Il mondo dietro di te e Bussano alla porta: le tematiche, i punti in comune, la spiegazione del finale
Il mondo dietro di te, su Netflix e Bussano alla porta, su Prime Video, hanno situazioni e tematiche in comune. Scopriamoli insieme in un’analisi parallela.
Sono simili per ambientazione, tematiche e atmosfera. A cambiare è l’approccio: mettiamo a confronto Il mondo di te, il film di Sam Esmail (Mr. Robot, Homecoming) e Bussano alla porta, l’ultima fatica di M. Night Shyamalan (Il sesto senso, Unbreakable) i due film catastrofico-apocalittici in cui si riflette sul ruolo dell’uomo nella distruzione dell’ambiente e nella fine del mondo come lo conosciamo.
Due trame, un messaggio
In Bussano alla porta e Il mondo dietro di te, entrambi del 2023, la tematica di base è la medesima: il ruolo dell’uomo nella distruzione del pianeta. Sia il film di Shyamalan, che quello di Esmail ruotano attorno a dei protagonisti che ricevono l’inattesa visita di persone sconosciute. In entrambi i casi si gioca tutto sulla questione della fiducia, della solidarietà e del sacrificio.
Il messaggio di fondo, quindi, è lo stesso: imparare a fidarsi degli altri, collaborare per un bene comune, sacrificarsi - se necessario - per un bene superiore. In un’epoca di egoismo, individualismo e scarsissima considerazione del valore della vita altrui - come la pandemia ha ampiamente dimostrato - queste due storie ci parlano di sopravvivenza condizionata all’unione delle forze, alla collaborazione o al sacrificio per salvare il mondo (e i propri figli).
Lo fanno, però, in modo molto diverso. Con le plateali e cruente dimostrazioni di fede in Bussano alla porta, che costringono i protagonisti a fare i conti con la crudeltà della situazione, e con lo studiarsi reciprocamente ne Il mondo dietro di te.
Mentre le conseguenze delle nostre azioni, come un’espiazione di tutti i nostri peccati, minacciano di distruggere il mondo come lo conosciamo, i due film ci presentano due atteggiamenti molto diversi nei confronti della medesima situazione: se la piccola Wen (Kristen Cui) avvisa i suoi genitori del pericolo imminente all’arrivo degli sconosciuti, l’arrivo dei proprietari di casa dai Sandford, Amanda (Julia Roberts) e Clay (Ethan Hawke), è ugualmente improvviso e preoccupante, ma gode del beneficio del dubbio. Da parte di Clay, almeno.
Il personaggio di Amanda incarna invece tutte le preoccupazioni, le ansie e la sfiducia che il mondo di oggi ci spinge a mantenere nei confronti di persone mai viste prima. Paradossalmente, l’intrusione degli estranei minacciosi nella casa di Eric (Jonathan Groff) e Andrew (Ben Aldridge) non mette alla prova la fiducia nel prossimo, bensì il concetto stesso di fede. Fede in un potere superiore, nelle prove raccontate dalla televisione e nelle parole anticipate dalle visioni.
A Long Island, invece, si parla di fiducia nel prossimo prima e di fede nell’umanità poi, con la visita al vicino: quando sono i protagonisti, a loro volta, a diventare gli estranei che bussano alla porta di Danny (Kevin Bacon).
In un gioco di specchi, i due film ci restituiscono azioni paragonabili con esiti molto diversi. Ma anche le tematiche , con l’avanzare del racconto, differiscono: il sacrificio (la tua vita per quella del mondo intero, inclusa tua figlia) da una parte e la collaborazione, la condivisione di informazioni e la fiducia l’uno nell’altro dall’altra.
La sostituzione dell’uomo
Un altro punto in comune fra i due film è il tema della sostituzione dell’uomo.
A Long Island, dov’è ambientato Il mondo dietro di te, le auto senza conducente manovrate dagli hacker, che escono direttamente da una concessionaria per occupare le strade ne Il mondo dietro di te sono il simbolo stesso di come la tecnologia si possa rivoltare contro di noi. Basta un solo malintenzionato con i mezzi per farlo è voilà: una petroliera si arena su una spiaggia e delle auto senza nessuno alla guida si schiantano l’una contro l’altra, travolgendo tutto ciò che trovano sul loro percorso.
Anche in Bussano alla porta, in modo più sottile, il tema viene trattato: le visioni che spingono quattro sconosciuti - Leonard (Dave Bautista), Redmond (Rupert Grint), Sabrina (Nikki Amuka-Bird) e Adriane (Abby Quinn) - a visitare la casa di una famiglia in vacanza per chiederle di sacrificarsi per salvare il mondo non provengono dalla tecnologia, bensì da un potere superiore. Chiamatelo soprannaturale, chiamatelo Dio, poco importa: a bussare alla porta sono persone “inviate” da un potere superiore. Non sono gli hacker a manovrarle come accade con le auto nell’altro film, ma c’è comunque una volontà non umana a guidarli. Seguono semplicemente le visioni che hanno avuto, ripetendo ciò che hanno sentito e mettendo in scena un rituale cruento di cui hanno ricevuto le istruzioni durante visioni di origine soprannaturale. Sapevano chi avrebbero trovato, sapevano dove andare, sapevano che non sarebbero stati soli e come dovevano comportarsi, ma non sapevano perché. La volontà umana, il proverbiale libero arbitrio, viene sostituito da una volontà che proviene dall’alto. O da qualche altra parte, ma ci siamo capiti.
In entrambi i casi, per l’attacco di terroristi hacker tramite la tecnologia o per un intervento divino, non è l’uomo a prendere le decisioni. E in entrambi i casi sono molto carenti le informazioni riguardo a ciò che sta succedendo. Anche in Bussano alla porta, infatti, le uniche informazioni disponibili vengono trattate come riscontro alle parole di Leonard e gli altri. La TV viene accesa solo per confermare quanto sta accadendo (e non viene comunque presa troppo sul serio: potrebbe essere un filmato preregistrato, un trucco insomma).
Ci si può fidare esclusivamente di ciò che dicono gli altri. “Altri” che non conosciamo. Capite bene che in un momento storico come quello che stiamo vivendo, in cui si ha paura a soccorrere qualcuno per strada per timore che sia contagioso o che si tratti di un trucco per derubarci, la potenza di queste situazioni emerge chiaramente.
Noi, maniaci del controllo, arroganti padroni del mondo intero e delle sue creature, di cui determiniamo il destino, non abbiamo più il controllo sugli eventi. Un monito fin tropo esplicito...
Finali privi di spiegazioni o addirittura assenti? No. Ecco perché.
“Manca il finale”, ecco la critica fatta da tutti i detrattori de Il mondo dietro di te. Ma un finale c’è, nel film. Chiarissimo. Come in tutti film catastrofici/apocalittici che non mostrano esplicitamente il destino di tutti i personaggi. Una tecnica usata spesso da registi e sceneggiatori, perché il finale c’è ma sarebbe spiacevole da mostrare. Infatti, nel 99% dei casi, può finire in un solo modo: chi prima chi dopo, moriranno tutti. Chiaro. Semplice. Inevitabile.
Il motivo per cui ci si ferma prima, ne Il mondo dietro di te, è evidente. Il finale aperto illude lo spettatore di poter decidere del destino dei personaggi. È meno costoso. Soprattutto, non è deprimente come il finale in cui vedremmo morire tutti - chi prima, chi dopo. Perché in quel caso, del finale si lamenterebbero tutti.
La spiegazione del finale de Il mondo dietro di te è piuttosto semplice. La scelta di Rose di strafogarsi, per poi esplorare il bunker e guardarsi l’agognato finale di serie di Friends - mentre i suoi impazziscono non sapendo dove sia finita e il mondo è impazzito - è emblematica di quell’egoismo, individualismo e scarsa considerazione del valore della vita altrui di cui parlavamo prima.
Meglio rifugiarsi in una serie TV che amiamo piuttosto che affrontare il messaggio in cui si dice che moriranno tutti coloro che non hanno un bunker come il tuo a disposizione. “Tuo” perché ci sei capitata per caso, ma ti guardi bene dal condividerlo con la tua famiglia. In ogni caso sappiamo che Archie, il fratello di Rose, è gravemente malato, che suo padre e il padrone di casa, G.H. Scott (Mahersahala Ali), non sanno dove si trovi Rose ma sanno che nella casa in cui si è rifugiata c’è un bunker (l’hanno saputo da Danny, che ha rifiutato di accoglierli).
Sappiamo anche che Amanda e la figlia di G.H., Ruth (Myha’la) stavano seguendo le tracce della bici di Rose prima di assistere alla scena catastrofica sulla baia di New York. Continueranno quindi a seguire le tracce e arriveranno al bunker. Le riserve di cibo e acqua sono abbondanti, ma non tanto da mantenere 6 persone per mesi e mesi - ammesso che tutti e 6 riescano a raggiungere il bunker. E in ogni caso, prima o poi le provviste finiranno e dovranno uscire. Fuori, sappiamo già cosa troveranno.
I cervi che circondano Ruth e Amanda non hanno intenzioni pericolose: si limitano a fissarle, come già accaduto precedentemente. La natura chiede conto all’uomo delle sue azioni, che stanno distruggendo anche la casa dei cervi e di tutti gli altri animali. Un po’ come le piante chiedevano conto all’uomo, però ribellandosi e colpendolo, in E venne il giorno di Shyamalan, film dalla forte tematica ambientalista che sia Bussano alla porta (sono le catastrofi naturali a colpire duramente) sia Il mondo dietro di te, come abbiamo appena visto, condividono.
Entrambi i film fanno un passo in più rispetto a E venne il giorno. Perché gli uomini non si tolgono la vita come accadeva nel film più disturbante di Shyamalan, si colpiscono l’un l’altro. Anche volontariamente, come Leonard e gli altri che credono fermamente nelle visioni. O come gli autori dell’attacco a New York. L’uomo distrugge. E si autodistrugge. Sembra essere il suo istinto più forte e radicato, l’unico che non riusciamo mai a sconfiggere (semmai, a rimandare).
Ecco quindi che il finale di Bussano alla porta ci mostra come il sacrificio, alla fine, abbia fermato la fine del mondo, ma non perché. Né perché fossero Eric e Andrew a doverlo fare. Né perché, fra le persone giunte alla loro porta, ci fosse anche colui che aveva causato loro tanto dolore in passato.
Non ci sono spiegazioni sulle visioni o sulla loro origine. Ci sono solo fede e sacrificio. Allo stesso modo, non ci sono spiegazioni alla fine de Il mondo dietro di te, ci sono solo certezze - il caos regna sovrano e non saranno due famiglie a fermarlo - sul destino del mondo e dei protagonisti, ma nessuna spiegazione. Né sequenze che mostrino l’ineluttabile destino. Meglio rifugiarsi in qualcosa. Meglio estraniarsi dalla realtà. Meglio continuare a guardare serie TV mentre il mondo è impazzito. Almeno, quando arriverà la fine, sapremo come sarà andata fra Ross e Rachel. Mentre la sigla di Friends (di cui abbiamo parlato anche nello speciale di Ma sei serial?) recita “Ci sarò per te”, a suggellare quella tematica di collaborazione e condivisione alla base del film.