Takeshi Kitano racconta Broken Rage: “l'ho immaginato sugli schermi dei telefonini, per questo è così breve”
Il regista giapponese Takeshi Kitano racconta Broken Rage, film sulla yakuza sperimentale, pensato per arrivare direttamente in streaming.

A 78 anni d’età. Takeshi Kitano ha ancora voglia di sperimentare e mettersi in gioco, dimostrando di non essere un nostalgico. Il suo ultimo film, presentato alla Mostra del cinema di Venezia, è ne è la prova. Broken Rage arriverà il 13 febbraio in esclusiva su Prime Video e sarà uan sorpresa anche per i più accaniti fan del regista.
Diretto, scritto e interpretato dallo stesso, Broken Rage è una pellicola sperimentale della durata di appena un’ora che is propone di esplorare “gli elementi della commedia all'interno di un film violento”. La prima metà del titolo infatti è un canonico thriller d’azione del filone hard boiled tanto amato da Kitano, con protagonista un sicario braccato da polizia e Yakuza. La seconda parte però il film si ribalta, raccontando di nuovi la medesima storia in chiave comica e parodica.

Broken Rage è un’opera sperimentale, secondo Kitano, che l’ha realizzato proprio a partire dalla consapevolezza che sarebbe stata fruita direttamente in streaming, senza passare per la sala. Durante la conferenza stampa internazionale di presentazione del titolo, gli abbiamo chiesto come questa consapevolezza abbia influito sul risultato finale.
Partiamo dal titolo: Broken Rage ricorda un tuo precedente film, Outrage. Come spieghi questo titolo?
Outrage è stato un film di successo all’epoca dell’uscita. È un titolo violento sulla Yakuza, con un approccio moderno, almeno considerando quando l’ho diretto. Questo in un certo senso è una parodia di quel film e del genere Yakuza e per questo i titoli dei film si somigliano. Sto “rompendo” la mia carriera e filmografia, da qui quel “broken” ma non ha un senso così profondo la scelta.
Sapere che gli spettatore vedranno Broken Rage su una piattaforma streaming ha influenzato il tuo approccio al film?
Questo film sarà uno di quelli che le persone vedranno direttamente a casa loro. Per questo motivo mi sono molto interrogato su come realizzarlo. Ho deciso di renderlo molto sperimentale, di giocare con i confini tra teatro e cinema e voglio ringraziare Prime Video per avermi consentito questa libertà. Mi hanno lasciato carta bianca.
Ci racconti un po’ nel concreto come ha impattato questa consapevolezza? Come sarebbe potuto essere differente, se fosse passato in sala?
Sarebbe stato più lungo. Quando abbiamo cominciato a montare il film ho pensato che avremmo finito per avere una pellicola di due ore e mezza. Ho immagino di montarlo come se lo stessi per vederlo a casa mia e questo ha molto influenzato il risultato finale, penso che se l’avessi pensato per il cinema sarebbe stato decisamente più lungo. Credo che se fosse stato per il cinema avrei lasciato in ogni scena un 10 secondi in più, come fluire e tempistica. Ho pensato che non ce ne fosse bisogno dato che le persone l’avrebbero visto sul cellulare o sulla televisione.

Hai presentato questo film a Venezia come pellicola fuori concorso. Che ricordo conservi della premiere italiana?
Non ricordo molto della premiere veneziana, tutti mi chiedono com’è stato, ma la realtà è che mi ricordo molto. Mi vergogno a dirlo, ma ho sbattuto la testa sul taxi acquatico che ho preso per recarmi al Lido. Sai, lo fanno su un’isola questo Festival. Insomma, ho sbattuto la testa molto forte, tanto che mi hanno dovuto fare un controllo medico sul posto e una TAC per assicurarsi che tutto fosse a posto. Alla fine non era niente di grave, ma non ricordo molto di quello che è successo dopo. Insomma, alla fine ho recuperato quest’esperienza vedendo i video fatti con il cellulare da chi era presente.
Ho sentito dire e ho visto nei video che il pubblico era molto partecipe ed eccitato. In Italia poi, in so di avere tantissimi fan. Mi dicono che ho firmato parecchi autografi a chi era in attesa fuori dalla sala, ma non ricordo.
A 78 anni hai deciso di sperimentare con un’uscita su piattaforma. A quale medium senti di appartenere di più oggi, tra cinema, televisione e altro?
In questi anni ho fatto molto esperienze negli anni, dal teatro alla commedia al cinema ovviamente. Per me, oggi, il cinema è il medium con cui mi diverto di più in assoluto e sono contento di poter continuare a farlo.
Anche se non dovesse passare più in sala?
Il film come medium evolve continuamente, dal muto al sonoro, cambiando la durata nei vari periodi della sua storia. Si sono fatti tantissimi sforzi per divertire il pubblico e io sono molto cosciente di questo sforzo, dato che da tempo sono produttore dei miei film. Finora il cinema è sempre stato al centro di questa evoluzione come luogo di fruizione, ma ora sta cambiando anche questo, bisogna pensare ai cellulari, ai tablet. Credo che siamo a un punto di svolta e ci saranno cambiamenti. Noi siamo al centro di questo cambiamento. Non è sempre facile capire la direzione in questa posizione ma dobbiamo fare attenzione.
Che messaggio vuoi mandare ai tuoi fan italiani che vedranno il film su Prime?
È un film sperimentale anche per me e penso che mi sia riuscito anche abbastanza bene, anche se non è perfetto. Non credo che le persone si pentiranno di aver pagato soldi per vederlo, ecco, quindi sono contento del risultato e spero che vi piacerà. Non vedo l’ora di vedere in che direzione andrà il cinema del futuro.
