Cannes 68

Mentre i supereroi e i grandi kolossal dell'inverno monopolizzano l'attenzione dei cinefili, dietro le quinte di major e piccoli produttori tosti tutto é pronto per una delle più importanti vetrine dell'anno cinematografico: la sessantottesima edizione del Festival di Cannes, dove già i giochi cominciano a farsi seri e per chi ha aspirazioni autoriali le occasioni non vanno ignorate.

Nell'ultimo decennio, insieme al Toronto Film Festival, Cannes ha saputo accrescere ulteriormente la sua influenza, a discapito di appuntamenti sempre più periferici come Venezia e Berlino, che vivono degli scarti della Croisette o di piccole nicchie ecologiche che da anni faticano a generare grandi autori o grandi film.

Sulla Croisette invece far crescere talenti e legarli al proprio festival é sempre stata un'arte, ora ulteriormente rafforzata dall'enorme richiesta di accrediti e visibilità: si tratta dell'unico appuntamento nella prima parte dell'anno che consente l'accesso alla stagione invernale dei premi, l'unico festival primaverile a cui é presente tutta la stampa che conta, per non parlare dei compratori. Esserci é fondamentale, sia per le major sia per gli autori dei quattro angoli del globo che puntano alla notorietà internazionale.

Cannes 68


Questa popolarità ha creato però problemi di segno inverso: già negli scorsi mesi la lista di quanti hanno cercato di accedere a una delle sezioni principali della competizione o di bloccare una delle grandi anteprime fuori concorso era lunghissima, generando una concorrenza spietata tra titoli di grande richiamo. Voci di corridoio raccontano di esclusi di ottima qualità, che rivedremo nei festival successivi, che sentitamente ringraziano.
Il presupposto dovrebbe essere quindi quello di un grandissimo festival, così come accadde due anni fa, con una competizione appassionante tra parecchie pellicole davvero meritevoli per la Palma d'Oro.

Ecco la lista di quanti hanno guadagnato un posto nella sezione principale:
-“Dheepan” di Jacques Audiard
-“La loi du march” di Stéphane Briz
-“Marguerite et Julien” di Valérie Donzelli
-“Il racconto dei racconti” di Matteo Garrone
-“Carol” di Todd Haynes
-“Nie Yinniang” di Hou Hsiao Hsien
-“Shan he gu ren” di Jia Zhang-Ke
-“Umimachi Diary” di Hirokazu Kore-eda
-“Macbeth” di Justin Kurzel
-“The Lobster” di Yorgos Lanthimos
-“Mon Roi” di Ma wenn
-“Mia madre” di Nanni Moretti
-“Saul Fia” di L szl Nemes
-“La giovinezza” di Paolo Sorrentino
-“Louder than Bombs” di Joachim Trier
-“The Sea of Trees” di Gus Van Sant
-“Sicario” di Denis Villeneuve

Osservando la lista e i nomi dei registi che ce l'hanno fatta, si nota subito come i francesi abbiano superato l'impasse puntando sui nomi di quanti devono molto alla Croisette. Prendiamo per esempio la folta rappresentanza italiana: Nanni Moretti é stato uno dei grandi amori della Croisette negli scorsi decenni, mentre Paolo Sorrentino e Matteo Garrone hanno ottenuto una risonanza internazionale proprio grazie agli importanti passaggi degli anni scorsi su questo tappeto rosso.

L'Italia cerca da anni una nuova Palma d'Oro e purtroppo gioca le sue carte migliori in un'annata in cui sarà durissima ottenere anche solo un riconoscimento: del film di Moretti vi abbiamo già parlato e potete giudicarlo da voi andando al cinema (il primo riscontro internazionale però non é per niente negativo), per quanto riguarda "La Giovinezza" di un Sorrentino fresco di Oscar e "Il racconto dei racconti" di Garrone invece bisogna accontentarsi dei primi, notevoli trailer. Quello che appare chiaro é che entrambi i registi si giocano la carta di grandi produzioni e cast di spicco (i film sono girati in inglese) per puntare all'internazionalizzazione delle loro pellicole. Anche il greco Lanthimos e il norvegese Trier però sono pronti a giocarsi la stessa carta, con una competizione finale che parla molto più inglese del solito.

Insomma, per quanto riguarda l'Italia (e non solo), Cannes ha puntato su zero sorprese e usato sicuro. Non mancano poi i grandi ritorni, con un affollamento impressionante di registi ultimamente poco prolifici che hanno deciso di puntare su Cannes per il loro grande ritorno. Gus Van Sant latitava dalla sezione principale dal 2007 e ci ritorna con "The Sea of Trees", forte del miracolato Matthew McConaughey e del terribile inglese di Ken Watanabe: interpretano due uomini che si inoltrano nella fantomatica "foresta dei suicidi", ai piedi del monte Fuji.

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Anche Hou Hsiao Hsien non batteva un colpo dal 2007 e anche lui tornerà quest'anno sui lidi francesi, stavolta però con un film molto differente dal solito: “Nie Yinniang” (L'assassino) infatti sarà incentrato sulle arti marziali.
Todd Haynes non tocca suolo francese da ancora più tempo, perché in quel fatale 2007 venne scartato. Nel frattempo si é rifatto con l'ottima serie "Mildred Pierce", amatissima dalla critica. A Cannes si prepara ad arrivare col botto, portandosi dietro Cate Blanchette e Rooney Mara nell'adattamento del romanzo dalle tematiche LGBT di Patricia Highsmith "Carol": sono mesi che se ne parla come di uno dei film dell'anno e il passaggio francese non può che aiutarlo.

Jia Zhang-Ke torna sulla Croisette dopo l'ottimo riscontro di "A Touch of Sin" e anche lui come i registi italiani rilancia: film girato al di fuori della Cina e molto ambizioso, con diversi spezzoni girati in un ipotetico futuro (per l'esattezza nel 2025) di una coppia in crisi.
“Umimachi Diary” é l'adattamento cinematografico molto atteso dell'omonimo manga giapponese, uno slice of life firmato da Akimi Yoshida con un ottimo riscontro critico in patria. Ci permettiamo di essere un po' maligni e chiederci: avrebbe ottenuto questo passaggio importante se il regista Hirokazu Kore-eda non fosse un usato sicuro della Croisette?

Questo affollamento di grandi ritorni tende a ridurre la potenza incubatrice del festival, che presenta un solo nuovo nome in competizione: L szl Nemes é un esordiente ungherese che presenta il suo lungometraggio incentrato sull'Olocausto (grandi novità insomma), di gran lunga la presenza più sorprendente di un elenco fin troppo prevedibile (e maschile).
In realtà il festival ha già creato da anni un meccanismo ben rodato con le sezioni laterali di "Un Certain Regard" - la sezione più artistoide per i cinefili più esigenti dove troviamo il quarto italiano in gara, Roberto Minervini - e la settimana della critica assolvono a questa funzione di battesimo del fuoco di nuovi nomi o talenti in cerca di consacrazione internazionale.

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Questo lento meccanismo di crescita di certo non aiuta a far emergere da subito i grandi registi di domani, ma permette di mantenere un parterre stellare in gara. Dopo le prime apparizioni nelle sezioni minori del festival e i primi meravigliosi lavori circolati a livello internazionale ("La donna che canta" e il purtroppo da noi inedito "Enemy") e un passaggio americano non indolore ma comunque promettente ("Prisoners"), tornerà sulla Croisette anche Denis Villeneuve, regista canadese di prima fascia, con la talentuosa Emily Blunt, protagonista di "Sicario", dramma sui cartelli di droga messicani. Per darvi un'idea di quanto sia già lanciato, il nome di Villeneuve é legato al progetto di sequel di Blade Runner.

Con “Macbeth” di Justin Kurzel e “The Lobster” di Yorgos Lanthimos (un promosso dalle sezioni minori) si raggiungono livelli di glamour hollywoodiano che non si vedevano da tempo. Il primo é un film potenzialmente esplosivo, un adattamento di Macbeth dalle atmosfere molto "medioevaleggianti" che butta lì come protagonisti Michael Fassbender e Marion Cotillard. "The Lobster" rientra invece appieno nella categoria "strano forte"(in un futuro distopico se non trovi un partner entro 45 giorni, ti trasformano in un animale e ti liberano nei boschi), ma la lista del cast fuga ogni dubbio circa la sua capacità di attirare la stampa: Ben Wishaw, Colin Farrell, Rachel Weisz e Léa Seydoux. Notiamo la mossa strategica dell'attrice francese piazzata in entrambi i cast, che si rivela in effetti vincente.

Dopo la recente, meritatissima vittoria, dobbiamo aspettarci ulteriori insidie francesi ai danni della rappresentanza italiana? Jacques Audiard, altro abitué della competizione, porta "Erran", che vede un ex combattente Tamil che lavora come badante a Parigi, intepretato da Vincent Rottiers.
Francia che più Francia non si può con “Marguerite et Julien” di Valerie Donzelli: una sceneggiatura che passò per le mani di Truffault in persona riguardante un incesto che vede la luce solo oggi. Scandalo dell'anno? Occhio anche a Maiwenn, che porta la francesissima storia d'amore distruttiva tra due amanti (Vincent Cassell e Emmanuelle Bercot) sulla Croisette, dove ha già vinto un premio della giuria nel 2011.

“La loi du march” di Stephane Brize porta quel tocco di gerontofilia che negli ultimi anni non manca mai, tornando per la terza volta in coppia con Vincent Lindon. Stavolta l'attore interpreta un 51enne costretto a lavorare come guardia giurata che si trova presto faccia a faccia con un dilemma morale.
Joachim Trier, un altro promosso dalle leghe minori, é sì norvegese, ma arriva con una produzione francese e un cast inglese (Gabriel Byrne e Jesse Eisenberg) alle spalle per "Louder Than Bombs", pellicola che ruota attorno ai segreti che emergono dopo la morte di un noto giornalista di guerra.

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