Nosferatu: da Kubrick a Eggers, il cinema a luce di candela
Robert Eggers è un regista noto anche per le sue incredibili soluzioni tecniche alla base del look unico dei suoi film: ecco come ha realizzato due delle scene più iconiche di Nosferatu.
Sin dalla pubblicazione del primo trailer ufficiale del film, Nosferatu ha impressionato per l’estetica molto suggestiva delle sue scene notturne. Lily-Rose Depp e Nicholas Hoult si muovono infatti in un mondo ricolmo di oscurità, non solo sul piano metaforico ma anche su quello geografico, fattuale, in un’Europa che ha conosciuto l’Illuminismo ma sopravvive alla notte ancora con le luci delle candele e il fuoco aattorno a cui si siedono i nomadi. Nosferatu appare quasi lavato dei suoi colori nelle poche, fredde, uggiose scene diurne, mentre è un tripudio di oscurità, fiamme e chiari di luna nelle scene notturne.
Nosferatu: il podcast
La scena che ha più colpito del trailer è quella della protagonista che si avvicina alla finestra, estasiata e come in tranche, richiamata dall’ombra del conte Orlok che si proietta sulla tenda, senza che il corpo fisico del mostro sia presente.Dietro questa manifestazione sovrannaturale non si nascondono né effetti speciali digitali né un semplice filtro azzurro applicato sulla lente. Sia le scene al chiaro di luna sia quelle al maniero del conte rischiarate solo dalle fiamme del camino e delle candele hanno richiesto una strumentazione realizzata specificamente per il film e una lavorazione che guarda al passato, sfruttando le innovazioni tecnologiche del presente.
Come sono state girate le scene al chiaro di luna di Nosferatu
Oltre a Robert Eggers, il principale responsabile di questo risultato impressionante è il direttore della fotografia Jarin Blaschke, suo collaboratore fisso sin dai tempi del film horror d’esordio del regista, il sinistro The Witch (2015). La prima direttiva ottenuta da Robert Eggers è stata quella di girare in pellicola, il suo supporto prediletto. Dopo The Witch infatti, che fu costretto a girare in digitale, non è mai più tornato indietro. Tra i tanti aspetti che il regista predilige della pellicola, c’è quello che rende più facile la gestione delle profondità dei neri e dei contrasti con i bianchi quando qualcuno si competente si occupa dell’illuminazione delle scene.
La sfida per Jarin Blaschke è stata, come per la protagonista del film, quella di combattere contro l’oscurità, senza però mai respingerne completamente la seduzione. Le scene in notturna infatti sono girare per essere una sorta di bianco e nero d’altri tempi, in cui filtra anche la luce azzurrognola della luna. L’effetto, romantico e gotico, è quello di un chiaro di luna freddo ma avvolgente, che ricordi atmosfere oniriche. Non è un risultato semplice da ottenere con questo livello di resa, anzi: ha richiesto tutta una serie di strumentazioni ad hoc e lavorazioni particolari. Il primo ostacolo è quello di rendere leggibile la scena per lo spettatore. Blaschke ha spiegato a Cinema Teaser che le scene in notturna devono ricreare l’effetto di un’illuminazione scarsa, ma comunque molto più precisa e netta di quanto vediamo davvero nella realtà. Ricreando esattamente le condizioni di una foresta rischiarata solo dalla luna su schermo non vedremmo niente o quasi, anche perché la pellicola non è così sensibile da catturare una luce tanto fievole e dà neri meno netti nei loro contorni. Oltre a creare un bilanciamento sapiente di luci e ombre non realistico quanto naturalistico, bisogna creare delle zone scure molto intenzionali, che aumentino la leggibilità dell’immagine.
Per ottenere la sfumatura desiderata Blaschke ed Eggers hanno contattato una ditta specializzata in lenti a uso cinematografico, facendosi realizzare una lente ad hoc che lasciasse filtrare solo l’estensione dell’azzurro nello spettro dei colori. La tonalità azzurrognola poi è stata ulteriormente esaltata durante lo sviluppo della pellicola nella camera oscura, con un effetto chiamato burning o dodging, che consiste nel calibrare i tempi d’esposizione delle singole parti del fotogramma in modo da modulare la resa del colore. Il ritocco alla saturazione in post produzione è stato minimo (e spesso desaturando un azzurro che risultava troppo intenso).
Cinema a lume di candela: cosa cambia da Kubrick ad Eggers
Un’altra sfida per il team di Nosferatu sono state le scene nel maniero del conte Orlok, illuminate da candele, dal fuoco del caminetto o da un incendio. Sin dai tempi di Barry Lindon di Stanley Kubrick è noto come illuminare una scena con solo la luce delle candele o del fuoco (senza l’utilizzo di illuminazione artificiale non visibile nell’inquadratura) sia un’impresa ardua, perché la pellicola in teoria non è abbastanza sensibile da catturare questa fonte di luce molto fioca restituendo un’immagine leggibile. Una prima mano a Eggers e Blaschke l’ha dato lo stesso avanzamento tecnologico: le pellicole di oggi sono di varie tipologie e alcune sono assai più sensibili alla luce, per cui tarando con grande precisione l’esposizione di una lente pensata per queste condizioni con alcuni filtri, si è ottenuto con relativa facilità il risultato che vediamo nel film: fiamme vivide e luci calde che affogano via via nell’ombra.
Una difficoltà aggiuntiva deriva da come gira Eggers, che ama montare la cinepresa su dolly, gru, bracci meccanici e muoverla attorno ai protagonisti ottenendo scene lunghe senza tagli. Cambiano la posizione della cinepresa, anche le fonti di luce devono venire rivalutate: per questo sul set ci sono scomparti, feritoie, buchi appositi che vengono aperti o chiusi via via che la cinepresa si muove per garantire sempre una luce ottimale. Blaschke ha spiegato scherzando: “sembra quasi che sul set lavorino dei ninja”, dato il numero di persone vestite di nero che si muove silenziosamente ai margini del set o sui soffitti applicando o rimuovendo pannelli per adattare la luce alla nuova posizione della cinepresa.