Speciale Blade Runner - Torna in sala il cult di fantascienza

Seminale pietra miliare della fantascienza il film è riproposto nella “Final Cut”, capace di incantare ma pur sempre all’ombra del montaggio del 1982

Speciale Blade Runner  Torna in sala il cult di fantascienza

Dal 14 al 16 aprile 2025 il pubblico italiano ha la rara occasione di vivere su grande schermo uno dei film più rivoluzionari e discussi della storia del cinema: Blade Runner nella visione definitiva del regista.

Un evento cinematografico di assoluto rilievo che non può non portare con sé un velo di malinconia: non si tratta della versione distribuita nel 1982, che per quanto imperfetta segnò l'inizio del mito. Lacuna significativa per una parte dei cinefili, specie coloro che uscirono scioccati dalla proiezione 43 anni fa, quanto occasione per ripercorrere un viaggio fatto di visioni artistiche, scontri produttivi e redenzioni postume.

Un ritorno atteso, ma incompleto

Negli ultimi anni il grande schermo è tornato a essere luogo privilegiato per riscoprire capolavori restaurati, e Blade Runner – Final Cut rappresenta senza dubbio uno dei massimi esempi di restauro artistico e concettuale. Proiettato in 4K con colonna sonora rimasterizzata e colori che restituiscono la cupezza visionaria della Los Angeles del 2019, questo ritorno nei cinema è un regalo visivo e sonoro.

Una riproposta orfana della prima versione dell'82 a cui il regista fu costretto a sottostare, quando dalle proiezioni di prova il film venne giudicato confuso, lento, “più crawler che runner” pur possedendo un fascino tutto suo. Una narrazione che parlava anche attraverso le sue imperfezioni, voice-over che per quanto criticato contribuiva a creare un tono narrativo quasi da noir classico. Perché venne aggiunta la voce fuori campo a porre l'accento sui pensieri di Deckard, il cacciatore di replicanti che era solo un uomo e non ancora “più umano dell'umano”. E se oggi celebriamo Blade Runner come un capolavoro è soprattutto grazie a quella prima, controversa incarnazione.

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Un film nato nel conflitto

La storia produttiva di Blade Runner è diventata essa stessa leggenda. Quando Ridley Scott si mise al lavoro sul progetto, reduce dal successo di Alien, trovò subito ostacoli in un sistema hollywoodiano incapace di comprendere appieno la sua visione. Con un budget che lievitò fino a 33 milioni di dollari (112,5 milioni di dollari del 2025), e altri milioni spesi in marketing, il film si trasformò rapidamente da ambizioso progetto Science Fiction a incubo finanziario.

A due settimane dalla fine delle riprese il produttore Michael Deeley decise di condensare i giorni rimanenti in una sola settimana per evitare un possibile sciopero, aumentando di 5 milioni il budget in straordinari. L'azzardo costò caro: i garanti del completamento, Bud Yorkin e Jerry Perenchio di Tandem Productions, presero il controllo del film. Licenziarono gran parte della squadra “above the line”, eccetto la production executive Katy Haber che restò come intermediaria tra Scott e i nuovi padroni del progetto.

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La perdita del controllo creativo

Per Ridley Scott il montaggio fu un campo di battaglia. Tandem pretendeva modifiche radicali: tagli, riscritture, il “famigerato voice-over di Harrison Ford e un finale “ottimista” che andava contro la natura stessa del film. Ford registrò la narrazione malvolentieri, sperando che non venisse usata. Invece venne imposta. La relazione tra Scott e i produttori si deteriorò al punto che un memo di Perenchio definiva il film “più noioso ogni volta che lo vediamo”, lamentandosi anche della performance vocale dell’attore protagonista, definita “da drogato”. Voluto o meno, fu proprio il tono indolente ad aumentare il senso di sofferenza del personaggio.

Il momento cruciale arrivò quando venne eliminata una delle intuizioni più enigmatiche e poetiche del film: l’origami a forma di unicorno. Nella visione di Scott quel dettaglio lasciava intuire che Deckard potesse essere un replicante, suggerendo una riflessione più profonda sull’identità, la memoria e l’umanità. Ma per Yorkin era solo un altro momento confusionario da tagliare. L’audacia intellettuale veniva sacrificata sull’altare di una comprensibilità più immediata.

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I pesanti appunti negativi di Jerry Perenchio e Bud Yorkin

La fine fu un nuovo inizio

All’uscita nel 1982 Blade Runner venne accolto freddamente da pubblico e critica. Il New York Times lo definì “un disordinato pasticcio raccapricciante”, mentre il Los Angeles Times lo ribattezzò ironicamente “Blade Crawler” (letteralmente “Lama cingolata”). Il quotatissimo critico statunitense Roger Ebert affermò che gli effetti speciali soffocavano la narrazione. Si trattava invero del risultato dell'incredibile lavoro da Oscar compiuto dal quell'immenso genio dei visual effects che è stato Douglas Trumbull, lo stesso che contribuì alla resa di 2001: odissea nello spazio piuttosto che di Incontri ravvicinati del III° tipo.

Per Haber, Scott e il resto della troupe fu un colpo durissimo. “Sapevamo di aver creato qualcosa di speciale – disse Haber – ma il mondo non era pronto”. Mai affermazione fu più vera. “Il pubblico cercava ancora l’entusiasmo infantile di E.T., non un’oscura visione della Los Angeles del 2019 dove l’umanità è persa tra neon e pioggia acida.”

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Il tempo come unico giudice

Nel silenzio del post flop nelle sale, Blade Runner cominciò a vivere una seconda vita. Il design delle scenografie, la fotografia cupa e pittorica di Jordan Cronenweth, le musiche senza tempo di Vangelis iniziarono a influenzare profondamente altri registi.

Già negli anni ’80 divenne un cult sempre più roboante, punto di riferimento per chi voleva raccontare futuri distopici non attraverso le esplosioni ma con la malinconia. E le edizioni Home Video presero a susseguirsi senza sosta, inizialmente su videocassetta e videodischi (CED, VHD e LaserVision). Qui trovate il nostro speciale sulle edizioni fisiche di Blade Runner, originali ma anche pirata.

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Da sinistra a destra: edizione giapponese VHD su videodisco vinile, edizione americana CED su videodisco vinile, VHS e la rarissima edizione Video 8mm!

Il colpo di scena arrivò per caso: una copia 70mm della versione del film senza voice-over né happy ending venne scoperta negli archivi Warner Bros. Quando venne proiettata nel corso di un festival statunitense l’interesse esplose. Inizialmente irritato per la proiezione non autorizzata, Scott colse l’occasione per fare quello che sognava da sempre: rimontare il film come aveva sempre sperato.

La nascita della Director’s Cut e Final Cut

Nel 1992 uscì la Director’s Cut, privata del voice-over, con il sogno dell’unicorno reinserito e senza il finale forzatamente felice. E così Blade Runner cominciava a essere apprezzato per ciò che Scott desiderava fosse fin dall’inizio, anche se non era ancora la versione perfetta del grande cineasta. Ci volle un altro decennio e l’avvento del digitale per realizzare la sua Final Cut, distribuita nel 2007 in occasione del 25° anniversario.

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Questa versione che oggi torna nelle sale italiane è l’unica su cui Ridley Scott ha avuto pieno controllo creativo: ogni colore, effetto visivo, suono pare sia stato supervisionato proprio da lui. Una sinfonia cupa e sofisticata unicorno incluso, noir postmoderno che parla di umanità in un mondo dominato dalla tecnologia.

Che fine ha fatto la versione del 1982?

Per quanto raffinata la Final Cut non è la prima esperienza di Blade Runner. Quella del 1982 è ormai quasi introvabile nei circuiti ufficiali, benché ancora viva nella memoria di chi la vide all’epoca. E questo solleva una domanda: perché negare oggi al pubblico la possibilità di confrontare direttamente le due visioni?

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L'edizione speciale per il 30° anniversario contiene in Full HD anche la versione Theatrical del 1982

Quella dell'82 con la narrazione fuori campo e il finale dolce-amaro, racconta anche del contesto storico-culturale in cui venne concepita. Escluderla del tutto significa perdere una tassello fondamentale della storia del cinema. Anche questa la si può rivivere oggi come allora attraverso le edizioni Home Video che si sono susseguite nel corso del tempo: è sufficiente cercare quelle che offrono il “Theatrical Cut”, come quella in edizione speciale che nel box includeva il modellino dello Spinner.

Il fascino immortale di un film senza tempo

Che sia la versione originale, la Director’s Cut o Final Cut, Blade Runner resta un’opera che ha cambiato il volto della fantascienza. Ha anticipato riflessioni oggi attualissime: l’intelligenza artificiale, il valore della memoria, il confine tra umano e non-umano. E lo ha fatto con un’estetica visiva e sonora che ancora oggi è pietra di paragone. Sconfinato sogno SF e film che nel corso del tempo è stato prodotto in una quantità incredibile di edizioni tra Theatrical, Director's e Final Cut, oltre alla mitica “Rough Cut” con uno dei primissimi montaggi non definitivi.

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Questo ritorno nelle sale italiane è occasione da non perdere. Per chi lo ha già visto infinite volte, per chi lo scopre per la prima volta, per chi vuole capire perché Roy Batty prima di morire sotto la pioggia pronuncia uno dei monologhi più belli della storia del cinema. È anche occasione per interrogarsi su cosa implichi realmente restaurare e manipolare un’opera: riportarla alla visione originale dell’autore o lasciare che tutte le sue versioni, incluse le imperfette, convivano?

Un giorno forse torneremo nelle sale a vedere il Blade Runner del 1982 che, per quanto giudicato irriguardoso dal suo creatore rispetto all'idea primordiale, sapeva già di essere leggenda.

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