La stella di Pamela Anderson è tornata a brillare, solo in maniera differente
The Last Showgirl ha provato ciò che lei stessa tentava inutilmente di far capire da anni: dietro la bomba sexy degli anni ‘90 c’è un’attrice e una donna molto sottovalutate.

A 57 anni Pamela Anderson ha finalmente ottenuto la sua rivalsa: con il ruolo di Shelley Gardner in The Last Showgirl è riuscita a ribaltare una narrativa di bionda sexy, bambola di plastica e attrice incapace che non le era mai riuscito di sfilarsi di dosso, a differenza del costume rosso fuoco di Baywatch.
La bellezza prorompente e quell’aria da American Girl (anche se poi è nata e cresciuta in Canada) erano un continuo intralcio, anche quando sono rimaste cristallizzate nella loro forma giovanile, solo nel ricordo del pubblico distratto. La sua carriera però parte proprio da lì, da un ingaggio pubblicitario con la birra Labatt ottenuto dopo essere stata inquadrata da una partita di football con la t-shirt con il logo dell’azienda, scatenando un boato entusiasta nello stadio di fronte a una ventenne dalla bellezza mozzafiato.

Da una tshirt fortunata al costume di Baywatch
Da lì comincia la sua carriera di modella e playmate, diventando una delle cover girl più apprezzate degli anni ‘90 per Playboy, la rivista del desiderio maschile per antonomasia. Anderson stessa diventa intrinsecamente legata all’immaginario di bellezza anni ‘90: iperossigenata, maggiorata con un aiutino della chirurgia, curve da urlo spesso fasciate da denim, sopracciglia sottilissime a incorniciare grandi occhi azzurri e una voce e una personalità dolci, all’apparenza arrendevole, un po’ buffa.
Hollywood è dietro l’angolo e praticamente è un buona la prima: arriva la proposta d’interpretare la bagnina C.J. Parker in una serie intitolata Baywatch. Il successo è globale e fenomenale, tanto che è lei a entrare nell’immaginario collettivo come la bellissima che corre al rallenti sulla spiaggia assolata, quando poi era pratica standard per tutto il cast (uomini e donne).
A legare la sua immaginare a un certo immaginario allusivo c’è anche una terribile vicenda di cronaca nera, allora vissuta quasi come una barzelletta: dalla casa dell’attrice e del marito Tommy Lee, batterista dei Mötley Crüe, viene trafugato un sex tape amatoriale dei due. Complice il boom del mercato home video e poi la nascita di internet, il video frutta centinaia di milioni di dollari a quanti sfruttano il materiale rubato, trascinando nel fango il nome di un’incolpevole attrice e modella di cui viene gettata in pubblica piazza la vita intima. Il video, in buona sostanza, le costa il matrimonio e distrugge il suo timido tentativo di superare il costume di Baywatch, di farsi prendere sul serio.

La riscoperta di Pamela Anderson, vent'anni dopo
Salto in avanti di vent’anni. Due decenni in cui da chi la conosce e ci lavora insieme Pamela Anderson viene sempre descritta come una cinefila indefessa (adora la Novelle Vague), un’amante delle arti e della poesia in particolare. Intanto cresce una generazione del cui immaginario Pamela non fa parte, non nei termini delle precedenti. Di questa generazione fa parte anche Gia Coppola, regista ed ennesima emanazione di un’infinita dinastia cinematografica italoamericana. Pamela Anderson fa parlare di sé per come gestisce la sua bellezza lontano dai canoni convenzionali: decide di non truccarsi più, di apparire in pubblico al naturale, dopo aver rimosso le protesi he le avevano permesso di esibire un décolleté tanto generoso. Il ricordo di una sua immagine iperossigenata e plastica si trasforma in un presente organico, semplice, talvolta abrasivo.
Vent’anni infatti sono un ottimo periodo di tempo per coltivare una generazione che potrebbe essere incuriosita da “un’icona del passato” e al contempo suscitare nostalgia in chi quegli anni ‘90 magici e terribili di Anderson li ha vissuti. Quando viene prodotta la miniserie Pam & Tommy, proprio incentrata sullo scandalo del sex tape, Anderson rifiuta con decisione di aver nulla a che fare con il progetto, la sua promozione, persino con gli interpreti che tentano di contattarla per confrontarsi con lei. Lei lo vede come un modo per sfruttare ancora una volta la sua immagine, esponendo poi di nuovo un’ampia platea di pubblico ancora ignaro a quelle immagini rubate. Difficile darle torto.

La sua versione della storia l’aveva già raccontata Pamela, A Love Story, un documentario realizzato con Netflix nel 2003 da cui emergeva il suo carattere, il suo carisma. È proprio questo documentario in cui s’imbatte Gia Coppola, che ha un ricordo d’infanzia sfocato della serie che rese famosa Anderson. Coppola sta lavorando a un film dal microbudget dedicato alla fine del sogno americano incarnato dalle ballerine di spettacoli scintillanti di Las Vegas. Gia vuole Pamela Anderson per il ruolo della protagonista, una donna che ha superato la cinquantina e si ritrova a mettere in dubbio tutte le sue scelte di vita, dal lavoro alla carriera, vedendosi per giunta accusata di una superficialità e di un’edonismo in quello che per lei è invece arte, passione, talento.
The Last Showgirl diventerà il riscatto di Pamela Anderson, che ha mancato una nomination all’Oscar più per la decisione del distributore di non mettere in piedi una campagna dispendiosa in suo favore che per il sentiment che il film ha generato nell'industria. La critica l’ha osannata e a ragione, per un personaggio che riflette e amplifica il vissuto personale, spesso dolorosissimo, dell’attrice. Un successo che arriva ora. Ora che, non a caso, gestisce la sua persona e la sua avvenenza in maniera spesso spiazzante, potendo contare su un clima un po' meno accusatorio verso le artiste e su un paio di generazioni senza forti bias contro di lei.
L’aspetto più triste dell’intera storia, forse a lieto fine, è che Anderson ha rischiato di perdere la sua occasione di rivalsa. Questo perché non aveva degnato di una lettura il copione di Gia Coppola, pensando dal titolo fosse l’ennesimo tentativo di sfruttare la sua avvenenza, di rivangare il passato. La regista era però così sicura che dovesse essere Pamela Anderson a interpretare quel ruolo che non si è arresa, contattando il figlio dell’attrice, spiegandogli il progetto, chiedendogli d’intercedere presso la madre, scottata da tantissime occasioni di sfruttare la sua immagine, al sua persona. Il resto è storia.
