire, entrato nel CRM (Civic Republic Military), l’esercito della comunità di sopravvissuti più grande e organizzata di tutte, Rick incontra inaspettatamente Michonne.
Lei, dopo aver trovato il telefono con la sua immagine e quella di Judith, sapeva che Rick era ancora vivo ed era determinata a trovarlo, compiendo un viaggio lungo e pericoloso.
Quando Rick si è ormai rassegnato a restare dove si trova, lontano dalla sua famiglia, Michonne lo ritrova rimettendo tutto in discussione… Incluso il destino del mondo.
Chi è quell’uomo?
Quando arrivò il primo episodio di The Walking Dead: The Ones Who Live, grazie all’accesso stampa lo vidi in lingua originale. Subito dopo, scrissi un post in cui affermavo che quello sullo schermo non era il “nostro” Rick Grimes. Non quello che avevamo conosciuto e seguito, come leader, per 9 stagioni. Non era più l’uomo che non si arrende mai.
Questo mi aveva delusa, naturalmente, ma mi aveva anche attirato molte critiche. Oggi, grazie all’arrivo della serie in Italia, ho potuto sentire Michonne affermare la stessa cosa, tre episodi dopo.
Quindi il cambiamento di Rick era voluto. Comprensibile, perfino, alla luce del racconto di cos’ha vissuto negli anni in cui cercava di tornare a casa.
Se Michonne non lo riconosce, significa che ciò che The Walking Dead ci ha sempre raccontato, ovvero che il mondo plasma le persone (pensate a Negan: non era il mostro che abbiamo conosciuto alla fine della sesta stagione, nel mondo pre-apocalisse), tranne quelle più forti. Rick Grimes era sempre rimasto fedele a se stesso, ma dopo tanti anni e tanto dolore si era arreso perfino lui.
In un viaggio avanti e indietro nel tempo, negli anni del salto temporale seguiti alla presunta morte di Rick, The Ones Who Live chiude i conti in sospeso. Risponde a una lunga serie di domande sul destino di Rick, Jadis, Michonne e di molti altri.
E ci racconta chi è quell’uomo che non riconosciamo più come Rick Grimes.
Bruciare per ricostruire
In un’evidente citazione dell’11 settembre - con l’elicottero schiantato in un edificio, e poi esploso in seguito a un bombardamento che farà crollare tutti gli edifici del complesso, il crollo con la polvere che cancella tutto rappresenta, volenti o nolenti, un punto di svolta nella storia. Per Rick e Michonne esattamente come per l’America e il resto del mondo dopo l’attacco al World Trade Center.
Rick ha imparato che a volte bisogna bruciare, radere al suolo, distruggere per ricostruire. È stato questo, la sua esperienza personale, la sua storia famigliare, a farlo alla fine avvicinare alla stessa idea del CRM.
In quest’ottica, il suo vacillare - anche dopo aver ritrovato Michonne - diventa credibile.
Ed è solo in quel momento, quando finalmente ci rendiamo conto che il vissuto di Rick prima e dopo l’arrivo al CRM l’ha spasmato, lo accettiamo e siamo pronto a vederlo rinascere.
Un omaggio ai fan
The Ones Who Live è piena di riferimenti. Alla storia, alla realtà, agli altri spin-off. Ci sono personaggi nuovi e personaggi che conoscevamo già, qualcuno che arriva dritto da The Walking Dead.
Ci sono le tematiche che sono state ampiamente esplorate dalla serie tratta dall’omonimo fumetto di Robert Kirkman, e poi dal franchise.
Fa un po’ specie che, dopo essersi allontanato così tanto da quello del fumetto (di cui è protagonista fino alla fine), Rick ritorni verso alcuni degli eventi che lo riguardano proprio nella storia di Kirkman. La perdita della mano, per esempio, evitata nella serie, interviene a riavvicinare il Rick della TV e quello del fumetto, in una storia che ha ormai preso una strada irrimediabilmente diversa.
Ciò detto, dobbiamo concentrarci su Rick e Michonne. Richonne, come li chiamano i loro fan. Lei non è mai stata diversa da come la ricordavamo, lui finalmente è tornato. Il leader che avevamo conosciuto e seguito per 9 anni, fino alla sua uscita di scena dalla serie per volontà del suo interprete, ci viene restituito.
Ci sono location, oggetti e persone appartenenti al mondo narrativo di The Walking Dead, di tutte le serie che ha costruito, di tutte le storie che ha intrecciato. È un evidente omaggio ai fan.
Gli episodi rispondono alle questioni irrisolte con gli episodi dedicati prima a Rick, poi a Michonne, poi a Jadis… E naturalmente anche a chi rivediamo dopo la fine di The Walking Dead.
Per non parlare dei flashback sulle azioni di Michonne e di Rick nella serie, e delle citazioni dedicate proprio a quelle (una su tutte: l’inquadratura di Rick dal basso con la pistola puntata in primo piano, come nella scena fuori dal fienile nella stagione 2).
Ci sono anche tanti omaggi al genere, con la citazione di Pittsburgh (la città di George A. Romero, al centro di tante delle sue storie). E c’è un finale che tutti aspettavano da tanto tempo.
Il destino del mondo
I più rilevanti fra i nuovi personaggi sono senza dubbio Thorne (Lesley-Ann Brandt, Lucifer) e il Maggior Generale Beale (Terry O’Quinn, l’indimenticabile John Locke di Lost). E sono loro, in particolare quest’ultimo, a svelarci il destino del mondo secondo coloro che meglio di tutti gli altri, almeno nel loro continente, si sono organizzati per fare esattamente tutto ciò che fanno i sopravvissuti nel mondo post-apocalittico: procurarsi risorse e rinforzare i rifugi.
Senza svelarvi nulla sulle azioni del CRM, che chi ha visto tutte le serie in parte ha già conosciuto e intuito, possiamo affermare ciò che ha sempre fatto la differenza fra The Walking Dead e tutte le altre storie di zombie: qui, non solo i veri mostri sono gli esseri umani - tematica introdotta e ampiamente esplorata proprio da Romero - qui il modo dei mostri umani di procurarsi risorse per garantirsi la sopravvivenza prevede sempre e soltanto la distruzione altrui. L’ha sempre fatto. Per tutti i nemici incontrati da Rick: il Governatore, Terminus, Negan, Alpha… Con modi e piani sempre più sofisticati, e al tempo stesso folli, col passare del tempo, delle stagioni, delle serie.
Una serie non perfetta ma intrisa dello spirito di The Walking Dead
The Walking Dead: The Ones Who Live non è perfetta. Il complesso tecnologicamente avanzato al centro di una parte della storia è inverosimilmente disabitato. In un mondo pieno di sopravvissuti in cerca di riparo, è piuttosto assurdo che sia rimasto vuoto per tutti questi anni. Sarebbe almeno dovuto essere invaso di zombie, i cadaveri di chi aveva pronto a viverci (che invece sono tutti all’esterno: i residenti hanno voluto salvare la loro creatura, sapendo di non poter salvare le proprie vite). Anche la storyline secondaria su Jadis ha qualche buco di sceneggiatura. Ma non è questo a contare.
La serie inizia cinque anni dopo che Rick è stato presumibilmente ucciso ma segretamente salvato e rapito da Jadis e ci mostra il processo che l’ha trasformato nell’uomo che Michonne non riconosce più.
Ma come sempre, The Walking Dead raccoglie un’eredità. Quella del Colonnello Okafor (Craig Tate), quella di Nat (Matthew August Jeffers), quella di tutti i “giusti” che sono morti e che, per una regola non scritta, in The Walking Dead vengono sempre omaggiati. Affinché la loro morte non sia vana. Affinché, in mezzo a morti e distruzione, ci sia una speranza. Quella speranza che Rick e Michonne hanno a lungo rappresentato, prima in The Walking Dead e ora in questa miniserie che chiude (almeno finora) la loro storia dando a due personaggi estremamente significativi una degna conclusione.
Rating: tutti
Nazione: Stati Uniti d'America
Voto
Redazione
The Walking Dead: The Ones Who Live
Dopo aver ricostruito la storia di Rick e Michonne, ora possiamo vedere come va a finire grazie all’arrivo su Sky e NOW di The Walking Dead: The Ones Who Live. La miniserie in 6 episodi incentrata sui due personaggi - e scritta, prodotta e creata dai loro interpreti Danai Gurira e Andrew Lincoln insieme a Scott M. Gimple - ci riporta allo spirito originario di The Walking Dead, dando a due dei suoi personaggi più amati e significativi un degno finale. Un finale infarcito di omaggi ai fan, ma non solo. Citazioni significative (per esempio dall’11 settembre) ci parlano di speranza in un mondo distrutto e invaso dai morti. Mentre il mondo reale devastato dalle guerre e dall’ormai assenza di valore attribuito alla vita umana trova una piccola consolazione nelle storie di personaggi che, nonostante tutto, non hanno perso la propria umanità.