Carrie di Brian De Palma di nuovo al cinema: storia di un caposaldo horror

Le differenze fra romanzo e film, la tecnica visiva e le tematiche di Carrie

Carrie di Brian De Palma di nuovo al cinema storia di un caposaldo horror

Carrie - Lo sguardo di Satana (questo il sottotitolo per la distribuzione in Italia) è un film horror del 1976 diretto da Brian De Palma, basato sul primo romanzo pubblicato dal futuro Re dell’horror, Stephen King.

King scrisse Carrie nel 1974, debuttando con un’opera destinata a inaugurare la carriera di uno dei più amati e prolifici scrittori (non solo di genere) di sempre. Anche grazie al successo di Carrie al cinema.

De Palma aveva già girato dei lungometraggi (inclusi Sisters, Il fantasma del palcoscenico e Obsession), ma Carrie fu il suo primo, grande successo commerciale. Senza contare le due nomination agli Oscar per le due interpreti, protagonista e non protagonista.

A fronte di un budget di circa 1,8 milioni di dollari, il film ne incassò ai botteghini quasi 40. Facendo di Carrie un caposaldo del genere horror.

La trama di Carrie

Carrie di Brian De Palma di nuovo al cinema: storia di un caposaldo horror

Chamberlain, Maine. Carrie White (Sissy Spacek) è una ragazza timida e isolata che vive con la madre Margaret (Piper Laurie), una fantastica religiosa che ha cresciuto la figlia da sola, in un modo estremamente rigido e repressivo. Quando Carrie, bullizzata da tutti a scuola, scopre di avere dei poteri telecinetici, viene accusata dalla madre di essere un demonio. Mentre tutti la isolano e la deridono, la compagna di scuola di Carrie Sue Snell (Amy Irving), mossa a pietà, decide di farla andare al ballo con il suo ragazzo, Tommy Ross (William Katt). Carrie pensa che finalmente la sua vita stia prendendo la giusta piega e ha speranza per il futuro. Ma la perfida Chris Hargenson (Nancy Allen, storica interprete dei film di De Palma nonché sua moglie) convince il suo ragazzo Billy Nolan (John Travolta) a organizzare un macabro scherzo contro Carrie. Finirà molto male, per tutti.

Un classico del genere con tante innovazioni stilistiche

Carrie di Brian De Palma di nuovo al cinema: storia di un caposaldo horror

Grazie alla tensione, alle straordinarie interpretazioni e al jumpscare finale, che inaugura una tradizione per il genere horror, Carrie ha fatto scuola. Ma anche la regia di De Palma, innovatore stilistico, ha contribuito enormemente al successo del film.

Lo split screen, ovvero la divisione dell’inquadratura in porzioni che mostrano diversi eventi contemporanei, viene usata da De Palma durante la lunga, drammatica sequenza del ballo di fine anno per accrescere la tensione. La tecnica della suddivisione dello schermo nasceva per mostrare, ad esempio, entrambi gli interlocutori durante una telefonata, ma De Palma in Carrie la trasforma servendosene per mostrare contemporaneamente tutte le azioni di Carrie, che sigilla le uscite al ballo scatenando l’inferno.

In un crescendo di angoscia, le tecniche stilistiche scelte da De Palma - split screen, rallenty e steadicam (quando ancora si chiamava Brown stabilizer e si sperimentavano i primi utilizzi cinematografici) - creano un’inedita atmosfera di “pressione” psicologica sullo spettatore, massimizzando l’effetto della storia e delle immagini.

Chi studia cinema impara che fu Shining di Stanley Kubrick il primo film a utilizzare la steadicam, ma già nel 1976 la tecnica venne parzialmente sperimentata in Rocky, Il maratoneta e appunto Carrie.

Per la prima volta dai tempi di Alfred Hitchcock - che non a caso è il riferimento di De Palma, omaggiato continuamente e soprattutto nel film Doppia personalità - un regista studia la tecnica di ripresa più efficace per creare l’atmosfera giusta in un film a base di suspense.

La composizione dell’inquadratura, lo stile di ripresa, i movimenti di macchina e l’utilizzo degli effetti speciali sono la grammatica del cinema e De Palma scrive il suo manuale horror grazie a Carrie, che verrà imitato e ripreso da dozzine di registi successivi.

Carrie ha visto diversi remake, ma nessuno ha mai eguagliato la qualità dell’originale, tanto che oggi - a quasi mezzo secolo di distanza - Carrie torna nelle sale cinematografiche (anche in Italia, controllate la programmazione della vostra città) per celebrare un film iconico, mai datato e ancora innovativo dopo tutto questo tempo.

Le tematiche di Carrie

Carrie di Brian De Palma di nuovo al cinema: storia di un caposaldo horror

L’aspetto visivo e quello narrativo s’intrecciano alla perfezione in Carrie. Il bullismo, certamente un tema non diffusamente trattato all’epoca, ci mostra come dei ragazzini, anzi - delle ragazzine nel caso specifico - possano rendere la vita un inferno a una ragazza la cui situazione famigliare è causa della sua “diversità”.

De Palma nel film suggerisce che la telecinesi sviluppata da Carrie sia una sorta di corazza, che cresce sempre più fino a diventare un’arma per difendersi dalla madre e da chiunque le voglia fare del male. In modo così “spontaneo” da fargliene perdere il controllo.

Al centro della trama naturalmente c’è anche il fanatismo religioso. La famosa scena in cui Margaret perde la vita, con una sorta di orgasmo di dolore e morte dopo una vita di repressione sessuale, richiama non solo la tradizione iconografica di San Sebastiano trafitto dalle frecce ma anche quella legge del contrappasso, esplorata dalla filosofia e della letteratura ma anche dalla religione, che determina il destino di chi fa del male a Carrie.

Il rapporto fra genitori e figli è centrale nel film di De Palma, molto più di quanto lo sia nel romanzo. La tematica della difficoltà di comunicazione fra genitori e figli, soprattutto durante l’adolescenza, periodo di grandi cambiamenti fisici ed emotivi, è alla base di tutto ciò che contribuisce a trasformare Carrie nel mostro che gli altri additano.

Anche il concetto fondamentalista di peccato, da cui Margaret è ossessionata, viene declinato sotto diversi punti di vista. La libertà delle compagne di scuola di Carrie, il loro essere disinibite e consapevoli della propria bellezza si contrappone al concetto religioso di peccato con cui Carrie è stata cresciuta. Per lei, all’inizio, le altre ragazze sono belle, libere, un esempio da ammirare e invidiare. Ma dopo la drammatica scena della doccia, che simboleggia fisicamente quei cambiamenti adolescenziali di cui parlavamo prima, negli occhi di Carrie diventano molto più simili alle peccatrici additate dalla madre.

Il sangue è l’elemento ricorrente del film, dalla citata scena della doccia al tragico scherzo che scatena la vendetta di Carrie. Nell’Antico Testamento, il sangue è il simbolo della vita, elemento rituale nei sacrifici e strumento di discrimine con la carne (la carne si può mangiare ma bisogna guardarsi dal cibarsi del sangue in quanto essenza della vita). Le cose cambiano radicalmente con il Nuovo Testamento, in cui - come sappiamo - il sangue di Cristo diventa la bevanda spirituale di cui gli apostoli e poi tutti i fedeli si nutriranno. Cristo offre il suo sangue in sacrificio per salvare l’umanità da tutti i peccati del mondo. Allo stesso modo, in una lettura rovesciata (di nuovo il contrappasso) degli eventi, Carrie versa il sangue dei presenti al ballo per espiare i propri peccati. Quei peccati di cui si pente una volta a casa, mentre si toglie il sangue di maiale di dosso piangendo e dicendo alla madre che aveva ragione lei.

Le differenze con il romanzo

Carrie di Brian De Palma di nuovo al cinema: storia di un caposaldo horror

È storia nota: King, insoddisfatto della stesura, gettò via la prima bozza di Carrie. Sua moglie Tabitha la recuperò e incoraggiò il marito a continuare. Ottenendo il risultato che sappiamo.

Altro fatto noto è come, spesso, Stephen King non sia soddisfatto dal risultato degli adattamenti cinematografici delle sue opere (celebre il caso di Shining di Kubrick), ma con Carrie le cose sono andate diversamente. Tanto che il finale del film, che De Palma decise di rendere differente da quello del romanzo, piacque a Stephen King più del finale che egli stesso aveva scritto.

Inoltre, il punto di vista del romanzo è molto già ampio, con sottotrame e storie secondarie che riguardano personaggi e situazioni volutamente tagliati da De Palma perché il pubblico si concentrasse esclusivamente sul rapporto fra Carrie e Margaret (ma senza la storia personale di Margaret raccontata da King) e Carrie e i compagni di scuola. Ottenendo un film emotivamente claustrofobico.

I poteri telepatici esibiti da Carrie nel romanzo mancano dal film, in cui la ragazza sembra scoprire la potenza della telecinesi per la prima volta al ballo, mentre nel libro li esercita spesso prima di allora.

Inoltre c’è l’aspetto di Carrie, non secondario. Stephen King la descrive come un’adolescente sovrappeso e con l’acne, mentre sappiamo come Sissy Spacek appaia nel suo abito rosa la sera del ballo.

Sul finale, già citato nelle differenze, possiamo dire che la devastazione portata a Chamberlain da Carrie nel romanzo non è paragonabile agli eventi del “solo” ballo e poco altro sulla strada di casa. La Carrie di Stephen King è molto più devastante e distruttiva, quella di De Palma è la ragazza fragile in qualche modo vittima dei propri poteri, delle proprie paure e del proprio odio.

Entrambe le versioni della storia di Carrie sono valide. E come il romanzo ha influenzato il genere in letteratura, il film di De Palma ha scritto la storia del genere horror, ma anche del cinema in generale.

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