Oscar 2016
stato un anno particolarmente propizio per le giovani leve hollywoodiane. Diversamente dal trend che gli Oscar ci hanno abituato ad aspettarci, quest'anno sono parecchi gli attori (ma anche i tecnici, compositori e…Lady Gaga!) che parteciperanno da protagonisti alla notte delle stelle cinematografiche statunitensi. Non si tratta certo di esordienti assoluti e in gran parte sono nomi già familiari ai cinefili, ma la nomination agli Oscar segna sempre un punto di maturità artistica per chi la riceve per la prima volta. La prima nomination é l'equivalente di una pacca sulla spalla dell'Academy, un'occhiata come a dire “sì, ti vedo, ti tengo d'occhio, vedremo cosa saprai fare nei prossimi anni”. Per molti significa anche avere accesso a casting di prodotti più autoriali o a ruoli più centrali all'interno di pellicole da major, perché il cosiddetto Oscar Nod equivale a un riconoscimento indiretto, praticamente l'ingresso nella serie A hollywoodiana.
Alla soglia dei quarant'anni l'attore inglese riceve finalmente la prima nomination, in un anno parecchio bizzarro per la sua carriera, in cui sostanzialmente si é ritrovato a fare da spalla ai protagonisti assoluti di due dei più grandi film del 2015: Mad Max Fury Road e Revenant (su Child 44 caleremo invece un pietoso velo). Sembra proprio che Tom Hardy, lanciato da Christopher Nolan in Inception e utilizzato in tempi non sospetti da Guy Ritchie, viva una carriera a due velocità: quando lavora nella sua Inghilterra trova ruoli capaci di esaltarne il talento e di metterlo in luce come assoluto protagonista (vedi il fantastico Locke, con cui l'anno scorso ci si aspettava potesse venire nominato), mentre negli Stati Uniti viene più utilizzato per la sua prestanza fisica o come spalla di lusso.
L'ex Mean Girl, anche lei inglese e anche lei vicina ai 40, ha ricevuto finalmente la prima nomination, nonostante si temesse venisse snobbata in favore del cast maschile di Spotlight. Un bel traguardo della McAdams, che in carriera ha fatto davvero di tutto, dai film romantici a quelli di azione, dal blockbuster holmesiano di Guy Ritchie a True Detective. A ostacolarla nella corsa alla prima nomination é stata di certo l'alto tasso di film commerciali a cui ha partecipato, fatto che spesso l'Academy non perdona, anche di fronte a performance strepitose. L'avvenenza della McAdams é stata per lei un'arma a doppio taglio: bionda, occhi azzurri e curve sexy, é amata dagli studios, ma generalmente snobbata quando c'é da prenderla sul serio.
Dalla Danimarca con furore discende Alicia Vikander, giunta all'anno della consacrazione dopo essersi già fatta notare in molte pellicole danesi nominate negli scorsi anni al fianco dell'altro nume cinematografico tutelare della nazione, Mads Mikkelsen. Ex Machina, The Danish Girl, Operazione U.N.C.L.E.: il 2015 é stato l'anno della consacrazione oltre Oceano per la bella e talentuosissima attrice danese. La sua parabola é simile a quella di Marion Cotillard, la collega francese ormai pienamente adottata dalle major hollywodiane: status di stella del cinema in patria, ruolo giusto in una pellicola molto Oscar bait, ingresso nel cinema di Guy Ritchie (che é un po' il nume tutelare della categoria), consacrazione alla notte degli Oscar. Dato il suo talento, potrebbe essere solo l'inizio.
L'unica con chance di vittoria (quasi certa) tra questi giovani, l'unica attrice made in America, l'unica sotto i trent'anni (per dire del concetto di “giovane promessa” alla notte degli Oscar), Brie Larson si é fatta notare per la prima volta in quella fiocina di talenti che fu Scott Pilgrim vs. the World. Da allora é stata una continua lotta per emergere: l'abbiamo vista più o meno sempre sullo sfondo di pellicole riuscite, con parti così irrilevanti da essere imbarazzanti: la ricordate in Don Jon, Un disastro di ragazza, 21 Jump Street? Ecco. Meno male che é arrivato il ruolo da assoluta protagonista in Room, con cui ha iniziato una calvacata ininterrotta dal Toronto Film Festival verso gli Oscar. Meno male, perché é sempre stato evidente che fosse materiale ottimo per grandi interpretazioni, anche quando rimaneva sullo sfondo.
Merita una menzione uno che un attore non é, ma che lottava ormai da anni per entrare nel club del compositori musicali nominati all'Oscar. La lotta può essere terribile in categorie così tecniche, con nomi così santificati che spesso vengono nominati di routine e impediscono ai giovani di farsi largo. Carter Burwell ce l'ha fatta nel 2015: é di classe 1955. Carriera lunghissima, Burwell ha musicato di tutto: filmacci commerciali (Twilight) e piccole perle autoriali (Nel paese delle creature selvagge), ma soprattutto gran parte delle pellicole dei fratelli Coen, di cui é compositore di fiducia: Fargo, Non é un paese per vecchi, Il Grinta e il prossimo Ave, Cesare!. Solo quest'anno oltre alla colonna sonora di Carol, che gli é valsa la nomination, ha composto le musiche di un altro piccolo capolavoro: Anomalisa.
Alla soglia dei quarant'anni l'attore inglese riceve finalmente la prima nomination, in un anno parecchio bizzarro per la sua carriera, in cui sostanzialmente si é ritrovato a fare da spalla ai protagonisti assoluti di due dei più grandi film del 2015: Mad Max Fury Road e Revenant (su Child 44 caleremo invece un pietoso velo). Sembra proprio che Tom Hardy, lanciato da Christopher Nolan in Inception e utilizzato in tempi non sospetti da Guy Ritchie, viva una carriera a due velocità: quando lavora nella sua Inghilterra trova ruoli capaci di esaltarne il talento e di metterlo in luce come assoluto protagonista (vedi il fantastico Locke, con cui l'anno scorso ci si aspettava potesse venire nominato), mentre negli Stati Uniti viene più utilizzato per la sua prestanza fisica o come spalla di lusso.
L'ex Mean Girl, anche lei inglese e anche lei vicina ai 40, ha ricevuto finalmente la prima nomination, nonostante si temesse venisse snobbata in favore del cast maschile di Spotlight. Un bel traguardo della McAdams, che in carriera ha fatto davvero di tutto, dai film romantici a quelli di azione, dal blockbuster holmesiano di Guy Ritchie a True Detective. A ostacolarla nella corsa alla prima nomination é stata di certo l'alto tasso di film commerciali a cui ha partecipato, fatto che spesso l'Academy non perdona, anche di fronte a performance strepitose. L'avvenenza della McAdams é stata per lei un'arma a doppio taglio: bionda, occhi azzurri e curve sexy, é amata dagli studios, ma generalmente snobbata quando c'é da prenderla sul serio.
Dalla Danimarca con furore discende Alicia Vikander, giunta all'anno della consacrazione dopo essersi già fatta notare in molte pellicole danesi nominate negli scorsi anni al fianco dell'altro nume cinematografico tutelare della nazione, Mads Mikkelsen. Ex Machina, The Danish Girl, Operazione U.N.C.L.E.: il 2015 é stato l'anno della consacrazione oltre Oceano per la bella e talentuosissima attrice danese. La sua parabola é simile a quella di Marion Cotillard, la collega francese ormai pienamente adottata dalle major hollywodiane: status di stella del cinema in patria, ruolo giusto in una pellicola molto Oscar bait, ingresso nel cinema di Guy Ritchie (che é un po' il nume tutelare della categoria), consacrazione alla notte degli Oscar. Dato il suo talento, potrebbe essere solo l'inizio.
L'unica con chance di vittoria (quasi certa) tra questi giovani, l'unica attrice made in America, l'unica sotto i trent'anni (per dire del concetto di “giovane promessa” alla notte degli Oscar), Brie Larson si é fatta notare per la prima volta in quella fiocina di talenti che fu Scott Pilgrim vs. the World. Da allora é stata una continua lotta per emergere: l'abbiamo vista più o meno sempre sullo sfondo di pellicole riuscite, con parti così irrilevanti da essere imbarazzanti: la ricordate in Don Jon, Un disastro di ragazza, 21 Jump Street? Ecco. Meno male che é arrivato il ruolo da assoluta protagonista in Room, con cui ha iniziato una calvacata ininterrotta dal Toronto Film Festival verso gli Oscar. Meno male, perché é sempre stato evidente che fosse materiale ottimo per grandi interpretazioni, anche quando rimaneva sullo sfondo.
Merita una menzione uno che un attore non é, ma che lottava ormai da anni per entrare nel club del compositori musicali nominati all'Oscar. La lotta può essere terribile in categorie così tecniche, con nomi così santificati che spesso vengono nominati di routine e impediscono ai giovani di farsi largo. Carter Burwell ce l'ha fatta nel 2015: é di classe 1955. Carriera lunghissima, Burwell ha musicato di tutto: filmacci commerciali (Twilight) e piccole perle autoriali (Nel paese delle creature selvagge), ma soprattutto gran parte delle pellicole dei fratelli Coen, di cui é compositore di fiducia: Fargo, Non é un paese per vecchi, Il Grinta e il prossimo Ave, Cesare!. Solo quest'anno oltre alla colonna sonora di Carol, che gli é valsa la nomination, ha composto le musiche di un altro piccolo capolavoro: Anomalisa.