Dune, speciale: il regista Denis Villeneuve racconta come ha girato il film più atteso dell'anno

È l'evento madre della Mostra del cinema di Venezia 2021: è il giorno di Dune. Ecco come lo hanno presentato il regista Villeneuve e il cast del film.

di Elisa Giudici

So che è un momento difficile dal punto di vista umano, economico e sanitario, ma spero veramente che, se sarà possibile, vedrete Dune su grande schermo. Lo abbiamo pensato, sognato, realizzato per essere visto sull'impianto migliore possibile, possibilmente IMAX.

Il regista canadese Denis Villeneuve non nasconde l'emozione e la tensione nel grande giorno in cui il suo Dune verrà mostrato a stampa e pubblico: un dei film più imponenti (e costosi) degli ultimi dieci anni sta per arrivare al cinema (e quasi in contemporanea, su HBO Max). Un blockbuster che comincia con la scritta "parte uno". Per vedere la seconda parte, per fare in modo che venga realizzata, è necessario che il box office dia una risposta forte.

In sala stampa regna quasi un silenzio religioso, per un grande evento nell'evento che segna il climax della Mostra del cinema di Venezia 2021. Non è un'esagerazione dire che l'intero mondo del cinema così come lo conosciamo oggi si gioca tantissimo su questa uscita. Dune di per sé è una trappola di sabbie mobili: ha illuso Jodorowsky, ha causato l'unico fallimento della carriera di David Lynch. Eppure un'intera generazione è cresciuta nel suo mito.

Denis Villeneuve: Poco dopo aver finito le riprese di Blade Runner sono andato a Montreal per vedere Hans Zimmer. Volevo convincerlo a scrivere la colonna sonora per il film, idea che anche lui carezzava da una vita. Tuttavia abbiamo passato il pomeriggio a chiederci se fosse un'idea saggia realizzare un sogno così remoto, che coltivavamo da così tanti anni. Non posso dire di sapere la risposta.

Da dove deriva la fascinazione per Dune di Villeneuve?

Ho letto per la prima volta Dune di Frank Herbert quando ancora ero un ragazzo. Sin da piccolo, mentre lo leggevo, ero conquistato dal viaggio di Paul Atreides. Di lui mi piaceva come incontrasse e si scontrasse con una cultura aliena, portando sulle spalle il peso di un'eredità e di una profezia enormi. Il suo è un tentativo di trovare un equilibrio tra elementi distantissimi tra loro che compongono la sua personalità.

Dune però non è qualcosa di appartenente al passato, anzi.

Trovo che Dune sia attualissimo. Senza nulla togliere agli adattamenti già realizzati, penso che oggi, a più di 40 anni da quando il libro è arrivato in libreria per la prima volta, questa storia abbia tantissimo da dire al pubblico, e di conseguenza un film che cerca di mantenerne temi e simboli. Ogni anno che passa Dune, un romanzo che Frank Herbert scrisse e pubblico nel 1967, diventa sempre più attuale: non credo che all'epoca lui parlasse del Novecento, credo che abbia pensato al nuovo Millennio, rivelandosi quasi messianico nella sua capacità di intuirne i grandi problemi. Dune ci mette in guardia dalle catastrofi ecologiche, ma non solo: è una storia che avverte il lettore su quanto sia pericoloso intrecciare politica e religione, senza dimenticare il tema centrale dell'ambiguità delle figure messianiche.

Dune è sempre stato una sfida da portare al cinema. Cosa ti ha messo in difficoltà?

La più grande sfida per noi è stata avere a che fare con il capelli di Timothée. Sono vivi e indomabili. (ride). Personalmente, credo che la parte più difficile sia stata tentare di portare la maggior parte della ricchezza presente nel libro su grande schermo: abbiamo fatto del nostro meglio, ma è stata una vera impresa. Dune è un libro complesso e stratificato: abbiamo cercato di adattare il tutto lasciando per strada il meno possibile.