Midsommar - Il villaggio dei dannati: tematiche, origine e successo del film horror svedese

Midsommar: tutto ciò che dovreste sapere sul film svedese che ha segnato l'horror

di Chiara Poli

Sta per compiere 5 anni - uscì in Italia il 25 luglio del 2019 - ma su Netflix sarà disponibile fino al 31 luglio. Quindi abbiamo pensato di dedicare uno speciale, in caso non l’aveste visto fate in tempo a recuperare, al film svedese che ha segnato la storia recente del genere horror: Midsommar.

Scritto e diretto da Ari Aster, autore l’anno prima di un’altra pagina nella storia horror con il suo film d’esordio Hereditary - Le radici del male, con una Toni Collette da Oscar, Midsommar - Il villaggio dei dannati vede protagonista assoluta Florence Pugh, candidata agli Oscar per Piccole donne.

Midsommar ha contribuito a riscrivere le regole del genere horror contemporaneo, reintroducendo quella esasperante lentezza nella crescita dell'orrore e della tensione tipica dei film degli anni '60.

La trama di Midsommar - Il villaggio dei dannati


Dani (Florence Pugh, Oppenheimer, Dune - Parte 2) è in crisi con il fidanzato Christian (Jack Reynor, Inverso - The Peripheral) che, spinto anche dagli amici Pelle (Vilhelm Blomgren, Clark), Josh (William Jackson Harper, The Good Place) e Mark (Will Poulter, Maze Runner), pensa seriamente di lasciarla perché la loro relazione è davvero difficile.

Ma proprio mentre sta decidendo il da farsi, Dani lo chiama per informarlo della terribile tragedia famigliare che l’ha colpita.

Christian non può lasciarla adesso, così pensa di portarla - sebbene non fosse stata invitata - in Svezia, facendola unire al viaggio programmato con gli amici per le celebrazioni della festa di mezza estate, Midsommar (a cui è dedicata la serie svedese di Netflix: Notte di mezza estate).

Pelle, svedese, vuole portare gli amici a conoscere la sua famiglia, nella fattoria in cui vi vivono, per far loro conoscere il vero spirito di Midsommar. Ma sarà solo l’inizio di un incubo inaspettato e senza via d’uscita…

L’origine dei più terrificanti orrori di sempre: il fanatismo


Il tema centrale del film non ha nulla a che vedere con “il villaggio dei dannati”. Non solo qui non c’è nessun dannato, in senso tradizionale, ma siamo anche molto lontani da un’altra citazione importante.

Il sottotitolo italiano fa infatti pensare a un riferimento al capolavoro horror di Wolf Rilla del 1960, con George Sanders e Barbara Shelley, Il villaggio dei dannati. Il film, poi oggetto di remake da parte di John Carpenter con Christopher Reeve, Kirstie Alley e Mark Hamill, raccontava la storia di un gruppo di terrificanti bambini alieni in una cittadina americana.

Midsommar non ha nulla a che vedere con questo: è uno dei film horror più concreti, terreni, senza influenze soprannaturali o demoniache mai visti. E proprio per questo è così terrificante: ci racconta la storia di una “comune” che è di fatto una setta - da cui proviene Pelle - dedita a un antico culto pagano, convinta che il sacrificio umano - volontario, ma non solo - possa garantire benessere e prosperità alla comunità.

Midsommar è infatti la festa svedese di mezza estate, celebrata in tutti i Paesi Nordici intorno al solstizio d’estate (fra il 21 e il 25 giugno, più o meno). In Svezia la festa di Midsommar è tanto significativa da essere presa in considerazione come candidata a sostituire la festa nazionale (celebre anche come “i giorni della bandiera”) che cade il 6 giugno.

Midsommar è una festa di origine pre-cristiana: deriva dalle offerte agli dèi pagani per garantirsi un tempo buono e un terreno fertile per ottimi raccolti.

Ed eccolo qui, il legame con il film svedese - co-prodotto dagli Stati Uniti - che terrorizza riportando la protagonista, una ragazza americana che dopo un viaggio interminabile si trova a contatto con l’orrore più grande e insormontabile da cui hanno origine le tragedie: il fanatismo.

Pensate ai periodi più oscuri di tutta la storia dell’umanità: il fanatismo ne è l’origine, immancabilmente. Il fanatismo genera odio e intolleranza, ma soprattutto altera la prospettiva di chi vi è immerso. Ciò che per un fanatico è perfettamente normale, addirittura naturale, per una persona normale è orrore.

Inoltre, punto nodale per il film, il fanatismo è condivisione fra fanatici. Dolore, gioia, intenti. Si muovono tutti come se fossero un’unica, grande entità. Un’entità inarrestabile. Almeno agli occhi di qualche ragazzo straniero chiamato a osservarla.

Morire lottando contro l’inevitabile corrompe lo spirito.

È con la (apparente) ragionevolezza che i fanatici diffondono il loro credo e trovano nuovi adepti.

Il grande inganno e l’isolamento in un finto paradiso terrestre


All’arrivo in Svezia, dopo un lunghissimo viaggio fra aereo e auto, Dani e i suoi amici incontrano il fratello di Pelle, che ha portato degli ospiti anche lui. Un po’ come tutti i ragazzi del villaggio, dopo vari viaggi all’estero in ogni parte del mondo. Gli allucinogeni somministrati agli stranieri fanno parte del piano. Un piano diabolico, che dimostra come riconoscere un fanatico non sia per nulla facile.

Accolto in Svezia più come una commedia macabra, una black comedy - pensate come reagireste vedendo un film horror incentrato sul Ferragosto - il film è stato in realtà girato principalmente in Ungheria (mentre le scene negli Usa, ambientate a New York, sono in realtà state girate nello Utah).

Ma la lingua parlata dalla comunità è lo svedese, spesso volutamente non sottotitolato per gli spettatori affinché il senso di straniamento di Dani e degli altri stranieri risultasse evidente anche a noi.

E poi ci sono le “strane” tradizioni - culturali, gastronomiche, di vestiario - che per un turista rappresentano un’affascinante attrazione, non certo un campanello d’allarme per il pericolo. Per chiunque sia amante degli animali, il povero orso in gabbia lo sarebbe stato, così come i disegni di una sorta di rito magico che Pelle definisce “una storia d’amore”. Ma il motivo del grande successo del film è proprio questo: l’immersione in un’antica cultura pagana perduta, affascinante, in un contesto totalmente isolato, da cui non c’è via di fuga. Si trovano tutti nel bel mezzo del nulla. In una zona non coperta dalla linea telefonica. A chilometri di distanza da qualsiasi forma d’aiuto e senza nemmeno un mezzo di trasporto.

Come se non bastasse, in un luogo che sembra un paradiso naturale in terra, pieno di fascino e di richiami a quel contatto con la natura che spesso ci viene ricordato di dover mantenere.

La natura è l’origine stessa di questo culto fanatico poiché mal interpretata. Trasformata in qualcosa che non è. Non a caso, sono necessarie varie droghe e allucinogeni per permettere ai membri della setta di tenere “tranquilli” gli ospiti prima della cerimonia con i due anziani destinata a sconvolgerli. Quando è ormai troppo tardi. Quando è chiaro che la fuga non è un’opzione.

Tutto si svolge lentamente. Con seguente esasperatamente (e volutamente) rallentate in alcuni dei momenti più tesi, per condividere con lo spettatore il clima di esasperante lentezza nella crescita di un orrore destinato ad arrivare al suo culmine nel finale del film.

Midsommar dura quasi 2 ore e mezza, per la precisione 147 minuti. Eppure, si è talmente presi dalla trama e dall’atmosfera da non accorgersi del tempo che passa.