47 Metri

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Ho paura dei film horror, non faccio fatica ad ammetterlo in pubblica piazza. Da piccolo vidi IT e rimasi traumatizzato dai pagliacci, ma più in generale, da quelle dinamiche che governano questo genere. Crescendo ho scoperto che esistono differenti tipologie di horror: psicologico, sugli esorcismi, quelli sul gore spinto e così via. Che ci posso fare? Mi impressiono facilmente, e mal digerisco l’ansia che spesso questi lungometraggi trasmettono.

Quando in redazione è arrivato l’invito per la proiezione di 47 metri, l'horror/survival di Adler, che arriverà nelle sale il prossimo 25 maggio, la mia curiosità è stata rapita da una iniziativa di contorno, ma incredibilmente stimolante…tanto da spingermi ad andare in sala e provare questa esperienza!

Affrontare le proprie paure

L’esperimento prevedeva infatti l’applicazione di un cardiofrequenzimetro che avrebbe tenuto traccia dei mie battiti cardiaci per tutta la durata del film, per poi avere alla fine una stima del mio battito medio durante la proiezione, e del suo picco massimo.

Fatti gli dovuti scongiuri, entrato al cinema Odeon di Milano mi sono trovato al banchetto della registrazione un questionario in cui dovevo rispondere a delle semplici domande riguardanti le mie fobie, sull’ansia e su altre questioni prettamente sentimentali/caratteriali; date risposte sincere a questi quesiti, mi è stato dato un “cardio” da applicare al mio torace e un orologio che mostrava su un display il mio battito a riposo. Inutile dirvi che l’ansia sta già iniziando ad assalirmi, e questo perché il film trattava un argomento a me discretamente sensibile.

47 metri, infatti, diretto da Johannes Roberts (The Othe Side of the Door), racconta la storia di Kate e Lisa, due sorelle che si trovano in vacanza in Messico e che, dopo aver conosciuto due ragazzi del posto, decidono di dedicarsi ad un’esperienza tanto affascinante quanto pericolosa: immergersi nell’oceano all’interno di una gabbia in ferro per osservare da vicino i maestosi e temibili squali bianchi. Peccato che il verricello che sostiene la struttura si rompe, e la gabbia precipita a 47 metri di profondità sul fondale oceanico; le ragazze si trovano con una riserva di ossigeno di 60 minuti e squali bianchi che nuotano attorno a loro...come potranno salvarsi?

Una trama sicuramente interessante, e 87 potenziali minuti di terrore per me. Alla fine, nonostante un’ambientazione fortemente clauostrofobica, e la presenza della tanto temuta “acqua profonda” ho concluso la mia visione con un battito cardiaco medio di 87 bpm e un picco massimo di 105. Poteva andare decisamente peggio.

Ciò che rimane di questa esperienza è molto di più di quello che può sembrare all'apparenza. Con esprimenti di questo tipo è infatti possibile tastare con mano sentimenti, sensazioni, paure, ansie e tutta quella pletora di “cose che ti smuovono dentro” durante la proiezione di una pellicola.

Anche io, con grande stupore, ho scoperto che i momenti in cui ho avuto il battito cardiaco più alto rispetto alla media, non sono stati quelli dei jump scare, o della presenza di sangue (che mi da particolarmente fastidio se esagerato), bensì quelli in cui si iniziava a percepire la mancanza di ossigeno per le due protagoniste: respiri affannosi, paura, ansia e altro che ovviamento non vi svelo; pur non soffrendo di claustrofobia o simili, quelli sono stati i momenti che hanno fatto aumentare il mio battito cardiaco: più del gore o dei jump scare (che soffro terribilmente); insomma, bell’esperienza che  riuscita a stupirmi e che rifarei.

E il film?

Se vi ho accennato qualcosa sulla trama, lasciate che spenda qualche parola anche sulla componente critica del film. Il lavoro svolto da Roberts vive un po di alti e bassi, da una parte troviamo la sorpresa nello scoprire che la paura arriva principalmente dal senso di ansia che viene trasmesso dalla mancanza di ossigeno e dal senso di impotenza che le due ragazze si trovano a dover affrontare. Gli squali non sono mai stati percepiti come una vera minaccia, ma servono più come strumento utile al jump scare. Nel complesso comunque è un survival sufficiente, che con con qualche scelta più coraggiosa in termini di sceneggiatura e montaggio avrebbe ambito a qualcosa di più della mera sufficienza. Se siete comunque amanti del genere e soprattutto le profondità marine non vi angosciano, provate magari a dargli una possibilità.

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