Gabriele Muccino, Michele Placido, Arisa: il cinema italiano si prepara a conquistare Los Angeles
Muccino e Placido sono due dei registi protagonisti della nuova edizione della kermesse che presenta i film nostrani più rappresentativi dell’annata trascorsa a Hollywood.

Il Filming Italy Los Angeles Festival presenta ogni anno a Los Angeles una sintesi del cinema italiano più esportabile in territorio statunitense. È questo che si è ricavato oggi dalla conferenza stampa di presentazione della decima edizione dell’evento. Non necessariamente le più gettonate hit al nostro botteghino insomma, ma i film il cui approccio e contenuto possa par
Il festival creato e diretto da Tiziana Rocca in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles, si terrà dal 19 al 22 febbraio 2025 a Los Angeles. L’aspetto interessante emerso dalle dichiarazioni odierne è come i film che verranno presentati in questa cornice siano pensati per intercettare i gusti del pubblico statunitense, con le sue passioni, le sue sensibilità e la sua conoscenza pregressa della cultura italiana. lare a un pubblico internazionale e trasversale.
Ci siamo fatti raccontare direttamente dai protagonisti perché sono stati scelti e cosa sperano di ottenere da questa occasione di dialogo e confronto con il pubblico losangelino.
Gabriele Muccino racconta perché è tornato a girare in Italia
Uno dei film che avranno più evidenza al Filming Italy Los Angeles Festival sarà Fino alla fine di Gabriele Muccino,regista italiano tra i pochissimi con un’importante esperienza nel mondo cinematografico statunitense.
Muccino racconta la particolarità unica del suo progetto, che non verrà doppiato in inglese: viene infatti già presentato in doppia lingua, dato che se ne è girata una versione in italiano e una in inglese:
“Dato che la giovane attrice protagonista Elena Kampouris parla molto bene inglese, ho voluto fare un tentativo. Abbiamo cominciato girando in italiano, come si fa normalmente, facendo vari take fino ad arrivare alla versione più convincente. Dopo averla provata, rigiravamo la medesima scena in inglese. Gli interpreti sapevano già come muoversi e replicavano, io avevo già deciso dove mettere la cinepresa e come muoverla. È stato più semplice del previsto ed è sicuramente un esperimento interessante, anche se con le migliorie che ho visto negli ultimi tempi nei doppiaggi Netflix, non è da escludersi che in un futuro davvero molto vicino il doppiaggio diventi automatico, fatto da un software.”
Con un passato di film statunitensi girati con grandi star come Will Smith e Russell Crowe viene a chiedersi perché Muccino abbia deciso di tornare a lavorare in Italia, alle radici italiane della sua filmografia, pur dimostrandosi sempre pronto ad esportare la sua opera all’estero. Muccino ha spiegato che i ritmi di lavoro e la percentuale di fallimento di progetti negli Stati Uniti rendono molto più faticoso e poco gratificante lavorare a Hollywood:
“Io credo fermamente che se un film è buono, all’estero ci arriva comunque. L’ultimo bacio per esempio girò moltissimo a livello internazionale, ben prima che io cominciassi a lavorare a Hollywood.
Perché ho lasciato l’America? Te lo dico con un paio di numeri. Negli Stati Uniti in undici anni ho fatto quattro film, dopo il mio rientro n Italia in otto anni ho diretto tre film e la stagione di una serie: sto molto meglio qui, lavoro di più e mi esprimo meglio, con più libertà creativa.
Nei progetti con Will Smith e Russell Crowe ero molto libero, potevo esprimermi e non avevo grandi paletti: li ricordo con piacere. Quando ho lavorato a “Quello che so sull’amore” (2012) invece è andata diversamente. Ho subito un’ingerenza immensa da parte dei produttori della pellicola. In pratica la sera mi mandavano le scene da girare, riscritte dallo sceneggiatore poche ore prima. Mi avevano trasformato in uno shooter, in quello che gira e basta, un manovale senza contributo creativo.
Io ho bisogno di fare un film ogni due anni, idealmente, è quello il mio ritmo. Negli Stati Uniti invece i tempi di gestione sono lunghissimi, la mortalità dei progetti è molto alta: ti capita di lavorare otto mesi su un progetto che poi scompare nel nulla. Per me è un sistema logorante che mi toglie l’impeto creativo e la voglia di lavorare.”
Chiara Sbarigia e il ruolo dei manager nel mondo del cinema
Chiara Sbarigia interviene brevemente durante la conferenza: in qualità di manager ha contribuito a creare molti degli eventi della kermesse che consentirà al pubblico losangelino di entrare a contatto con il cinema recente italiano, con un evento pensato per valorizzare i titoli più adatti all’esportazione.
Il ruolo del manager in questo senso è fondamentale:
“In Italia ci sono tantissimi talenti. Il lavoro di noi manager dovrebbe essere quello di trovare un sistema e un ambiente ideale per il loro le loro idee e non sempre ci riusciamo, specie di fronte alle sfide distributive sempre più complesse del nostro presente.
Ovviamente questo discorso vale anche quando si parla di portare un film italiano all’estero: l’anno scorso la corsa di Matteo Garrone per la nomination all’Oscar a miglior film internazionale è stata molto faticosa per lui, lui alla fine ha promosso la pellicola in giro per il mondo per ben un anno, dedicandosi solo a quello. Dobbiamo creare un sistema attorno a questi sforzi, collaudato e rodato, trasformando qualcosa che è quasi volontaristico per chi ha un film con queste chance di arrivare lontano in un vero e proprio sistema con delle strutture, dei fondi e delle iniziative predefinite.”
Michele Placido a Princeton con Eterno Visionario
Tra i film in evidenza durante il Filming Italy Los Angeles Festival ci sarà l’ultima opera da regista di Michele Placido: Eterno Visionario, una pellicola che racconta la figura artistica dello scrittore Luigi Pirandello.
Già il precedente L’ombra di Caravaggio ha girato molto a livello internazionale, dando parecchie soddisfazioni e sorprese al suo regista:
“Io quando faccio un film non penso di portarlo negli Stati Uniti, lavoro sulla mia esperienza personale e la porto su schermo. Se racconti la storia giusta funziona anche così. Giorni fa ho ricevuto una copia del mio film “L'ombra di Caravaggio” doppiato in giapponese: l’ho guardato, mi ha reso felice, perché alla fine funzionava anche in un’idiota così particolare. Un’amica mi ha girato una clip dal doppiaggio tedesco, una in cui parlavo io e ne ho tratto le stesse conclusioni. C’è anche un altro fatto che mi ha molto sorpreso: a fine sfruttamento in Francia il film ha incassato più che in Italia.”
La decisione di portare Eterno Visionario come film di rilievo in questa edizione del Filming Italy Los Angeles Festival è una scelta molto strategica, che ben si appaia con quella di Muccino, come ha spiegato lo stesso Placido:
“Gabriele forse nella storia del cinema italiano è quello che ha incassato di più negli Stati Uniti Io gli invidio molto la capacità di essere un ottimo operatore di macchina, di avere un linguaggio visivo d’impatto, che funziona a livello internazionale.
Eterno Visionario però ha un suo pubblico, negli Stati Uniti. Sono già andato all’università di Princeton per presentare il film ed erano presente tantissimi accademici. Nell’ambito universitario statunitense Pirandello come scrittore è davvero riverito e in tanti non hanno dimenticato come lavorò a un film americano con Greta Garbo scritto da lui.”
Trovare nuovi mercati è fondamentale per questo tipo di film, che nascondono budget non da poco, come ha spiegato il protagonista Fabrizio Bentivoglio, che interpreta Luigi Pirandello:
“Il film è costato tantissimo, l’abbiamo girato tutto in Belgio. Sapere quindi che questo film, che per Michele è quello della vita, supererà le Alpi e gli oceani è incredibile. Io spero succeda più spesso, magari anche in versione originale sottotitolata.
Eterno Visionario non potevo farlo che con Michele. Non è solo il frutto delle undici settimane di riprese sul set, ma di più di quaranta anni di collaborazione, fratellanza, amicizia professionale. Io e Michele ci siamo conosciuti al Piccolo di Milano molti anni fa, abbiamo fatto spettacoli che non ha visto nessuno…lui è un attore, capisce noi attori anche quando fa il regista. Inoltre Michele dice che noi due che siamo entrambi un po’ registi.”
Arisa spiega come ha scelto la canzone per Il ragazzo con in pantaloni rosa
È stato uno dei casi cinematografici italiani dell’annata appena conclusa. Il ragazzo dai pantaloni rosa ha incassato oltre 9 milioni e mezzo di euro, attirando un pubblico di giovanissimi e di scolaresche.
Un bel segnale, dato che la pellicola affronta il tema del bullismo, raccontando la storia vera di Andrea Spezzacatena, ragazzino spinto al suicidio proprio da continue prevaricazioni e ingiurie dei suoi coetanei.
È un bel segnale per il cinema italiano in generale e per quello delle registe in particolare: il film di Margherita Ferri infatti è tra i 16 a regia femminile che hanno incassato di più nella top 100 dei film più remunerativi stillata ogni anno da Cinetel.
A Los Angeles per presentarlo ci sarà il giovane interprete del film Samuele Carrino, la vera mamma di Andrea ed Arisa, che interpreterà dal vivo Canta ancora, il brano presente nella colonna sonora del film:
“Il bullismo e la discriminazione esistono in tutto il mondo. Spesso si pensa che si ha ragione e quindi si esercita il potere arbitrario di dire agli altri come vivere e come fare. Credo che questo film sia un progetto necessario per questo motivo. Quando ho ricevuto la sceneggiatura di Roberto Proia mi sono sentita molto coinvolta ed emozionata da questa storia. Ho avuto la sensazione di poter raccontare qualcosa che avevo vissuto da ragazzina ma non avevo avuto le parole per sintetizzare a quell’età.
Avevo nel cassetto questa canzone che avevo scritto per mia madre nel 2012, quando faticavo a comunicare con lei, che passava un brutto momento. L’ho proposta a Proia dicendo “se vuoi ne scrivo una nuova, ma questa per me è quella giusta”. Mi sembrava giusta per il film perché si parla tantissimo di questo rapporto tra il ragazzino protagonista e la madre. A lui è piaciuta subito ed il resto, come si suol dire, è storia.”