Come leggere la scheda tecnica di un Blu-ray – L'audio per il cinema e la musica tridimensionale
Tanti acronimi e codifiche sparse tra DVD, Blu-ray ma anche CD molto speciali, ma un solo obiettivo: vivere un'esperienza sonora unica ed entusiasmante
Sul retro copertina di un Blu-ray, sia esso Full HD/2K che UHD/4K, sono riportate importanti informazioni per meglio comprenderne la qualità tecnica. Dopo l'incursione nella sezione video (qui il link al nostro speciale) ci occupiamo ora dell'audio, fondamentale specie per chi dispone di un impianto Home Theater.
Realizzare un impianto multicanale in casa non è così immediato: i vicini, i conviventi e l'impossibilità di fare “rumore” sono il primo grande ostacolo. In tali frangenti come sempre consigliamo di ripiegare su una buona cuffia o al massimo soundbar + subwoofer da usare con la dovuta attenzione. Il vero multicanale implica la presenza di molteplici diffusori per il locale, nella configurazione più semplice: centrale per i dialoghi, due ulteriori diffusori anteriori per il canale destro e sinistro, due speculari posteriori e un subwoofer per le basse frequenze, il tipico impianto 6 canali. In realtà si chiama 5.1 canali perché il “.1” si riferisce al subwoofer, che raccoglie solo una frazione dello spettro delle frequenze rispetto ai restanti cinque.
Le prime codifiche surround disponibili in Home Video erano a matrice, codifica di segnali audio separati all'interno di una sorgente stereo. Questo approccio è stato la base per i primi formati audio come il Dolby Surround (nato nel 1982) e Dolby Pro Logic, presenti sulle videocassette, con canale centrale, un singolo canale monofonico posteriore e larghezza di banda limitata. Il grande salto in avanti nel 1997 con l'ingresso del Dolby Digital (noto anche come "AC-3", Audio Code nr.3 di Dolby), l'esordio sul sistema LaserDisc per il film Clear And Present Danger – Sotto il segno del pericolo, spettacolare action thriller di Philip Noyce con Harrison Ford. Subentrò in un secondo momento la codifica concorrente DTS (Digital Theater System), ancora più performante, lanciata al cinema col primo Jurassic Park di Spielberg. DTS è stata da subito una spina nel fianco di Dolby, prima con i LaserDisc e poi con i DVD in quanto offriva un più elevato volume in bit di dati e quindi più informazioni per canale. All'ascolto faceva una grande differenza.
Se sul retro copertina, specie dei DVD, leggete "Dolby Digital 2.0" canali significa che il suono proverrà solo dai diffusori anteriori destro e sinistro, diverso per canale se stereo, identico se la dicitura fosse “Dolby Digital 2.0 dual mono” (ma non sempre ciò viene segnalato). Con il Dolby Digital 2.0 stereo si può provare ad attivare il decoder Dolby Surround del sintoamplificatore, si potrebbe scoprire al suo interno la matrice di cui abbiamo parlato, a rendere più interessante lo spettacolo. Raramente è capitato di trovare offerte audio Dolby Digital 3.1, tre anteriori più subwoofer, oppure Dolby Digital 4.0 con due anteriori e posteriori ma senza centrale e subwoofer.
Le seguenti codifiche le troviamo ancora oggi presenti negli schemi tecnici dei DVD così come nei Blu-ray: Dolby Digital 5.1 oppure DTS 5.1, Dolby Surround EX oppure DTS.6.1 ES (Extended Surround). Per questi ultimi due si conta anche un canale centrale posteriore: se assente il segnale si riversa comunque nei due surround retro della configurazione 5.1.
Con l'arrivo dei Blu-ray e del (defunto) sistema HD-DVD di Toshiba, fu introdotta la codifica 7.1 canali, dove scompariva il centrale posteriore a favore di due canali surround laterali. Contestualmente è divenuto importante il concetto di segnale “lossy” - a perdita, e “lossless” - con minor perdita: nel primo caso c'è maggiore compressione e inferiore volume dati per canale, il secondo è tecnicamente superiore e più vicino al master cinema originale.
In tale ambito Dolby e DTS hanno proposto le proprie versioni avanzate di nuove codifiche: Dolby Digital Plus 7.1 canali, di tipo lossy, e il Dolby TrueHD di tipo lossless, in concorrenza con DTS-HD e DTS High Resolution entrambe lossy e la superiore DTS-HD Master Audio, lossless fino a 7.1 canali.
La presenza o meno di una codifica lossy rispetto a una lossless dipende non solo dalla disponibilità di canali appositamente mixati partendo dal materiale cinema, ma soprattutto dello spazio su disco Blu-ray. A proposito di spazio su disco: quella cui spesso vanno incontro gli appassionati italiani è proprio l'impossibilità di disporre di una maggiore offerta di codifiche lossless. Specie per progetti cosiddetti “centralizzati” (da parte delle Major, che concepiscono anche un solo disco per tutto il mondo) di solito viene privilegiato l'inglese, mentre le restanti lingue sono offerte con codifiche lossy. In genere l'italiano in Dolby Digital, quando va bene in Dolby Digital Plus (come per numerosi titoli Walt Disney Studios Home Entertaiment), in alcuni casi è presente la codifica audio DTS-HD Master Audio anche per l'italiano, ma ci sono informazioni che non vengono dette. Di fatto se nello schema tecnico fosse riportata l'indicazione per la lingua italiana del DTS-HD Master Audio (di solito 5.1 canali) significa che si è già sulla buona strada per ascoltare un notevole spettacolo audio, ma manca un'essenziale informazione.
Quello che purtroppo non riporta il retro fascetta del 99% dei dischi in commercio è la cosiddetta “profondità in bit” delle tracce audio lossless, che può essere 16 o 24 bit: più bit ha un suono e più sarà definito e “corposo”. Matematicamente 16 bit offre (2 elevato alle 16) 65.536 livelli al secondo, mentre 24 bit (2 elevato alla 24) sono ben 16.777.216 livelli al secondo, una distanza siderale col precedente. Attraverso un vero impianto Home Theater si palesa un abisso di differenza nella resa complessiva per dinamica e volume informazioni su ogni canale. Tali indicazioni occorre cercarle in rete, da parte di chi scrive vere recensioni dei dischi in uscita, come nel nostro caso. Stesso discorso vale per Dolby Digital e DTS lossy, per il primo si può arrivare a un flusso dati fino a 448 kbps, peggio per il secondo con differenze più sostanziali tra il cosiddetto “half rate” (flusso dati “dimezzato) 768 kbps, 754 kbps reali) e il “full rate” (flusso dati “pieno” 1.536 kbps – 1.509 kbps reali).
Negli ultimi anni sono state sviluppate incredibili codifiche che hanno portato l'audio ancor più al centro dell'attenzione degli appassionati, con le cosiddette codifiche “object-based” - a oggetti o “surround tridimensionale” - attraverso il Dolby ATMOS e il DTS:X. Concreta qui la capacità di trasmettere i suoni come se si muovessero nello spazio, grazie alla capacità di spostare un singolo elemento che produce un suono, come il rombo del motore di un'auto o di un elicottero, all'interno dello spazio generato dalla presenza di un numero di diffusori cui si aggiungono 2 o 4 canali verticali. In tal caso si passerebbe dalla configurazione 5.1 a 5.1.2 oppure 5.1.4.
Nota importante: se il Blu-ray 2K o 4K riportasse unicamente la codifica DTS:X o Dolby ATMOS e non foste provvisti di un sintoamplificatore capace di interpretare tali codifiche non vi preoccupate, perché entrambe sono retro compatibili con le precedenti, rispettivamente DTS-HD Master Audio e Dolby TrueHD.
Alle codifiche a oggetti si unisce il misconosciuto “Auro-3D”, presente dal 2006 per le sale cinema, i primi brand a offrire hardware anche per l'Home Theater sono stati Marantz e Denon. Con un concept a 3 livelli di suono surround occorrono 11 diffusori per sperimentarne il massimo della resa, richiedendo un ulteriore sforzo economico e di ingombro nel locale. Sono pochi i titoli europei e giapponesi che includono Auro-3D, obbligando spesso a produrre edizioni Blu-ray dedicate per l'elevato volume dei dati.
Anche la musica su Blu-ray (ma anche DVD-Audio e SACD – Super Audio Compact Disc di Sony), tra album e concerti live, beneficia di codifiche audio lossless o a oggetti, calando l'ascoltatore al centro di una scena sonora che può essere entusiasmante. Lo stesso vale se nello schema tecnico del disco leggete “LPCM” (Linear Pulse-Code Modulation - modulazione lineare a impulsi codificati), da 2.0 canali in sù.
Fermo restando che rispetto all'Home Theater la resa audio in una vera sala cinema è il più delle volte imbattibile, va da sé che più aumentano i diffusori e più potrebbe rendersi necessario un locale dedicato dove inserire anche 13 casse, 11.2 con ben due subwoofer per coprire le codifiche a oggetti di cui sopra. Il fatto che esistano sul mercato soundbar capaci di far ascoltare l'ATMOS o il DTS:X non significa siano capaci di restituire un panorama sonoro 3-D come se fossero realmente presenti altrettanti canali sparsi per l'ambiente. Ciò non di meno resta un accettabile compromesso per iniziare a saggiare le potenzialità di codifiche digitali coi numeri giusti per far rivivere l'esperienza del cinema (e della musica tridimensionale), a casa.