Beyond Alien, 5 pezzi imperdibili da vedere alla mostra torinese su H.R. Giger

Gamesurf ha visitato in anteprima la mostra torinese sul “papà” di Alien con una guida d’eccezione: Marco Witzig, curatore e massimo esperto di H.R. Giger.

di Elisa Giudici

I più fortunati o i fan più accaniti hanno già visitato la casa museo HR Giger Museum a Gruvyeres, in Svizzera tedesca, punto di riferimento per l’opera dell’artista svizzero più amato e controverso del Novecento. La mostra allestita al Mastio della Cittadella di Torino "Beyond Alien: H.R. Giger" è un’occasione unica per i fan italiani del cinema di fantascienza e horror di conoscere da vicino colui che ha creato l’alieno per antonomasia: Alien.

Visitabile dal 5 ottobre 2025 al 16 febbraio 2025, la mostra fa però molto di più: presenta a un pubblico che conosce Giger quasi esclusicavamente per il suo lavoro cinematografico al fianco di Carlo Rambaldi sul set del film di Ridley Scott in maniera più esaustiva e approfondita, dentro e fuori al mondo della musica e del cinema, con una importante selezione di opere provenienti dalla casa museo ma anche da collezioni private di mezzo mondo, solitamente non visibili.

Gamesurf ha visitato in anteprima l’esposizione, ancor prima che aprisse i battenti, con una guida d’eccezione: Marco Witzig, curatore dell’allestimento, massimo esperto internazionale dell’opera gigeriana e conoscente dell’artista. È proprio lui a raccontare alcuni retroscena della mostra nel video introduttivo all’esposizione, che celebra uno degli artisti più influenti sulla cultura pop del Novecento a dieci anni dalla sua scomparsa.

A seguire trovate cinque storie incredibili e bizzarre legate ad altrettanti pezzi esposti al Mastio che danno un’idea non solo di cosa troverete in mostra, ma anche della personalità eclettica e sopra le righe del suo realizzatore.

1 - Il modello di Alien III

Nella seconda sala della mostra verrete accolti da un modello di grandi dimensioni che Giger realizzò per il terzo film della saga di Alien. Dopo l’impegno accanto a Ridley Scott per il film fondativo (valsogli un premio Oscar) e la delusione di non essere stato richiamato per il secondo capitolo di James Cameron, Giger tornò a lavorare al terzo lungometraggio della saga, al fianco dell’allora giovanissimo David Fincher.

Per il film gli venne commissionata anche la scultura di un Alien ancora più grande e aggressivo. Lo immagino come una leonessa pronta a sbranare la preda. Da sempre affascinato sia dal cinema sia dalla bellezza femminile, Giger era persuaso che il “mostro” non dovesse essere tale, ma avere in sé una sinistra bellezza. Grande fan dell’attrice Michelle Pfeiffer, modello le sensuali labbra dell’alieno proprio su quelle di lei.

2 - La stanza di Dune

L’ironia del destino: l’opera di Giger più influente sul cinema, quella che venne omaggiata, copiata e saccheggiata più volte in cinquanta anni di storia della fantascienza cinematografica, non vide mai ufficialmente la luce. Nella mostra torinese una sala è dedicata al lavoro che l’artista svizzero svolse per il regista francocileno Alejandro Jodorowsky, un visionario che negli anni ‘70 si dedicò alla pre-produzione di un adattamento di Dune di Frank Herbert, radunando alcuni dei nomi più rilevanti dell’epoca (Pink Floyd, Mick Jagger).

Imbattutosi nell’opera di Giger, lo contattò per immaginare “l’estetica del male”, ovvero quella del casato degli Harkonnen. Giger realizzò bozzetti, quadri, persino una sorta di sala da pranzo con una gigantesca tavola a specchio oscurato, di cui in mostra si può vedere un modellino e una delle sedie (quella che il cantante dei Rammstein danneggiò anni fa appoggiandovici sopra).

Del film, folle e sperimentale, non si fece nulla. La storia della sua mancata realizzazione è raccontata in un celebre documentario. L’artbook contenente tutto lo storyboard e i bozzetti degli artisti coinvolti però continuò a girare per Hollywood, venendo intercettato da numerosissimi professionisti. Quella che doveva essere un’unica pellicola di 15 ore venne divisa, spezzettata, saccheggiata in decine e decine di film. L’associazione di materiali come pelle, latex, l’estetica fetish di certa fantascienza deriva proprio dai bozzetti di casa Harkonnen di Giger, che per giunta non venne mai pagato per il lavoro svolto.


3- I ritratti di Lin

In mostra sono esposti anche due ritratti di Lin, il grande amore di gioventù di Giger. Incontratisi a un vernissage, i due s’innamorarono a prima vista. Rapito dalla sua bellezza, incantato dai suoi grandi occhi allungati e molto espressivi, Giger la ritrasse in una serie di quadri, fondendo i suoi lineamenti in un’estetica in equilibrio tra horror e contemplazione. Il volto di Lin è calmo, lo sguardo quasi velato, mentre viene colonizzato da teschi, serpenti, strane creature insettoidi.

I quadri in mostra vennero realizzati poco prima della tragica scomparsa dell’amante e musa di Giger. Da sempre perseguitata da una profonda depressione, la donna si uccise con un’arma da fuoco, oggetti di cui per giunta l’artista era cultore e collezionista. La sua morte precipitò l’artista in uno dei periodi più oscuri della sua vita.

4- I microfoni scultura del Korn

L’ultima stanza della mostra è dedicata al rapporto di Giger con la musica. Qui potrete ammirare il primo prototipo e una delle opere finite di una serie che Giger realizzò per la band Korn, all’apice del suo successo.

Il cantante Jonathan Davis era un grandissimo fan dell’opera di Giger e, quando riuscì a incontrarlo, gli chiese con insistenza di collaborare con la sua band in qualsiasi modo, producendo un qualcosa assieme. Dopo averne molto parlato, a Giger venne l’idea di una scultura da applicare all’asta del microfono del cantante. Da sempre affascinato dall’arte egizia, realizzò una sorta di donna dea statuaria.

L’opera ebbe enorme successo, nonostante fosse pesante, difficile da trasportare e non agevolissima da usare sul palco. Dopo aver realizzato la versione “asciutta” per il palco, di fronte alle tantissime richieste di qualcosa di simile, Giger ne fece una versione più grande, pesante e rifinita, in modo che fosse una scultura vera e propria. Anche questa è in mostra.

5- I grattacieli di New York

Giger non amava viaggiare: amava trascorrere le giornate nella sua casa studio a Ginevra o immergersi nella natura svizzera. Per questo, nonostante il successo, visitò New York solo all’indomani della vittoria dell’Oscar per gli effetti speciali di Alien. La metropoli lasciò una profonda impressione sull’artista, affascinato da quella sorta di alveare urbano.

Gli ispirò una serie molto celebre di quadri intitolati proprio NY in cui il gigantesco skyline della città, fatto di piani e piani di grattacieli si fondeva al mondo del microscopico, dei chip dei computer che cominciavano a cambiare il mondo, scontrandosi con le linee sinuose dei corpi di donne androidi.