Jessica Chastain: “A Hollywood non ci sono ruoli come quello di Dreams, anche gli assassini sono scritti come santi”
L’attrice premio Oscar spiega perché con Dreams torna a lavorare con il regista messicano Michel Franco e cosa manca oggi nei copioni dei film hollywoodiani.

Jessica Chastain non ha paura di dire sì a ruoli pericolosi e controversi come quello che interpreta in Dreams (qui potete la nostra recensione), film che dopo Memory segna la sua seconda collaborazione con il regista messicano Michel Franco.
Un film che, ci tiene a dichiarare, è ovviamente e orgogliosamente politico. Laddove tanti suoi colleghi cercano di dribblare le domande di questo tipo e di essere equidistanti e vaghi nel rispondere nel merito, Chastain non si tira indietro. D'altronde lo dice lei stessa: avere raggiunto la carriera che desiderava e avere una sua casa di produzione le consente di dire no a Hollywood - dove oggi tutti i personaggi sono santi - e dedicarsi ai ruoli femminili che desidera.
Donne che fanno continuamente errori e sbagli e che non è semplice giudicare.
Dreams sembra fare riferimento agli Stati Uniti “terra dei sogni” sin dal suo titolo. Un sogno americano che sembra sempre più non essere mai esistito.
Jessica Chastain - Il punto è che ogni posto del mondo dovrebbe essere una “land of dreams”, un luogo in cui è possibile realizzare i propri desideri, non solo gli Stati Uniti. Ovunque dovrebbe essere possibile creare speranza per la popolazione, anche in posti in cui per esempio è difficilissimo conservarne, come succede per esempio alle donne per in Iran e in Afghanistan.
Io ho comprato casa negli Stati Uniti, ho pianificato lì la mia vita e trascorro il tempo con la mia famiglia. Nonostante il momento politico difficilissimo che viviamo, sono tra quanti (e non sono pochi) che vedono ancora una speranza.
Questa è la tua seconda collaborazione con Michel Franco. Cosa ti piace nel lavorare con un regista e autore come lui?
Lavorare con Michel per è rigenerante, stimolante, essenziale per come scrive i personaggi che mi propone. Nella stragrande maggioranza dei copioni che mi arrivano dagli Stati Uniti persino i personaggi degli assassini sono nei fatti dei santi: al di fuori degli omicidi non si macchiano di nessuna colpa, non commettono errori, dai più banali ai più gravi di quelli che ciascuno di noi fa costantemente.
Io credo fermamente, da attrice, che eliminare dai personaggi le loro sfumature moralmente ambigue o addirittura negative sia il primo passo per privarli della loro umanità. Non mi interessa interpretare personaggi che piacciano al pubblico, che stiano simpatici allo spettatore. Il mio desiderio è quello che portare su schermo ruoli di cui la gente parli all’uscita dalla sala, che suscitino discussioni e reazioni, anche forti, Voglio interpretare donne che nel corso di un film commettono una marea di errori e passi falsi.
Senti di rischiare qualcosa ad accettare un ruolo che tu stessa dici non esiste o quasi nel cinema statunitense?
Probabilmente è così, ma per fortuna oggi ho anche una compagnia di produzione e me lo posso permettere. In questo momento della mia vita lavorativa sono più ribelle rispetto agli inizi di carriera, non sento più il bisogno di chiedere per favore, di accettare senza discutere nel merito di una parte.
All’inizio della mia carriera avevo molta più paura, ma da quando ho creato una mia casa di produzione non voglio dire di avere il controllo sui progetti, ma sicuramente più voce in capitolo nelle decisioni pratiche.
Sono davvero contenta di non dover più fare sei film l’anno per costruire la mia carriera, essendo arrivata a una situazione che mi consente di poter lavorare solo su quello che ho davvero voglia di fare.
Oltre alla scrittura dei personaggi, c’è qualcosa che ti attrae anche nel suo stile di regia?
Sì. Lui dirige in modo così pulito, così preciso. È un professionista meticoloso, perfezionista. Capita che per una scena che da programma si dovrebbe girare in un’ora ci si passi un giorno intero perché Franco continua a raffinare e pulire l'inquadratura e il movimento di macchina Sta sempre molto attento alle nostre reazioni alla storia, vuole che siano le migliori possibili.
In questo film ti sei molto fidata di lui: affronti parecchie scene d’amore esplicite, una delle quali estrema.
Con Franco mi sento a mio agio, perché è tutto pianificato sin nel minimo dettaglio, per cui per noi attori diventa una sorta di coreografia. Sappiamo esattamente cosa succederà e come farlo succedere, muovendoci all’unisono.
In questo film c’è una scena in cui il mio personaggio e quello di Isaac Hernández cedono alla passione in maniera così impetuosa che consumano un amplesso sulle scale interne di casa, tra il piano terra e il primo piano. Ecco: quella scena, che trovo stupenda, era una sorta di lunga, articolatissima coreografia. Farla con Isaac mi ha aiutato molto, perché ovviamente quando si parla di imparare una coreografia, una serie di movimenti con una tempistica precisa, in pochi sono al suo livello.
Con Michel ho fatto anche Memory, in cui c’è una scena d’amore molto, molto differente. Anche per quella però avevamo provato tanto.
Come affronti le scene forti di film come Dreams? Ti lasciano addosso qualche sensazione?
Sì, decisamente. Michel mi ricorda sempre, ridendo, che quando abbiamo girato il finale di questo film, nonostante non riguardasse direttamente me, sono scappata via dal set al primo ciak perché ero angosciata dalle riprese. Gli ho anche chiesto di assicurarsi che non succedesse niente di male. Immagino che per Isaac sia stato anche peggio.
Tra qualche giorno si chiuderanno le votazioni per gli Oscar. Da vincitrice e membro dell’Academy, vuoi farci un endorsement?
Mi metti in difficoltà perché tra i candidati ci sono davvero tantissimi amici e citarne uno a discapito di un altro creerebbe qualche tensione. Comunque, uno ce l’ho: consiglio a tutti di vedere e recuperare Il seme del fico sacro: è una pellicola eccezionale.