True Detective: Night Country, la recensione senza spoiler della stagione-bomba con Jodie Foster

Alla scoperta di True Detective: Night Country, la serie con Jodie Foster e Kali Reis che non potete perdervi

di Chiara Poli

Il 2024 ci riporta indietro, a quel capolavoro della prima stagione di True Detective, con i detective Rusth Cohle (Matthew McConaughey) e Marty Hart (Woody Harrelson) impegnati in un’indagine che avrebbe cambiato per sempre anche le loro vite private.

Nic Pizzolatto lascia il posto a Issa López, regista, sceneggiatrice e produttrice che crea un filo ideale fra le avventure personali e lavorative di Liz Danvers (Jodie Foster) ed Evangeline Navarro (Kali Reis) e quelle dei detective Cohle  e Hart (Harrelson) che hanno scritto la storia della TV esattamente dieci anni fa.

True Detective: il nostro podcast sulla serie

True Detective 4: Night Country (in esclusiva su Sky e NOW dal 15 gennaio) è una serie con tanti livelli di lettura, che scava sotto la superficie del ghiaccio in un’indagine sulla scomparsa improvvisa di 8 scienziati da una stazione di ricerca in Alaska fino ad arrivare al cuore stesso della Terra. Una terra che è stata sottratta ai legittimi proprietari, sfruttata e devastata per fini economici, resa sterile dall’odio.

Come nella prima stagione di True Detective, scopriremo due città. Una che vive alla luce del sole e una che regna nell’oscurità, nel segreto, sepolta sotto l’orrore.

La trama di True Detective 4: Night Country


Ennis, Alaska. 17 dicembre, il giorno in cui cala la notte perenne: per rivedere la luce del sole, gli abitanti dovranno attendere oltre l’arrivo del nuovo anno. Un corriere raggiunge la Tsalal Arctic Research Station per una delle abituali consegne ma non trova nessuno. L’uomo dà l’allarme: gli otto scienziati che gestiscono  la struttura di ricerca sono scomparsi senza lasciare traccia… Tranne una. La detective Liz Danvers (Jodie Foster, Oscar per Sotto Accusa e Il silenzio degli innocenti), capo della polizia di Ennis, si reca sul posto per indagare.

La detective Evangeline Navarro della Polizia di Stato (Kali Reis, Catch the Fair One), nonostante le rimostranze iniziali di Danvers, si unisce alle indagini, mentre investiga parallelamente su un brutale omicidio irrisolto.

Ennis verrà sconvolta da verità inconfessabili, da antichi orrori che riemergono dal ghiaccio e da un’oscurità che nessuno mai aveva creduto essere così profonda.

Nel cast, accanto alle due protagoniste, tanti altri grandi attori, da Christopher Eccleston (Doctor Who) a Fiona Shaw (Zia Petunia in Harry Potter) da John Hawkes (Tre manifesti a Ebbing, Missouri) al giovane e talentuoso Finn Bennett (Le cose che non ti ho detto).

La recensione di True Detective 4: Night Country. Antiche paure, moderni orrori


Lei si è svegliata. Lei è venuta per noi. Lei è là fuori…

Ci sono tanti strati narrativi in questo capolavoro narrativo che è Night Country. Il primo, quello più evidente, richiama trama e ambientazione di Head (la serie di Prime Video del 2020 ambientata fra i ghiacci, in una stazione di ricerca), con la differenza che qui siamo di fronte a un’opera che rasenta la perfezione.

In superficie, dicevano, troviamo le indagini sulla scomparsa dei ricercatori. Appena sotto, c’è una cittadina avvolta dal buio e immersa nel nulla in cui tutti si conoscono ma, al contrario di quanto ci si aspetterebbe, non sono una “grande famiglia”. Anzi. Invidie, rancori e dissapori sembrano il vero collante fra gli abitanti di Ennis.

Ciascuno dei personaggi, dalle due straordinarie protagoniste fino all’ultima delle comparse, nasconde un segreto.

In ognuno dei sei episodi ne emerge qualcuno, fino a dipingere un quadro complesso in cui, alla fine, tutti i conti tornano. Non per questo, però, arriveremo a una soluzione rassicurante. Anzi.

Night Country è un thriller ambientato fra i ghiacci, con l’inserimento dell’elemento soprannaturale che si lega alle radici della terra in cui è ambientato.

Dalle parole di Danvers, già nell’episodio pilota, emerge prepotentemente la questione razziale. Esposta in modo così semplice e naturale per tutta la narrazione che, alla fine, vi verrà voglia di chiamare i neri “afroamericani” e i bianchi “euroamericani”, perché gli unici americani sono i cosiddetti nativi americani. Che, per inciso, nel territorio oggi conosciuto come Alaska, vivono da sempre. Da molto prima dell’arrivo dell’uomo bianco.

Anche la questione ambientale non viene mai lasciata in disparte: una terra ricca di preziose risorse naturali non può che essere oggetto di sfruttamento da parte dei colossi multinazionali, a qualsiasi prezzo. Pur di guadagnare, si creano danni irreversibili di cui, come sempre, dovranno preoccuparsi le generazioni future. Fino a quando ci sarà un futuro.

Il tema della violenza contro le donne è un altro cardine della narrazione, e non a caso a condurre le indagini sono due donne. Ma tutto questo - la questione razziale, ambientale e della violenza di genere - non viene mai, mai trattato in modo retorico. Dimenticatevi la cultura woke, perché in True Detective: Night Country non ce n’è traccia. Qui c’è solo la storia. Pura e semplice. Un passato antico che si lega a un presente sempre più figlio del suo tempo, sfilacciato, senza ideali e con la convinzione che niente vada rispettato. Sebbene ogni scelta, ogni orientamento sessuale, ogni esistenza è semplicemente così. Naturale. Senza che ci si debba costruire attorno chissà quali riflessioni. Anche quando lo si fa.

Il contrasto fra le luminarie natalizie e i buchi neri della violenza presente e passata è fenomenale. Vi sembrerà di assistere a un film lungo sei episodi, in cui ogni frase, ogni inquadratura, ogni riferimento si lega al disegno generale.

Il simbolismo è una delle chiavi di lettura. La spirale che ritorna, in più forme. I fantasmi del passato che diventano la personificazione del senso di colpa. La terra che si vendica.

In True Detective: Night Country ritroviamo quel diversivo crudo, grintoso, cervellotico e inquietante al tempo stesso. Quello che avevano scoperto per la prima volta dieci anni fa, in un panorama televisivo che offriva storie più o meno standardizzate, rivoluzionato da Hart e Cohle.

La rivoluzione, stavolta, si lega a quelle visioni - che molti attribuivano all’abuso di droga - che guidavano l’indagine della stagione 1. Quell’atmosfera che mescolava Lovecraft, Edgar Allan Poe e Clive Barker riemerge prepotentemente, fin dal principio. La volontà di insistere sul legame fra presente e passato si declina in un’infinità di scelte geniali. Fin dal momento in cui Liz, il capo della polizia, dispone a spirale tutto il materiale fotografico di cui dispone per riflettere sull’indagine.

Il tema della violenza e della prevaricazione della popolazione indigena lega la prima stagione a Night Country non solo nella sostanza, ma anche nel merito di come questi argomenti vengono trattati.

Se ricordate le indagini di Hart e Cohle, ricorderete che anche in quell’occasione, nonostante le questioni delicate introdotte dal racconto, non c’era retorica. In Alaska ritroverete lo stesso approccio. E lo stesso elemento spirituale che si somma alla concretezza delle indagini. Dalle paure più antiche agli orrori più moderni.

Altri due detective fuori dagli schemi


Un altro elemento che lega Night Country alla prima stagione è la caratterizzazione dei protagonisti. Due detective che certamente non rispettano gli standard televisivi a cui siamo abituati.

Liz Danvers è minuta, ma mentre la conosciamo impariamo che la sua forza le ha permesso di sopravvivere a una vita difficile. Il suo aspetto non deve trarci in inganno: Danvers è sicura di sé, determinata, forte e indipendente. A volte fin tropo dura, soprattutto con i suoi cari, ma fermamente convinta che sia l’unica strada praticabile per i risultati a cui mira.

Evangeline Navarro ha due piercing nelle guance, che evidenziano le sue fossette, e folti, lunghi capelli neri. Ma non è la donna che ci saremmo aspettati. Alta, muscolosa, con un fisico statuario che fa pensare a quanto abbia lavorato per costruirselo, Navarro ha un approccio molto diverso da quello di Danvers. Soffre con e per le vittime dei crimini su cui indaga, ha una grande empatia e il suo approccio mostra una componente spirituale che Danvers nemmeno concepisce (e deride).

Mettere insieme due donne del genere significa creare dei contrasti a prescindere dai trascorsi fra le due protagoniste, ma anche dare alle indagini un’ottica molto più vasta e variegata. La prospettiva, si sa, è tutto in una storia investigativa. E l’unione di due prospettive così diverse fa la differenza. Anche quando si pensa che le due detective seguano punti di vista inconciliabili.

Il tema è ricorrente: mettere da parte i pregiudizi e provare a indossare, anche solo per un attimo, giusto il tempo di ascoltarli parlare, i panni degli altri significa arricchirsi dal punto di vista culturale, personale, professionale. A patto, naturalmente, che chi ascoltiamo sia degno della nostra attenzione. Perché su una cosa Night Country, Danvers e Navarro non scendono mai a patti: non tutti meritano una seconda occasione. Qualcuno non ne merita nemmeno una.

L’Alaska è dura, difficile, una continua sfida alla sopravvivenza. Ma è anche magica, suggestiva, emozionante. Ecco, Davners e Navarro sono così. Rappresentano i due aspetti di una terra al tempo stesso inospitale ma piena di attrattive. L’Alaska viene trasformata in un vero e proprio personaggio, che unisce le caratteristiche dei due personaggi protagonisti. In questo modo, Night Country si spinge oltre una complessa indagine di polizia e arriva a toccare il cuore di molte questioni. Tutte questioni attuali, scottanti, immortali.

Con momenti spaventosi, colpi di scena che vi terranno col fiato sospeso e con l’atmosfera suggestiva dei ghiacci, True Detective: Night Country vi terrà incollati allo schermo, episodio dopo episodio, fino a farvi riflettere su tematiche che ci vengono sottoposte ogni giorno in modo retorico e ripetitivo. Ma che in una serie TV, pensate un po’, arriveranno a toccare il vostro cuore di appassionati e di esseri umani.