I, Frankenstein
di
Roberto Vicario
Arrivato nella sala in cui si é svolta la proiezione di I Frankenstein, Aaron Eckhart é sembrato sin da subito un tipo molto disponibile. L'attore che ha iniziato la sua carriera con l'amico regista Neil LaBute ne La società degli Uomini, di strada ne ha fatta parecchia passando attraverso svariate tipologie di film che hanno saputo mettere alla prova le sue abilità da attore.
Dopo il ruolo di Harvey Dent alias Due Facce all'interno de Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan, l'attore americano ha dato nuovamente volto e movenze ad un personaggio sì famoso, ma che nasce ancora una volta all'interno di una serie di tavole disegnate. Di questo e tanto altro abbiamo avuto modo di chiacchierare con Aaron.
Passato, presente e futuro di un artista contro la tecnologia.
L'intervista non poteva che incominciare con la più classica delle domande: “Sei tu che hai voluto il personaggio o é stato il personaggio a venire da te?”, in questo senso l'attore non ha fatto segreto della sua scelta derivata principalmente dalla lettura del copione. Quello che più gli é piaciuto del personaggio é il fatto che non si volesse dipingere semplicemente il mostro, ma piuttosto si sia cercato di trasmettere l'idea di un “uomo” con uno scopo all'interno della sua vita, un personaggio alla ricerca della propria anima e dell'amore da parte di tutti nell'essere riconosciuto.
Un concetto interessante e che come é stato spiegato in maniera più dettagliata nelle risposte alle domande successive: "Sei fan del personaggio? quale é stato il tuo approccio nella corruzione del tuo mostro?"
La risposta ha evidenziato il fatto che Aaron si stato fan del romanzo di Mary Shelley, libro che ha apprezzato solo in un secondo momento e che durante l'eta scolastica - quando ha avuto modo di leggerlo la prima volta - non ha saputo apprezzare fino in fondo. In fondo quello che il libro vuole trasmettere, il vero punto focale della storia, é il rifiuto da parte del creatore della sua creatura. Un concetto che, come spiegato da Aaron, può essere legato al rifiuto che molte persone al giorno d'oggi ricevo dalla società in cui vivono.
Elemento di cui si é tenuto conto anche nella costruzione del personaggio, uno dei momenti di discussione più serrati con il regista Stuart Beattie. Sebbene il suo Frankestein sia estremamente agile e muscolo, lontano dai classici canoni del personaggio a cui Hollywood ci aveva abituato, durante la fase di preparazione ha pensato a quelli che possono essere i momenti di trasformazione di un qualunque teenager che nella fase di mutazione del suo corpo nota su di lui un sacco di imperfezioni. Momento che tutti noi abbiamo attraversato, facendoci sentire un po “mostri”.
Così, partendo da questo concetto di base si é deciso di costruire, anche visivamente, l'Adam visto nel film. Scegliendo minuziosamente dove mettere le cicatrici (Adam é composto dall'unione di 8 cadaveri diversi) con quest'ultime che si evolvono e si modificano nel corso del tempo. Cercare di “umanizzare” il personaggio é servito per provaer a trasmettere quel senso di “umanità” e di anima interiore di cui si é parlato poco fa.
"Ma qual é il rapporto che lo stesso Aaron ha costruito con il mostro?"
Un rapporto che é nato come detto dalla conoscenza sia del personaggio letterario sia di quello visto nei precedenti film. Al cinema é sempre stata data una versione particolare del mostro, in realtà entrando in contatto con la creazione del Dottor Frankestein, l'attore ha scoperto che in fondo é più essere umano di quello che possa sembrare, con una sensibilità che lui stesso ha cercato di portare sullo schermo e con un'anima in cerca di amore (concetto più volte ribadito durante la conferenza stampa).
Inevitabile anche la domanda sul parallelismo tra il suo film e la serie Underworld:”Essendoci gli stessi produttori e buona parte del cast di Underworld come ha vissuto il paragone? ha visto anche i film?”. Anche in questo caso, l'onestà dell'Harvey Dent cinematografico é venuta a galla, ammettendo che molti sono i rimandi alla serie Underworld essendoci gli stessi produttori e qualche attore. Inoltre, l'ambiente estremamente dark e gotico potrebbe richiamare il qualche modo quelle ambientazioni. Tuttavia il regista Stuart Beattie ha avuto la libertà di elaborare e costruire sulla sua immaginazione molti degli elementi visti nella pellicola, ed il mondo che circonda la vicenda. Il modo in cui i demoni discendono o i gargoyles ascendo, piuttosto che il modo in cui vengono gestiti i due ordini e tanto altro sono stati elementi a lungo discussi. Inoltre essendo Beattie un fan delle arti marziali ha sempre cercato un modo per portare i bastoni all'interno di una sua pellicola, cosa che é successa proprio con I Frankenstein essendo lo strumento con cui il mio personaggi lotta nelle scene d'azione. Questa possibilità é stata anche data dall'utilizzo della graphic novel a cui comunque il film si ispira, per realizzare un ambiente dal sicuro impatto visivo.
Non sono mancate, ovviamente le curiosità legate alla sua attività d'attore con una domanda telefonata ma dalla risposta estremamente interessante:”Qual é il personaggio a cui sei legato?”. Sono molti, ha risposto Eckhart, ma credo che il mio ruolo in The Company of Men - che pochi probabilmente hanno visto - sia quello a cui sono più legato, così come quello in Thank You for Smoking, un personaggio e una commedia davvero brillanti. In linea generale, però, sono un attore che ama guardare sempre al futuro, e a quello che sarà il mio prossimo ruolo. Tuttavia posso dire che amo lavorare con quelle che vengono chiamate le “Big Girls”, attrici come Julia Roberts e Nicole Kidman.
Un'altra curiosità é legata al fatto che lui non ama rivedersi nei suoi film. Notizia confermata dall'attore. “Si é vero, solitamente non riguardo i miei film”. Questo perché durante la lavorazione di un film l'attore si fa un'idea di come sia stato portato avanti il suo personaggio e magari rivedendosi si convince che molte cose non siano andate come voleva o che siano diverse da quelle che erano le sue convinzioni. Per questo motivo preferisco evitare di riguardarmi.
Altra domanda, altra curiosità, questa volta legata alla sua vita privata:” vero che tu non hai un buon rapporto con la tecnologia?”. La risposta ha confermato questa indiscrezione. Tuttavia l'attore ha confessato (quasi con imbarazzo) di aver creato un profilo Twitter, anche se in realtà ha twittato solamente 22 volte. Poi scherzando ammette che il social network é pericolo, perché magari ti svegli felice poi leggi quello che la gente pensa riguardo al tuo film e la giornata prende una piega decisamente storta. Inoltre, é triste vedere come lui non riesca ad arrivare neanche a diecimila fan, quando Justin Bieber ne ha oltre trenta milioni, sottolinea ridendo l'attore.
Dopo una bella risata, si torna seri e gli viene posta la domanda:”C'é stato un film in cui avresti voluto recitare a tutti i costi?”. Anche qui risposta secca ma molto ragionata. Mi sarebbe piaciuto lavorare in Ritorno a Cold Mountain, ma anche in molti altri film. La scelta di un pellicola da parte di un attore non é facile come può sembrare da fuori. Molte volte ci si affida all'istinto e alle sensazioni che un attore ha in quel momento. Una sorta di tiro di dadi in cui il regista ed il tuo istinto giocano un ruolo fondamentale.
“E' vero che Cary Grant é il modello a cui ti sei sempre ispirato?” viene chiesto da uno dei giornalisti presenti in sala. La riposta é affermativa anche in questo caso. “Sono cresciuto guardando i suoi film, e ho sempre adorato la facilità con cui riusciva a lavorare davanti alla macchina da presa. Al contempo però apprezzo anche attori come Harrison Ford, Robert Redford e parlando di tempi più recenti Sean Pean, Jack Nicholson, Philiph Seymour Hoffman e Daniel Day Lewis.”
Infine una domanda legata al suo futuro:”Farai il regista? ti senti pronto?.” L'attore annuisce, spiegando che al momento sta già producendo un lungometraggio, e che nel futuro sicuramente dirigerà un film. Quello che gli piacerebbe portare sullo schermo é un lavoro che parli di sentimenti e di rapporti tra le persone, come ad esempio i rapporti familiari. Un film che sia in grado di raccontare quali sono i problemi attuali. In fondo, la qualità principale di un attore deve essere questa, saper raccontare una storia. In questo senso, ha apprezzato tantissimo quello che il suo amico Sean Pean é riuscito a fare dietro la macchina da presa.
Prima di salutare i giornalisti presenti in sala, c'é stato tempo per un un'ultima domanda legata al cinema italiano. “Essendo vicino al duomo di Milano, per certi versi simile alla cattedrale presente nel film e sfondo di uno dei film più belli di Vittorio De sica (Miracolo a Milano), qual é il suo rapporto con il cinema italiano e se ha visto il film di De Sica?”
Anche in questo caso la risposta é stata estremamente interessante ammettendo di aver già visto il Duomo avendo girato da giovane l'Europa con i suoi genitori. Conosce il cinema italiano perché l''ha studiato, e pur non avendo visto il film in questione ha un'enorme rispetto per il lavoro svolto dal nostro movimento cinematografico. Piccolo aneddoto:” durante un festival in Columbia, c'era un piccolo cinema che proiettava Ladri Di Biciclette. Un film stupendo e di impatto, che dimostra tutta la bravura nel fare cinema del vostro paese."
Con questa domanda si é chiusa la conferenza stampa di Aaron Eckhart, un personaggio simpartico e disponibile e molto interessante da ascoltare. Vi ricordiamo che lo potrete vedere nelle sale italiane dal prossimo 23 gennaio con I, Frankenstein.
Dopo il ruolo di Harvey Dent alias Due Facce all'interno de Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan, l'attore americano ha dato nuovamente volto e movenze ad un personaggio sì famoso, ma che nasce ancora una volta all'interno di una serie di tavole disegnate. Di questo e tanto altro abbiamo avuto modo di chiacchierare con Aaron.
Passato, presente e futuro di un artista contro la tecnologia.
L'intervista non poteva che incominciare con la più classica delle domande: “Sei tu che hai voluto il personaggio o é stato il personaggio a venire da te?”, in questo senso l'attore non ha fatto segreto della sua scelta derivata principalmente dalla lettura del copione. Quello che più gli é piaciuto del personaggio é il fatto che non si volesse dipingere semplicemente il mostro, ma piuttosto si sia cercato di trasmettere l'idea di un “uomo” con uno scopo all'interno della sua vita, un personaggio alla ricerca della propria anima e dell'amore da parte di tutti nell'essere riconosciuto.
Un concetto interessante e che come é stato spiegato in maniera più dettagliata nelle risposte alle domande successive: "Sei fan del personaggio? quale é stato il tuo approccio nella corruzione del tuo mostro?"
La risposta ha evidenziato il fatto che Aaron si stato fan del romanzo di Mary Shelley, libro che ha apprezzato solo in un secondo momento e che durante l'eta scolastica - quando ha avuto modo di leggerlo la prima volta - non ha saputo apprezzare fino in fondo. In fondo quello che il libro vuole trasmettere, il vero punto focale della storia, é il rifiuto da parte del creatore della sua creatura. Un concetto che, come spiegato da Aaron, può essere legato al rifiuto che molte persone al giorno d'oggi ricevo dalla società in cui vivono.
Elemento di cui si é tenuto conto anche nella costruzione del personaggio, uno dei momenti di discussione più serrati con il regista Stuart Beattie. Sebbene il suo Frankestein sia estremamente agile e muscolo, lontano dai classici canoni del personaggio a cui Hollywood ci aveva abituato, durante la fase di preparazione ha pensato a quelli che possono essere i momenti di trasformazione di un qualunque teenager che nella fase di mutazione del suo corpo nota su di lui un sacco di imperfezioni. Momento che tutti noi abbiamo attraversato, facendoci sentire un po “mostri”.
Così, partendo da questo concetto di base si é deciso di costruire, anche visivamente, l'Adam visto nel film. Scegliendo minuziosamente dove mettere le cicatrici (Adam é composto dall'unione di 8 cadaveri diversi) con quest'ultime che si evolvono e si modificano nel corso del tempo. Cercare di “umanizzare” il personaggio é servito per provaer a trasmettere quel senso di “umanità” e di anima interiore di cui si é parlato poco fa.
"Ma qual é il rapporto che lo stesso Aaron ha costruito con il mostro?"
Un rapporto che é nato come detto dalla conoscenza sia del personaggio letterario sia di quello visto nei precedenti film. Al cinema é sempre stata data una versione particolare del mostro, in realtà entrando in contatto con la creazione del Dottor Frankestein, l'attore ha scoperto che in fondo é più essere umano di quello che possa sembrare, con una sensibilità che lui stesso ha cercato di portare sullo schermo e con un'anima in cerca di amore (concetto più volte ribadito durante la conferenza stampa).
Inevitabile anche la domanda sul parallelismo tra il suo film e la serie Underworld:”Essendoci gli stessi produttori e buona parte del cast di Underworld come ha vissuto il paragone? ha visto anche i film?”. Anche in questo caso, l'onestà dell'Harvey Dent cinematografico é venuta a galla, ammettendo che molti sono i rimandi alla serie Underworld essendoci gli stessi produttori e qualche attore. Inoltre, l'ambiente estremamente dark e gotico potrebbe richiamare il qualche modo quelle ambientazioni. Tuttavia il regista Stuart Beattie ha avuto la libertà di elaborare e costruire sulla sua immaginazione molti degli elementi visti nella pellicola, ed il mondo che circonda la vicenda. Il modo in cui i demoni discendono o i gargoyles ascendo, piuttosto che il modo in cui vengono gestiti i due ordini e tanto altro sono stati elementi a lungo discussi. Inoltre essendo Beattie un fan delle arti marziali ha sempre cercato un modo per portare i bastoni all'interno di una sua pellicola, cosa che é successa proprio con I Frankenstein essendo lo strumento con cui il mio personaggi lotta nelle scene d'azione. Questa possibilità é stata anche data dall'utilizzo della graphic novel a cui comunque il film si ispira, per realizzare un ambiente dal sicuro impatto visivo.
Non sono mancate, ovviamente le curiosità legate alla sua attività d'attore con una domanda telefonata ma dalla risposta estremamente interessante:”Qual é il personaggio a cui sei legato?”. Sono molti, ha risposto Eckhart, ma credo che il mio ruolo in The Company of Men - che pochi probabilmente hanno visto - sia quello a cui sono più legato, così come quello in Thank You for Smoking, un personaggio e una commedia davvero brillanti. In linea generale, però, sono un attore che ama guardare sempre al futuro, e a quello che sarà il mio prossimo ruolo. Tuttavia posso dire che amo lavorare con quelle che vengono chiamate le “Big Girls”, attrici come Julia Roberts e Nicole Kidman.
Un'altra curiosità é legata al fatto che lui non ama rivedersi nei suoi film. Notizia confermata dall'attore. “Si é vero, solitamente non riguardo i miei film”. Questo perché durante la lavorazione di un film l'attore si fa un'idea di come sia stato portato avanti il suo personaggio e magari rivedendosi si convince che molte cose non siano andate come voleva o che siano diverse da quelle che erano le sue convinzioni. Per questo motivo preferisco evitare di riguardarmi.
Altra domanda, altra curiosità, questa volta legata alla sua vita privata:” vero che tu non hai un buon rapporto con la tecnologia?”. La risposta ha confermato questa indiscrezione. Tuttavia l'attore ha confessato (quasi con imbarazzo) di aver creato un profilo Twitter, anche se in realtà ha twittato solamente 22 volte. Poi scherzando ammette che il social network é pericolo, perché magari ti svegli felice poi leggi quello che la gente pensa riguardo al tuo film e la giornata prende una piega decisamente storta. Inoltre, é triste vedere come lui non riesca ad arrivare neanche a diecimila fan, quando Justin Bieber ne ha oltre trenta milioni, sottolinea ridendo l'attore.
Dopo una bella risata, si torna seri e gli viene posta la domanda:”C'é stato un film in cui avresti voluto recitare a tutti i costi?”. Anche qui risposta secca ma molto ragionata. Mi sarebbe piaciuto lavorare in Ritorno a Cold Mountain, ma anche in molti altri film. La scelta di un pellicola da parte di un attore non é facile come può sembrare da fuori. Molte volte ci si affida all'istinto e alle sensazioni che un attore ha in quel momento. Una sorta di tiro di dadi in cui il regista ed il tuo istinto giocano un ruolo fondamentale.
“E' vero che Cary Grant é il modello a cui ti sei sempre ispirato?” viene chiesto da uno dei giornalisti presenti in sala. La riposta é affermativa anche in questo caso. “Sono cresciuto guardando i suoi film, e ho sempre adorato la facilità con cui riusciva a lavorare davanti alla macchina da presa. Al contempo però apprezzo anche attori come Harrison Ford, Robert Redford e parlando di tempi più recenti Sean Pean, Jack Nicholson, Philiph Seymour Hoffman e Daniel Day Lewis.”
Infine una domanda legata al suo futuro:”Farai il regista? ti senti pronto?.” L'attore annuisce, spiegando che al momento sta già producendo un lungometraggio, e che nel futuro sicuramente dirigerà un film. Quello che gli piacerebbe portare sullo schermo é un lavoro che parli di sentimenti e di rapporti tra le persone, come ad esempio i rapporti familiari. Un film che sia in grado di raccontare quali sono i problemi attuali. In fondo, la qualità principale di un attore deve essere questa, saper raccontare una storia. In questo senso, ha apprezzato tantissimo quello che il suo amico Sean Pean é riuscito a fare dietro la macchina da presa.
Prima di salutare i giornalisti presenti in sala, c'é stato tempo per un un'ultima domanda legata al cinema italiano. “Essendo vicino al duomo di Milano, per certi versi simile alla cattedrale presente nel film e sfondo di uno dei film più belli di Vittorio De sica (Miracolo a Milano), qual é il suo rapporto con il cinema italiano e se ha visto il film di De Sica?”
Anche in questo caso la risposta é stata estremamente interessante ammettendo di aver già visto il Duomo avendo girato da giovane l'Europa con i suoi genitori. Conosce il cinema italiano perché l''ha studiato, e pur non avendo visto il film in questione ha un'enorme rispetto per il lavoro svolto dal nostro movimento cinematografico. Piccolo aneddoto:” durante un festival in Columbia, c'era un piccolo cinema che proiettava Ladri Di Biciclette. Un film stupendo e di impatto, che dimostra tutta la bravura nel fare cinema del vostro paese."
Con questa domanda si é chiusa la conferenza stampa di Aaron Eckhart, un personaggio simpartico e disponibile e molto interessante da ascoltare. Vi ricordiamo che lo potrete vedere nelle sale italiane dal prossimo 23 gennaio con I, Frankenstein.