Profondo rosso: il capolavoro di Dario Argento compie 50 anni

Un doveroso omaggio a una pietra miliare del nostro cinema

di Chiara Poli

C’erano una volta un jazzista inglese, una giornalista italiana, una medium tedesca e un misterioso omicidio. Un incipit che sembrerebbe perfetto per un classico giallo all’italiana — ed è esattamente ciò che Profondo rosso è stato: un caposaldo del cinema di genere, un cult senza tempo che nel 2025 festeggia mezzo secolo di vita.

Uscito in Italia il 7 marzo del 1975, il film di Dario Argento è diventato nel tempo uno dei simboli più riconoscibili dell’horror e del thriller europeo, raggiungendo una fama che ha valicato i confini nazionali. Conosciuto all’estero anche con il titolo Deep Red (negli USA uscì a nel giugno del 1975), Profondo Rosso non è stato solo un grande successo commerciale: è stato anche un punto di svolta nella carriera di Argento, un’evoluzione stilistica e narrativa che avrebbe influenzato decine di registi in tutto il mondo.

E un film per chi, come molti di noi, lo vide da piccolo, che avrebbe a lungo popolato gli incubi. Con quella canzoncina infantile legata al terrore e con l’indimenticabile colonna sonora dei Goblin.

La trama di Profondo rosso: sangue, arte e follia


Helga Ulmann (Macha Méril), una sensitiva tedesca, durante una conferenza sulla parapsicologia in una Roma piovosa e rarefatta percepisce un’oscura presenza tra il pubblico. Poche ore dopo viene uccisa brutalmente nel suo appartamento. A essere testimone involontario della scena è Marcus Daly (David Hemmings), un musicista inglese residente in Italia. Attirato dalle urla, corre sul posto ma è troppo tardi: la donna è già morta. Da quel momento, Marcus inizia una propria indagine, spinto da un dettaglio che non riesce a mettere a fuoco, un’immagine sfuggente che lo tormenta.

Ad aiutarlo — e a punzecchiarlo con dialoghi ironici e sottili schermaglie — è la giornalista Gianna Brezzi (Daria Nicolodi), personaggio moderno, anticonvenzionale, nel 1975 evidente simbolo di una femminilità non stereotipata. I due cominciano a ricostruire i pezzi di un passato rimosso che affonda le radici in una villa abbandonata e in un vecchio quadro, testimone silenzioso di un crimine dimenticato.

Nel frattempo, chiunque sembri avvicinarsi troppo alla verità viene eliminato, persino il caro amico di Marcus, Carlo (Gabriele Lavia), figura enigmatica e tormentata. Il ritmo si fa sempre più incalzante fino al finale, in cui la verità emerge con forza e crudeltà, sovvertendo le aspettative e lasciando lo spettatore in uno stato di inquietudine difficile da dimenticare. Anche grazie a una spettacolare Clara Calamai, la star del classico Ossessione (1943) e di tanti altri film di 30 anni prima, reinventata per l'occasione con un successo meritatissimo.

Il salto di qualità di Dario Argento


Con Profondo rosso, Argento abbandona le atmosfere in qualche modo più realistiche dei suoi primi lavori (come L’uccello dalle piume di cristallo) per abbracciare una visione più stilizzata e onirica del thriller/horror. Quello che avrebbe poi sublimando in Suspiria, con un uso del colore che fa scuola ancora oggi.

La regia è indimenticabile: l’uso della cinepresa in Profondo rosso è dinamico e sperimentale, ovviamente per l’epoca e il contesto produttivo, con carrelli, piani sequenza, soggettive sfalsate e dettagli raccapriccianti costruiscono un’esperienza sensoriale che coinvolge lo spettatore a tutto tondo. L’uso del colore anticipa la maestria di Sospirai e la fotografia, con un uso di luci e ombre che richiama il noir classico,

Fondamentale in questa evoluzione è la colonna sonora, affidata da Argento per la prima volta ai Goblin, gruppo rock progressivo che darà un’impronta indelebile a tutto il suo universo narrativo. Le musiche di Profondo Rosso non si limitano a sottolineare la tensione: ne diventano parte integrante, come una sorta di secondo narratore che sussurra, urla, inquieta. Ed è subito storia del cinema, non solo italiano.

Grandi registi come John Carpenter, David Cronenberg e James Wan hanno citato Argento come una delle loro ispirazioni principali: alcune sequenze di Profondo Rosso sono state omaggiate, citate o rielaborate in film come Scanners o Halloween II, mentre la celebre e terrificante bambola meccanica che appare nel film ha ispirato, anni dopo, la creazione della marionetta Billy della saga Saw.

L’accoglienza di Profondo rosso nel 1975, fra entusiasmo popolare e perplessità critica


Chiunque studi Cinema oggi affronta il capitolo “Dario Argento e Profondo rosso”. Inevitabilmente (e giustamente). Ma nel 1975 la situazione era molto diversa: tanto amato dal pubblico, che lo fece diventare, diremmo oggi, “virale” grazie al passaparola in un mondo pre-internet, quanto divisivo per la critica.

Il film fu un successo clamoroso al botteghino italiano, incassando oltre tre miliardi e mezzo di lire e posizionandosi tra i film più visti della stagione cinematografica. Il pubblico rimase immediatamente affascinato da ciò che ancora oggi rappresenta il fascino del film: la commistione fra violenza stilizzata e mistero psicologico. Molti spettatori tornarono più volte in sala per cogliere dettagli sfuggiti a una prima visione (con quel famoso “hai già visto l’assassino” che chiunque avesse già visto il film ti diceva per farti scervellare a poco dall’inizio del film).

La critica, invece, fu più divisa. Alcuni recensori accusarono il film di essere troppo costruito, quasi artificioso perché più attento alla forma che alla sostanza. Si parlò di uno stile ormai prevedibile, di una ricetta già vista e ripetuta. Alcuni lamentarono l’assenza di un vero messaggio (perché evidentemente non riuscivano a coglierlo…) considerando il film come un semplice esercizio estetico.

Eppure, nonostante questa accoglienza inizialmente adeguata, si cominciò presto a intuire che il film nascondeva più livelli di lettura: la riflessione sulla memoria, l’infanzia, la follia, la figura ambigua del testimone, l’elemento paranormale… Negli anni successivi alla sua uscita, alcuni fra i critici più celebri dell’epoca cominciarono a rivedere i propri giudizi, riconoscendo ad Argento una straordinaria capacità di manipolare l’immaginario collettivo. Cinquant’anni dopo, siamo qui a testimoniarlo.

Un’ eredità che vive ancora


Profondo rosso non è stato fondamentale solo per il cinema italiano, ma per tutto il panorama horror internazionale. È spesso citato come uno dei migliori esempi di “giallo all’italiana”, quel sottogenere che unisce elementi thriller, atmosfere da noir e violenza visiva filtrata da una forte componente estetica.

Ma è molto di più. Ha aperto la strada a una nuova stagione del cinema di genere, influenzando autori che hanno saputo coglierne la lezione visiva e musicale. Il linguaggio visivo di Profondo rosso, dicevamo, ha fatto scuola. E non solo al cinema: la sua influenza si ritrova anche nella televisione, nei videoclip musicali, nei videogiochi.

Non a caso, il film ha avuto anche una vita oltre lo schermo: nel 2007 è stato adattato in versione musical per il teatro con una messa in scena curata dallo stesso Argento e musiche eseguite dal vivo da Claudio Simonetti dei Goblin.

Molti degli effetti speciali presenti nel film sono stati realizzati con tecniche artigianali, grazie alla collaborazione del maestro Carlo Rambaldi, futuro vincitore dell’Oscar per Alien e per E.T. Le scene più cruente furono girate con un’attenzione quasi maniacale al dettaglio, rendendo ogni omicidio una coreografia disturbante ma esteticamente potente.

Le location scelte da Argento, come Villa Scott a Torino e alcune zone di Roma, furono selezionate proprio per la loro capacità di suggerire un’atmosfera quasi irreale, fondamentale per le atmosfere del film.

La città sabauda, in particolare, con la sua architettura barocca e i suoi misteri esoterici, si prestava perfettamente all’estetica voluta e messa in scena dal regista.

Curiosamente, la prima versione americana del film, distribuita con il titolo Deep Red, fu ridotta di circa venti minuti: alcune sottotrame, tra cui molte delle interazioni tra Marcus e Gianna, furono tagliate, probabilmente per rendere il film più snello e più centrato sull’elemento thriller, considerato più adatto al pubblico americano.

Profondo rosso è molto più di “un film dell’orrore”, come tende a liquidarlo chi non ne comprende l’enorme valore. È un’opera che ha saputo cogliere lo spirito di un’epoca e celebrarlo unendo musica, regia e narrazione in un’esperienza unica. Il tempo non ne ha affievolito l’impatto, anzi: ogni nuova visione permette di immergerci di nuovo nelle indimenticabili emozioni della prima volta.

A cinquant’anni dalla sua uscita, Profondo rosso resta vivo, pulsante, affilato come il coltello del suo assassino. E nel silenzio di una casa buia, basta risentire quelle prime note della colonna sonora per capire che l’incubo non è mai davvero finito…