Félix Kysil su L'uomo nel bosco: "Guiraudie dà così poche indicazioni che a volte ti senti solo"

Da volto poco noto del cinema francese a candidato al premio César: Félix Kysil racconta il film che gli ha svoltato la carriera e il curioso rapporto con il regista Alain Guiraudie.

Da quanto ho incontrato Félix Kysil in un freddo pomeriggio novembrino alla Cineteca all’ombra del Duomo, sono successe tante cose, che hanno confermato il successo della pellicola di cui abbiamo parlato e l’apprezzamento generale per la qualità della sua performance da protagonista.

L’uomo nel bosco ha infatti conquistato ben 8 candidature ai César, i premi del cinema francese, gli Oscar francofoni. Otto nomination pesanti: miglior film, miglior sceneggiatura originale, miglior regia e ben quattro candidature attoriali, tra cui spicca proprio la sua, come giovane promessa maschile del cinema alle sue prime prove su schermo. Un passato teatrale, qualche collaborazione filmica poco nota: Félix Kysil è il classico volto sconosciuto che trova la sua prima, grande occasione in un film di Alain Guiraudie, regista eccentrico, provocatore e ostinatamente indie che ama lavorare con illustri sconosciuti e spiazzare il suo pubblico.

È stato così anche con L’uomo nel bosco, elegante noir esistenziali che prende avvio come un film di Hitchcock, cita Fëdor Dostoevskij ma poi va in una direzione completamente sua, spostandosi dal noir al film esistenziali e alla commedia nera.

L’uomo nel bosco, la recensione del thriller che ha fatto innamorare i cinefili francesi

Kysil interpreta Jérémie, l’oscuro oggetto del desiderio di molti abitanti di un piccolo paesino francese circondato dai boschi. È rientrato in paese per partecipare a un funerale e la sua presenza scombussola gli animi, soprattutto quando il figlio del morto scompare nel nulla. Jérémie, che nel frattempo sembra essersi trasferito in pianta stabile a casa della vedova, viene indagato dalla polizia, che lo segue nei boschi che ha preso a frequentare giornalmente. Qui incontra spesso il curato del paese, che sembra sapere molto, moltissimo dei segreti che nasconde.

Partiamo dal tuo incontro con Guiraudie, il regista di L’uomo nel bosco. Vi siete conosciuti 10 anni fa, ma solo ora, con questo film avete lavorato assieme.

Sì, io e Alain ci siamo conosciuti una decina di anni fa e avevamo entrambi voglia di collaborazione insieme, ma il progetto di cui avevamo discusso non è andato in porto. Negli anni ci siamo tenuti in contatto, ma non arrivava mai l’occasione giusta, sembrava ormai un appuntamento destinato a non compiersi. Invece quando ha scritto questo film, Alain mi ha contattato e io ne sono rimasto colpito sin dalla prima lettura della sceneggiatura. Inizialmente dovevo interpretare io il figlio del morto che scompare, ma alle prime prove Alain mi ha detto che non andavo proprio bene e mi ha fatto provare il ruolo di Jérémie.

Com’è lavorare sul set con Guiraudie, uno che abitualmente punta su facce poco note?

È un regista molto particolare, molto misterioso. Io ho provato a farmi dare qualche informazione in più sul mio personaggio, ma niente. Dà anche pochissime indicazioni sul set, si fida molto degli interpreti. Non ti nascondo che a tratti ci si sente molto soli, perché la sua direzione è minima. Alla fine ho cercato di reagire come era indicato nella sceneggiatura, che era talmente potente e ben scritta che non serviva altro.

Il film in effetti è molto misterioso e non si esce dalla sala con tutte le risposte che uno si aspetterebbe da una storia di questo tipo.

È davvero così! Pensa che sul set ho tentato più volte di chiedere ad Alain di dirmi qualcosa in più su Jérémie, ma lui rideva e diceva “esiste da quando inizia il film e finisce di vivere alla fine della pellicola, il resto lo decidi tu o il singolo spettatore, vi darete le risposte che vorrete”. Tra l’altro gli spettatori spesso mi chiedono informazioni in merito, ma proprio per questo motivo, ne so quanto loro.

Un altro argomento di dibattito sul film è quale sia il regista a cui rende omaggio. Online si trovano le opinioni più disparate: Fassbinder, il Pasolini di Teorema, Hitchcock. Tu ti sei fatto un’idea?

Sì, ho letto anche io, ma come ti dicevo Alain non ti dice “guardati questo film, prendilo come punto di riferimento”. Non credo abbia mai citato un’altra opera mentre lavoravamo assieme. È spiazzante sul set come in sala.

L’autunno gioca un ruolo importante in L’uomo nel bosco, ci sono moltissime scene ambientate in questa foresta con le foglie gialle e rosse, sul punto di cadere dagli alberi. Immagino che girare questa parte del film sia stato impegnativo, considerando che la finestra temporale autunnale non è lunghissima…

Sì, è stato abbastanza stressante. Abbiamo girato molte scene in esterna in questo bosco infiammato dai colori dell’autunno e ci muovevamo quasi in punta di piedi, per paura di far cadere una foglia di troppo con il nostro lavoro. Ogni folata di vento, ogni nuvola carica di pioggia era fonte di preoccupazione, ma per fortuna siamo riusciti a ultimare le riprese prima che gli alberi perdessero le foglie.

L’uomo nel bosco è stato scelto come miglior film del 2024 da Les Cahiers du cinéma. È un grande riconoscimento tra cinefili, ma tra addetti ai lavori? Cosa significa per te, che sei protagonista del film?

Ovviamente fa sempre molto piacere, però devo dirti che credo che sia qualcosa che riguarda soprattutto Guiraudie. Io mi sento parte di una squadra che lo ha supportato nel realizzare la sua visione per questo film, ma non credo che il film mi appartenga in alcun modo, ho solo contribuito. Il film è suo e del pubblico, ovviamente.

Iscriviti alla Newsletter

Resta aggiornato sul mondo Gamesurf: anteprime, recensioni, prove e tanto altro.

ISCRIVITI